Non c’è ombra di dubbio sul fatto che, negli ultimi mesi, Marvel (in collaborazione con ABC) abbia proposto su Netflix dei contenuti alquanto interessanti. Citando la mamma dei supereroi, dei fumetti ultra colorati, degli artigli di Wolverine e dello scudo di Captain America, di sicuro pensiamo ad un protagonista della serie con poteri particolari e sovrannaturali. Ma non è così. Il titolo del quale discutiamo oggi è diverso dai precedenti ai quali siamo abituati: la storia di Daredevil, aka Matthew Murdock, interpretato da un ispirato Charlie Cox (“Stardust”, “Casanova”, “Il mercante di Venezia”), il figlio di un pugile che pur di portare da mangiare al suo pargolo è disposto a perdere ogni singolo match. Disposto ad incassare colpi pur di far vivere al figlio una vita normale. Disposto a farsi ricucire le ferite dal piccolo Matthew stesso. Disposto a veder sfumare la sua dignità.
Purtroppo però, il piccolo sprofonda letteralmente nel buio quando, a causa di un incidente, perde la vista e poco dopo anche l’unico genitore rimasto. Da quel momento, Matthew dovrà imparare a cavarsela da solo tra le ostilità della spietata Hell’s Kitchen. Vivendo una vita devota alla meditazione, alle arti marziali e il pugilato che tanto odiava a causa del padre, incontra Foggy Nelson (Elden Henson, “Lo squalo 4: la vendetta”, “Cast Away”, “The Butterfly Effect”). Dopo una brillante carriera universitaria, i due inseparabili amici aprono insieme uno studio legale, ricomponendo il puzzle composto dai sogni adolescenziali. Matthew non possiede alcun super-potere. Non è un eroe: è soltanto un uomo che ha a cuore la propria città… e vuole salvarla dal crimine che la opprime come un cancro. Come? Indossano una maschera (ovviamente) e sfruttando i quattro sensi ultra-sviluppati a causa della cecità che lo affligge. La cura e l’attenzione ai colori, risalta già dai primi minuti dell’episodio pilota. La dedizione che è stata profusa per la produzione e nell’editing video della intro merita da sola applausi scroscianti. Ogni particolare brilla di ROSSO. Il colore del diavolo, del sangue, della vendetta, del nostro “eroe” e del suo senso di giustizia. [quotedx]“Questa è la mia città, la mia famiglia.”[/quotedx]
La fotografia è cupa e per nulla statica, accelerando freneticamente nei combattimenti e le risse a dir poco violente che insanguinano 13 episodi da godersi tutti d’un fiato in questa prima ed unica stagione, capaci di assorbirci nella realtà distorta di una Hell’s Kitchen vivida e decadente. Le scene di combattimento predominano per stile di montaggio, affiancate dai momenti investigativi dei due avvocati e della loro nuova segretaria, Karen Page (la bravissima Deborah Ann Woll di “CSI: Scena del crimine”, “E.R. Medici in prima linea”, “True Blood”). Ogni lotta è cruenta, cruda, spietata… e siamo sicuri che la make-up artist sia dovuta dare un gran da fare, correndo da una parte all’altra del set con numerose flebo di sangue scenico. Il protagonista, come abbiamo già fatto notare, non è mai intoccabile. Non è mai indistruttibile. E non diventa mai il classico supereroe. Rimane ferito, piange, si dispera ed ha i suoi momenti di debolezza. Veri. Più volte rischia di perdere la sua vita pur di non arrendersi. Le riprese fuori dal set si sono svolte a New York e Brooklyn, che con i loro vicoli bui e le strade immense, hanno donato un tocco magico e misterioso alle scene che si accosta come marmellata sul burro con l’atmosfera del fumetto. Le riprese dall’alto in stile Nolan, assolutamente mozzafiato, non mancano. Quasi un tributo all’ultima trilogia del pipistrello. E del resto, al nostro protagonista piace non poco saltare da un tetto all’altro, con sontuose acrobazie capaci di far impallidire il più impavido degli esperti di parkour.
La trama della miniserie è coinvolgente e contenuta, con interessanti sviluppi (molte volte inaspettati) che in alcune occasioni potrebbero rivelarsi troppo lenti. Ciò è probabilmente dovuto a una precisa scelta narrativa: l’introspezione e l’approfondimento di ogni singolo personaggio. Ognuno di questi, che sia uno dei principali o borderline, viene approfondito nei minimi particolari. Per molti (e per noi) è nella maggior parte dei casi una nota positiva, che ci dona l’opportunità di conoscere pensieri, emozioni e storie personali di ogni singolo soggetto che finisce per interagire con i fili della trama. Ciò che colpisce, è l’introspezione psicologica di Wilson Fisk (il sempre verde Vincent D’Onofrio di “Full Metal Jacket”, “Jurassic World” e “Men in Black”), falso politicante che si propone di ricostruire la città decadente: è lui l’acerrimo nemico di Daredevil. Tuttavia, è un vero e proprio co-protagonista: viene spesso narrata, attraverso particolari e cruenti flashback, la sua contorta infanzia che lo ha portato a diventare un vero e proprio mostro. Un mostro. Ma umano. I due compagni di “avventura” di Matthew, Karen e Foggy, lo accompagnano fedelmente e lo aiutano nel momento del bisogno. E onostante Elden Henson (Foggy) sembri poco credibile e mal caratterizzato nel pilota, finisce con il crescere di episodio in episodio, conquistando pian piano il cuore dello spettatore. Una nota di merito anche per Deborah Ann Woll (Karen), che con il suo carattere da sorella maggiore diventa presto una pedina principale della storia. In definitiva, il cast è stato scelto con attenzione e fedeltà all’opera, dai protagonisti fino ai personaggi completari. I giornalisti, gli ispettori di polizia, i malviventi del posto: tutti recitano in modo trasportato e sinceramente inaspettato. Unica pecca, a essere onesti, è Vanessa (Ayelet Zurer, “Angeli e Demoni”, “L’uomo di acciaio”), la compagna dell’antagonista Fisk. Troppo seriosa, poco “artista” e poco attinente al suo personaggio. Piena di idee, disordinata e con la testa tra le nuvole: il personaggio di Vanessa è qui (purtroppo) esattamente l’opposto di quanto era lecito aspettarsi. [quotedx]“Non tutti meritano un lieto fine”[/quotedx]
Tirando le somme, queste tredici ore di azione spietata e cartucce fumanti ci portano in una fumettosa storia di criminalità hard boiled e a tratti noir che però ha veri e propri picchi di “realismo”, riportandoci alla cruda violenza della nostra vita. Daredevil non ci intrattiene quindi in modo marginale, ma finisci con il trasportarci e farci riflettere. Perché c’è tanto di nascosto ai nostri occhi in quello che viviamo ogni giorno. Così tanto che non riusciamo a vedere. E come vorrebbe Matthew, dovremmo rompere tutti quel famoso velo di Maya del quale Schopenhauer parlava ripetutamente. Andare oltre il proprio naso. Fermarsi, guardare distrattamente e poi osservare come se il tempo si fermasse. Esplorare, cercare, capire. Interiorizzare escludendo per una volta la nostra sola vista. E fare sempre tutto il necessario per raggiungere quello che, in modo più o meno oggettivo, noi riteniamo giusto. Perché è sempre il momento giusto per cambiare le cose. A fine visione, forse possiamo (e dovremmo) aspettarci grandi cose dalla Marvel nei prossimi mesi, perché a quanto sembra hanno tutti i propositi (e già sono presenti vari rumor) di continuare sul filone delle serie televisive, che non sembra dispiacere affatto agli spettatori. E sinceramente, speriamo già di vedere un sequel con protagonista Daredevil. In conclusione, questi 13 episodi sono promossi da noi di Movie Village a pieni voti e la consigliamo sia agli amanti del fumetto (nonostante la congruenza con questi sia solamente marginale) ma anche e soprattutto a chi non ne ha mai letto uno.