Scrivere un editoriale al mese è un conto, uno alla settimana è un altro paio di maniche. Se il primo infatti può essere frutto di un’ispirazione lasciata maturare in qualche recondito anfratto mentale per lungo tempo, la chiamata alle armi ogni sette giorni induce a delle produzioni ‘di scala’ che necessitano di un approccio diverso. Il quale…
Ebbene, dicevo, è nell’ottica del perpetuo scandagliamento del web che mi sono imbattuto nella notizia di una manifestazione gay tenutasi all’interno di World of Warcraft, videogioco che ormai sta diventando il naturale sbocco per chiunque voglia scegliere un modo alternativo per esibire i propri orientamenti, politici e non.
La quinta “Proudmoore Pride March“, dal nome del server su cui si è tenuta, pare essersi svolta in tutta tranquillità senza che alcuna guardia elite sia accorsa a picchiare i manifestanti per disperdere la folla, o almeno così ci piace pensare. Anzi, ci informa il sito che ha riportato la notizia, sono state organizzate delle parate antecedenti la manifestazione che hanno incluso “festeggiamenti, incontri con l’Alleanza (!), duelli tra contendenti nudi (!!!), una marcia su Ratchet, un party danzante sulla barca con destinazione Booty Bay, la Aeroth’s Next Top Model Competition, una fiera di artigianato e un party a chiusura delle celebrazioni”. Insomma, una manifestazione bene organizzata, con l’unico difetto di avermi ormai instillato un paio di dubbi: il fatto che da un anno abbia rerollato Ally mi rende papabile per un ‘rendez vous’ con un corteo di omosessuali? E la gente che vedo fare i duelli nuda fuori Ironforge, lo fa per confrontare la propria skill senza i vantaggi legati all’equipaggiamento o perché si sta preparando al prossimo gay pride?
Battute a parte, quel che ha realmente attratto la mia attenzione è stato il nome del sito che ha riportato la notizia, ovvero GayGamer.net. Ovviamente ho subito puntato il browser all’indirizzo appena menzionato per trovarmi accolto da uno slogan che la dice lunga: “Per i ragazzi cui piacciono i ragazzi cui piace il joystick”. Sull’altro lato della pagina, l’immagine di tale George M, nominato “Gay Gamer della settimana”. Incuriosito ho proseguito nella lettura, scoprendo un sito con delle news convenzionali inframmezzate da articoli che discutono dell’orientamento omosessuale di Tingle nella serie Zelda, o dove si stigmatizza tale Guy Selga, capo dei tester dei Double Helix, che su Twitter avrebbe chiamato “fags” i siti colpevoli di avere dato ‘solo’ 8/10 a Grand Slam Tennis.
Questo tentativo di conferire una connotazione sessuale al mondo dei videogiochi mi ha lasciato un po’ perplesso. Da un lato, infatti, l’idea che il nostro medium sia così evoluto da essere oggetto delle più disparate speculazioni è indubbiamente un segno della sua maturità. Trent’anni fa era lecito discutere se Il Signore degli Anelli fosse un libro di destra o di sinistra, ma nessuno avrebbe mai pensato di applicare simili ragionamenti ai videogame. Oggi ci sono invece siti che trattano i giochi in chiave esclusivamente politica, il che è comprensibile quando si pianificano (e poi si cancellano) prodotti come Six Days in Falluja, o quando la classe politica prova a ritirare dagli scaffali il GTA di turno. A questo punto perché non volere trattare anche la sfera sessuale dei videogame? Non accade lo stesso anche con musica e cinema? Perché George Michael e Rupert Everett possono essere icone gay, e Tingle no?
A fianco di queste considerazioni ve ne sono però altre, prima fa tutte quella derivante dall’ovvia domanda: ma ce n’era davvero bisogno? L’esiguo numero di articoli su GayGamer contraddistinti da una componente sessuale parrebbe suggerirci di no. Anche perché, come scrissi tempo fa in un editoriale su TGM, il mondo dei videogame è ancora refrattario al sesso in ogni sua accezione: violenza quanta se ne vuole ma non sia mai che due personaggi di un videogioco si bacino (e men che meno che si spingano oltre). Le polemiche successive a Mass Effect riecheggiano ancora nelle nostre orecchie…
All’interno di questo microcosmo, quindi, volersi mettere a discutere di orientamenti sessuali pare una forzatura. Certo, il mondo dei videogiochi non si limita al virtuale ma si estende nel reale tramite coloro che fanno parte del settore, ma siamo poi realmente interessati a sapere come la pensi in proposito il Guy Selga di turno?
Concludendo, quello di GayGamer è un esperimento interessante dal punto di vista sociologico ma forse prematuro e un po’ pretestuoso. Di certo, però, ha il merito di farci capire quanto sia ancora grande la distanza che separa il nostro medium dagli altri più evoluti, così tanto concentrato sulla tecnica e sull’hardware e così poco sulla varietà dei propri contenuti.