Se nella prima parte della mia avventura londinese “a casa” di Creative Assembly mi son potuto divertire con Total War: Arena (qui il pezzo relativo), è innegabile che uno dei piatti forti della trasferta britannica fosse Total War: Attila (o Attìla, come dicono da quelle parti), episodio crepuscolare della seconda saga romana dello strategico militare. Dopo aver goduto dei fasti dell’Impero è tempo quindi di attraversare il periodo più buio della sua storia, con all’orizzonte una minaccia concreta, mefistofelica, inarrestabile: Attila e gli Unni. Il nuovo capitolo di Total War è come il leader da cui prende il nome: imponente e spietato.
TRES SENTENTIAS, TRES MUNDI
L’aspetto più intrigante di Attila è probabilmente la sua triplice natura, che ci obbliga a scegliere immediatamente la tipologia di campagna che vogliamo affrontare. Tre le opzioni, tre i modi diversi di affrontare la sfida: l’Impero Romano d’Occidente nel suo periodo di crisi più nera; una delle popolazioni barbariche europee, nel momento in cui la Storia le pone sul grande palcoscenico; una tribù nomade, in arrivo sprezzante e arcigna tanto quanto l’onda di freddo anomalo che causò il motivo principale delle migrazioni. Il freddo da nord, l’orda da est, le serpi in seno, queste sono le tre minacce che causarono il crollo dell’Impero, iniziato nel 395 d.C., con la dichiarazione di indipendenza di Costantinopoli. Proprio in quell’anno comincia la campagna di Attila, e chi, baldanzoso e audace, sceglierà di provare a cambiare il corso degli eventi al comando di Roma si troverà davanti un’impresa decisamente complicata. La logica, infatti, non è più quella di espandersi verso la conquista, quanto piuttosto evitare l’implosione e scegliere quali territori perdere e da quali ripartire.
[quotedx]L’aspetto più intrigante di Attila è probabilmente la sua triplice natura[/quotedx]Un modo di giocare completamente diverso, molto più politico e militarmente difensivo, reso possibile da una serie di nuove meccaniche volte alla gestione delle città sotto assedio, delle manovre difensive e, soprattutto, dell’amministrazione della propria unità familiare, pedina strategica decisamente importante per assicurarsi una relativa stabilità interna. Il tutto, magari, facendo attenzione a non cadere in un suicidio diplomatico, perché in un’epoca così buia il tradimento è la moneta corrente. Se la via romana appare difficile e percorribile solo dai più esperti strateghi, la via del nomadismo sembra tanto affascinante quanto insidiosa. Al contrario dell’Impero, essere nomade vuol dire ridurre al minimo la parte gestionale canonica per dedicarsi al saccheggio, all’invasione e allo sfruttamento delle risorse primarie della terra. Un approccio diretto e votato all’hic et nunc, aggressivo e decisamente più adatto ai più battaglieri. Se invece credete che in media stat virtus, affrontare la campagna nei panni di un condottiero barbaro offre un approccio più classico all’esperienza, dove gestire il territorio e la migrazione verso sud rappresenta una campagna di conquista decisamente più canonica.
Qualunque sia la nostra scelta, però, una cosa è certa: Total War: Attila è pensato per essere mediamente più difficile degli altri episodi della saga e offre una sfida decisamente impegnativa. Certo, la campagna, soprattutto scegliendo una popolazione mitteleuropea, introduce al gioco con la solita dovizia di spiegazioni, ma sul campo di battaglia non ci sono sconti.
MORS TUA VITA MEA
Si dice che in guerra, come in amore, valga tutto. In un periodo storico complicato, dove la minaccia climatica mette a repentaglio la sopravvivenza stessa, l’elemento della gestione delle risorse, materiali e umane, diventa fondamentale ed ecco, dunque, che in Total War: Attila, la microgestione diventa leggermente più complessa e dettagliata del solito: ogni fazione ha un suo stile di vita da amministrare e sfruttare per trarre vantaggio e mantenere la popolazione felice e gli eserciti in forza. Dalla caccia alla pastorizia, la caratterizzazione delle tribù sembra essere uno dei punti di forza del titolo di Creative Assembly, che non disdegna di introdurre anche altri concetti decisamente innovativi, come quello delle epidemie. A minacciare ulteriormente il già precario equilibrio, infatti, le malattie sono un male da fronteggiare, limitare, oppure sfruttare. Ogni morbo causa danni specifici, ma se la prevenzione e la cura non sono sufficienti per debellare l’epidemia, un’idea potrebbe essere quella di creare città lazzaretto e accogliere i nemici con un bell’abbraccio caloroso per una strategia di guerra batteriologica ante-litteram. Si tratta di un rischio, ma anche di scegliere l’opzione migliore per un bene più grande.
[quotesx]la caratterizzazione delle tribù sembra essere uno dei punti di forza del titolo di Creative Assembly[/quotesx]In questo senso, diventano molto più interessanti le fasi di assedio, sia in attacco che in difesa: se la pressione offensiva causa un deterioramento progressivo delle difese e una costante minaccia alle risorse di una città, in difesa si può contare su fortificazioni rinnovate, tra cui spiccano le barricate di fuoco. Se dentro di voi c’è un giovane piromane, inoltre, sarete felici di sapere che intorno a questo elemento ruotano due novità interessanti: sempre in merito alla gestione delle città e degli assedi, la possibilità di incendiare o saccheggiare città garantisce risvolti in entrambe le fasi di gioco, soprattutto se scegliamo un nomadismo integrale o parziale. Nel primo caso, infatti, radere al suolo risorse nemiche farà parte del nostro modus operandi, mentre nel secondo caso l’idea di bruciare le nostre risorse per fuggire altrove può rappresentare una strategia difensiva interessante. In ogni caso, il rapporto con lo scenario sarà costellato da diversi momenti ardenti: il fuoco dinamico può propagarsi fra le strutture d’assedio in legno, così come nelle foreste dove si nascondono le truppe, per improvvisare un festa con annesso barbecue. Ma attenzione, perché il clima anche in questi casi gioca un ruolo fondamentale: basta una pioggia per spegnere i bollenti spiriti delle truppe.
DE DIFFICULTATE IN BELLUM
Parlando con gli sviluppatori appare chiaro quanto, pur essendo un gioco molto simile a Rome II, l’idea alla base di Total War: Attila sia quella di alzare l’asticella della difficoltà decisamente più in alto. Nella mia prova con i Celti, dunque con una popolazione la cui curva di difficoltà dovrebbe essere più dolce, sin dalle prime battute di gioco ho dovuto sudare per evitare che la mia civiltà finisse ancor prima di iniziare. Pur approcciando in maniera molto accorta la campagna, nel corso dei quattro turni che compongono il primo anno di storia avevo i Franchi addosso, pronti ad attaccarmi sia per mare che per terra. Se in un caso le mie difese, totalmente inadeguate, han condizionato la battaglia sin dall’inizio, nel secondo caso pensavo di potermi giocare le mie carte in totale sicurezza, ma sono rimasto sorpreso dalla ferocia e dalla reattività dell’Intelligenza Artificiale, subito pronta a leggere le mie mosse e tagliare in due il mio schieramento.
[quotedx]l’idea alla base è di alzare l’asticella della difficoltà decisamente più in alto[/quotedx]Che io non sia il migliore degli strateghi è abbastanza pacifico e lecito da pensare, ma è palese anche che l’aggressività dei nemici sia discretamente aumentata e il margine di errore del giocatore debba necessariamente essere prossimo allo zero. Sul campo di battaglia, però, c’è da dire che Total War: Attila riesce a comunicare anche dal punto di vista estetico la svolta greve della saga: la fotografia è più cupa e l’uso di una palette cromatica più apocalittica (che vira spesso nel rosso) rende le battaglie ancora più epiche. Dal punto di vista delle animazioni e delle truppe, invece, grossomodo siamo di fronte alla stessa qualità di Rome II, caratterizzazione delle unità a parte. Figlia della Emperor Edition, ovviamente, è l’ottimizzazione del titolo, che sembra seguire l’opera di restaurazione che ha salvato l’ultimo episodio romano dall’empasse in cui era piombato appena dopo l’uscita. Resta da vedere quanto l’approccio duro e crudo e l’enorme numero di fazioni e le diverse filosofie di gioco siano sostenibili sulla lunga distanza, visto che qualche lieve perplessità e incertezza sull’equilibrio di gioco è a oggi presente. Nel frattempo, continueremo a osservare l’orizzonte, in attesa degli Unni, la cui invasione è attesa per il mese prossimo.