Anteprima – Dark Souls II provato per voi!

Tak Miyazoe, Producer di Dark Souls II, sembra sinceramente emozionato nel parlare alla folla di giornalisti presenti al Museo dei Navigli di Milano. D’altronde, la cornice è d’eccezione e gli astanti non hanno mancato di mostrare un certo entusiasmo per questo secondo capitolo della serie di From Software (il terzo, se consideriamo nel gruppo anche Demon’s Souls). Miyazoe, dopo aver illustrato alcuni fatti di cui vi parlerò a breve, ha preso in mano il pad e ha tentato, per una decina di minuti buoni, di sopravvivere negli inospitali scenari che fanno da teatro alle vicende di Dark Souls II, morendo in continuazione e mostrando con tutta la potenza possibile la stessa natura infame che già aveva caratterizzato il predecessore. Se siete tra coloro che hanno avuto il sospetto che il team di sviluppo si fosse in qualche modo ammorbidito (magari per ammaliare quella folta schiera di videogiocatori meno avvezzi a prendere calci nei denti), è ora che cambiate subito parere: Dark Souls II non solo sarà tosto come il titolo che lo ha preceduto, ma per certi versi sarà ancora più bastardo e foriero di declinazioni poco eleganti del calendario.

Prima di darvi le mie impressioni “pad in mano”, è opportuno che vi illustri il contenuto del briefing che ha visto come protagonista proprio il Tak Miyazoe di cui sopra. Il primo accento è stato posto sul multiplayer, oa molto più corposo e intergrato col gameplay. Essere invasi, per dire, non è più un’opzione, a prescindere dalla forma umana o meno del nostro personaggio. L’unico modo per essere sicuri di non finire a menare le mani con qualcuno sarebbe scollegare la console da internet, ma vorrebbe dire perdersi una certa parte delle cose interessanti che Dark Souls II ha da offrire. Fondamentalmente, la probabilità di invasione scala poco alla volta, seguendo il vostro livello di sin (che ora aumenterà comunque, anche se non siete usi dedicarvi ad atti di infamia nei confronti degli altri avventurieri). Anche giocare in co-op aumenta – e non di poco – la chance di essere invasi, ma anche vivendo in solitaria e da non morti non sarà possibile sentirsi completamente al sicuro. Va detto che il nostro personaggio potrà equipaggiare un anello legato a una divinità scelta che, all’occorrenza, consentirà di evocare in nostro soccorso altri giocatori parimenti allineati.

Location suggestiva e quantomai adatta al gioco, non trovate?
Location suggestiva e quantomai adatta al gioco, non trovate?

Ah… crepare continuamente per mano di altri giocatori diminuisce il quantitativo di salute massimo: alla faccia della semplificazione paventata da qualcuno! Vista la maggior importanza della componente co-op, i ragazzi di From Software hanno creduto opportuno dotare il gioco di una chat vocale, tuttavia limitata ai componenti del party; qualora vogliate insultare i vostri invasori, insomma, dovrete trovare altre forme di comunicazione.

Al di là della componente multiplayer, anche gli aspetti prettamente legati al singolo e all’interfaccia hanno subito un certo restyling. L’inventario è stato competamente ripensato ed è strutturato in modo da lasciare bene in vista il nostro personaggio. L’utilità è duplice: ammirare fin da subito qualsiasi cambiamento di equip e tenere d’occhio la situazione circostante, visto che non esiste la possibilità di mettere il gioco in pausa e si può essere attaccati in qualsiasi momento. In Dark Souls II potremo equipaggiare quattro anelli contemporaneamente (contro i due di prima), il che è solo un bene. questo fatto, però, non deve ingannare, visto che Mr. Miyazoe è stato molto preciso nel puntualizzare che tale scelta di design è figlia della volontà di offrire un maggior ventaglio di possibilità, e non certo di rendere il gioco più semplice.

Una volta preso il possesso di una delle postazioni (PS3, per la precisione) ho potuto iniziare una nuova partita da zero, con tanto di creazione del personaggio. Sbagliare classe all’inizio potrebbe mettere in difficoltà anche i videogiocatori più esperti, ma sappiate che in Dark Souls II, attraverso quello che Miyazoe ha chiamato Soul Vessel, sarà possibile effettuare una riassegnazione completa dei parametri del nostro alter ego. Lo stesso Miyazoe non ha specificato come e in che termini questo accadra, ma posso intuitivamente supporre che la via per un cambio radicale di classe sarà lunga, impervia e dispendiosa.

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Fin dalle prime battute ci si accorge di come il sistema di controllo sia stato opportunamente mantenuto, così da far sentire a casa tutti coloro che hanno sputato sangue sul predecessore. Tuttavia, bastano un paio di schermaglie per “sentire” come alcune dinamiche siano state ritoccate a sufficienza da richiedere un minimo di rifasamento. La schivata, per dire, è sicuramente più veloce e reattiva rispetto a quella di Dark Souls (ma anche di quella della demo che avevo provato a Los Angeles lo scorso giugno, in occasione dell’E3), ma non rappresenta più un’ancora di salvezza sicura, visto che possiamo comunque essere colpiti con durezza durante il movimento. Oltre alle immancabili fiaschette Estus esistono delle gemme rigenerative, che hanno il grande vantaggio di poter essere utilizzate in movimento, senza perdere troppo tempo e senza che il nostro personaggio resti impiantato alla mercé dei nemici. In Dark Souls II, come nella vita, tutto ha comunque un prezzo: con le gemme la salute si ripristina poco a poco, in modo continuo ma estremamente lento, anche se – ne sono certo – esisterà nel gioco qualche oggetto equipaggiabile che aumenterà la velocità di recupero.

I primi ambienti di Dark Souls II pullulano già di zone separate dalla nebbia (paura, eh!) e di mob non proprio agevoli da sconfiggere. Tempo dieci minuti e ci si ritrova a esplorare l’ambiente in lungo e in largo, in modo non lineare e con addosso la perenne sensazione di poter crepare a ogni passo. Miyazoe, durante il birefing pre hands-on, aveva indicato quale via imboccare per non rischiare di lasciarsi prendere dallo sconforto. Io, che ho la testa dura, ho mosso i miei passi nella direzione opposta: vi lascio immaginare come sia finita male la mia esperienza prima di passare il pad in mano al collega che mi stava col fiato sul collo.

Già che ci sono, posso dedicare due paroline conclusive sull’aspetto tecnico, visto che ormai siamo in dirittura d’arrivo (Dark Souls II esce il prossimo 14 marzo) e il team di sviluppo difficilmente potrà migliorare ulteriormente quanto stato fatto finora. I televisori utilizzati per la prova non erano il massimo della vita e la resa degli scenari mi è sembrata inferiore e un po’ più impastata rispetto a quanto mi era stato mostrato a giugno, dove però la demo era ambientata in uno spazio limitato e quindi più facilmente ottimizzabile (senza contare che a Los Angeles avevo davanti al naso un Panasonic VT30). Al di là di questo, ciò che mi sta preoccupando un filino di più è la tenuta del frame rate, non proprio ancorato ai 30 fps come promesso da From Software (secondo i quali – peraltro – la versione PC dovrebbe addirittura girare a 60 fps, anche su hardware non proprio di ultimo pelo). Se da un lato è vero che le zone iniziali del gioco sono in parte aperte e con una linea visiva estremamente profonda, dall’altro ho risentito sulla pelle in più di qualche occasione gli stessi brividi della Città Infame del primo Dark Souls. Speriamo sia stato solo un momento sfortunato della PS3 che avevo di fronte.