Lone Survivor

Ecco la recensione del survival horror indie che ha stupito il mondo. Lone Survivor un po’ come il Crodino, quindi? Diciamo di sì…

In quel turbolento e meraviglioso maelstrom d’inventiva che è la scena indie, capita ogni tanto di distrarsi e lasciarsi sfuggire delle gemme. Per fortuna, poi, in genere, ci pensa zio Steam a farti presente la loro esistenza. Oggi vi parlo di Lone Survivor, piccolo e delizioso gioco indie messo in vendita dal suo creatore sul proprio sito un paio di mesi fa e più di recente sbarcato per l’appunto anche su Steam, dove sta riscuotendo un gran successo. Jasper Byrne, questo il nome del nostro eroe, è un giovane sviluppatore appassionato di Silent Hill, che non a caso si era fatto notare qualche tempo fa con un “demake” a 8 bit di Silent Hill 2 (si intitola Soundless Mountain II, recuperatelo perché merita). Lone Survivor è il logico passo successivo, ovvero un survival horror dalla grafica pixellosa che omaggia in ogni maniera possibile la serie Konami e nasconde nel suo cuore molto più Silent Hill di quanto lo stesso Silent Hill sia riuscito a regalarci negli ultimi, tanti, troppi anni. E, per andare sul sicuro, Byrne ci ha pure infilato una sana dose di Twin Peaks e una discreta serie di trovate piuttosto innovative, che a loro modo reinventano il concetto di survival horror. Mica male, no?

ATMOSFERA PRIMA DI TUTTO
L’aspetto più sconvolgente di Lone Survivor non sorprenderà magari chi è abituato alle migliori produzioni indie, ma lascia comunque di stucco. L’impianto grafico è assolutamente basico e retrò, con una grafica bidimensionale fatta di pixelloni che può lasciare interdetti. Eppure, lo stile è impeccabile, il lavoro sui dettagli è di gran qualità e la capacità evocativa è davvero difficile da negare. Soprattutto, poi, se buttiamo nel mucchio il notevole lavoro di scrittura, il design delle situazioni di gioco e una colonna sonora di grande impatto, che con il suo mescolare sonorità industrial e struggenti ballate ricorda anch’essa pesantemente la serie Konami. Il risultato è un gioco che sa davvero mettere a disagio e che riesce a spaventare grazie alle sue tante trovate. E, siamo seri, dando un primo sguardo alle immagini non lo direste mai. Ma vi sfido: andate su Kongregate a provare la demo, che è in flash e si gioca direttamente nel browser, e ditemi che non vi ha messo addosso almeno un po’ di strizza.

Tutto è pixel, anche i box di dialogo.

LA NUOVA FRONTIERA DELLA SOPRAVVIVENZA
Il vero genio di Lone Survivor, comunque, sta nella maniera in cui riesce a dare un nuovo significato al concetto di survival horror, lavorando davvero sulla necessità di sopravvivenza del protagonista, uomo solo e abbandonato in un mondo invaso da strane creature mutanti. Il gioco propone meccaniche che si intersecano in maniera mirabile con il mondo raccontato dagli eventi. E ci si ritrova così a dover recuperare cibo per rimpinguare le forze vitali dell’eroe, a cercare un letto in cui riposarsi per non crollare abbattuti dalla fatica (e per salvare la posizione, dato che le russate servono anche a quello). Necessità che creano oppressione psicologica ma non diventano frustranti, dato che risulta anche naturale voler schiacciare un pisolino per effettuare un salvataggio o recuperare del cibo per sopravvivere agli incontri coi mostri. Tutto, poi, si integra nella natura “psicologica” del racconto: la storia può condurre a diversi finali, che sono determinati dalle azioni del giocatore e dal modo in cui questi riesce a mantenere il proprio alter ego ancorato alla sua sanità mentale. E così, totalmente immersi nella straniante atmosfera del gioco, ci si ritrova a intraprendere azioni sulla carta barbose, ma che invece finiscono per essere desiderabili e affascinanti. Curare un gatto o una pianta, prendersi la briga di cucinare il cibo prima di addentarlo, decidere se e come aiutare le scarse presenze umane in giro per gli ambienti e – ovviamente – valutare l’approccio corretto ai mostri.

STEALTH O QUASI
Il sistema di combattimento di Lone Survivor prende anch’esso spunto da Silent Hill e presenta un uomo comune incapace di abbattere mostri a valanga. C’è una pistola, relativamente comoda da usare ed efficace, con cui è possibile abbattere i nemici. Ma ci sono anche diversi altri modi per sopravvivere evitando il confronto diretto, nascondendosi, utilizzando esche, sfuggendo insomma alla pugna. Sta al giocatore scegliere cosa fare e comportarsi di conseguenza, anche nell’ottica di reperire i materiali necessari. E anche questo va poi a inserirsi nel grande disegno narrativo, capace di dare significato ad ogni singola azione compiuta durante l’avventura. Il risultato è un gioco davvero profondo, per tematiche, meccaniche e possibili sviluppi, che unisce alla grande atmosfera “di facciata” parecchia sostanza. In alcuni passaggi può risultare un po’ tosto, ai limiti della frustrazione, ma Lone Survivor è un’esperienza fantastica, un gioco meraviglioso cui qualsiasi appassionato dell’orrore ha il dovere morale di dare almeno una chance.