Tron Legacy

Arriva nelle sale cinematografiche italiane il film di fantascienza più atteso (e cool) dell’anno. [Movie Machine]

Regia: Joseph Kosinski
Cast: Jeff Bridges, Garrett Hedlund, Olivia Wilde, Michael Sheen, Bruce Boxleitner
Distribuzione: Walt Disney Pictures

Ci sono voluti ventotto anni per realizzare il sequel di Tron, uno dei primi film ad occuparsi della realtà virtuale, a personificare computer e programmi, hard disk e software. Citato negli anni successivi in altri film, serie tv, video, dai Griffin a South Park, era rimasto nella memoria come un visionario viaggio all’interno del corpo meccanico di un aggeggio, che per molti spettatori a quell’epoca era roba da film di fantascienza, avendo dei computer una coscienza limitatissima (per molti era ancora Hal di 2001 Odissea nello spazio). Rivisto oggi mostra pesantemente i segni del tempo, nonostante le indimenticabili tute di Jean-Moebius-Giraud e un elegante “look” complessivo opera di geniali art director e production designer.

Ricordiamo che le entusiasmanti Lightcycles erano invenzione di Syd Mead, reduce dal set di Blade Runner. In Tron c’era la materializzazione di un mondo nel quale i programmi, fiduciosi nei loro “creativi” come l’uomo nei confronti del suo dio, seguivano fedelmente le reali regole dell’informatica, in un mondo suscettibile di continue innovazioni per renderlo migliore, per rendere il mondo un posto migliore. Questo era ciò che aveva vagheggiato Flynn, “ho sempre sognato un mondo che non avrei mai pensato di poter vedere”, il protagonista della storia. Tron Legacy, l’eredità di Tron, il programma che aveva aiutato Flynn a riprendere possesso di ciò che la Encom, dominata dal perfido MCP gli aveva sottratto, è quella che riceve suo malgrado Sam, figlio proprio di Flynn, scomparso dalla sua vita nel 1989. Dopo aver sconfitto il suo avversario, Flynn aveva cominciato a lavorare su un progetto ancora più avanzato e da quel progetto si è fatto così “assorbire” da non tornare più a casa dal suo amato figlioletto. Sam è cresciuto ricco e ribelle e oggi si diverte a sabotare dall’esterno i piani di espansione della sua multinazionale: buon sangue di hacker non mente. Solo il vecchio socio di Flynn, Alan, la cui “proiezione” virtuale era proprio Tron, cerca di farlo ravvedere, ma invano. Finché dalla vecchia sala giochi del padre giunge una chiamata misteriosa. Sam si trova così catapultato nello stesso spazio dove aveva vagato il padre decenni fa e anche lì, come nel resto del mondo, le cose non sono migliorate affatto. Sam incontra colui che sembra suo padre, ai tempi della sparizione, giovane e arrogante. Ma si tratta di Clu, programma perfetto inventato da Flynn, che a lui si è ribellato per prendere il comando del mondo virtuale, sterminando chiunque osi opporsi e costringendo Flynn alla fuga e all’esilio. Ed è lì che Sam, dopo aver combattuto come suo padre con altri programmi in stile gladiatorio, lo ritrova, invecchiato e rassegnato, rimasto chiuso in una specie di limbo, fuori dal mondo che aveva creato. Mentre non sopite incomprensioni serpeggiano fra padre e figlio, i due dovranno trovare il modo per fuggire e neutralizzare Clu, che vanta nei confronti di Flynn un diverso e ben più conflittuale rapporto figliare, quasi un Lucifero ribelle, pronto a uccidere il proprio padre-creatore.

Purtroppo di questo dramma e dei conflitti dichiarati fra i personaggi nulla passa allo spettatore, che si deve limitare a farsi stupire dalla coinvolgente perfezione di certe sequenze d’azione (le Lightcycles sono versioni evolutissime di quelle antiche e regalano alcuni momenti di puro spettacolo), così come da altre scene di battaglia o di inseguimento, immerso in un mondo che può affascinare per la sua gelida bellezza, fotografato in dominanti blu/grigie, con sprazzi di luci al neon. Tutta una bellissima, perfetta messinscena che non riesce a trasmettere emozioni e a coinvolgere emotivamente, nonostante il tema forte del ritrovamento del padre, dei suoi sogni infranti, delle sue dolorose scelte. Di questa costruzione il mattatore è Jeff Bridges, sia in carne e ossa splendidamente invecchiate, sia in versione restaurata e digitalizzata con un procedimento più complesso della solita performance capture. Pur costretto a pronunciare criptiche battute pseudo zen, in una versione simil- Obi Wan Kenobi, è sempre un attore che emana un carisma sterminato. Di cui per ora è invece totalmente privo Garrett Hedlund (Troy, Four Brothers, Eragon), che non riesce ad attribuire il minimo spessore emotivo al personaggio di Sam. Nel ruolo di Quorra, una I-anima, un “algoritmo isomorfico” (cosa sarà mai, ci fidiamo sulla parola), una di quelle meraviglie matematiche che Bridges definisce “spettacolari”, si incarna la bella Olivia Wide (“13” in Dr House), e così gli si crede sulla parola. Sprecata la partecipazione di Michael Sheen, nel ruolo dell’ambiguo Castor, una via di mezzo fra lo Ziggy di Bowie e Joker, eccentrico attore che passa disinvolto da Blair ai licantropi. Elegantemente invecchiato, il simpatico Bruce Boxleitner (Alan-Tron), attore che ha alle spalle una lunga carriera di serie e film tv (NCIS, Babylon 5, Heroes). Effetti speciali di qualità, opera della Digital Domain, per un film che fa dell’estetica (algida) il suo punto forte, prova di abilità per scenografi, costumisti, artisti visuali e tecnici di fx, come era stato per l’originale.

Dirige Joseph Kosinski, un regista che fino a poco fa si occupava di spot pubblicitari e che ora, a 36 anni, si è ritrovato a dover manovrare un progetto da 320 milioni di dollari (fra realizzazione e promozione), dopo circa 10 anni di preparazione, sceneggiature scritte e riscritte, anticipazioni e trailer, uscite al Comic Con fin dal 2008. Incalza anche un merchandising sterminato per recuperare le spese con giochi, gadget, videogames, vestiti ed accessori di ogni sorta, forse anche una serie tv. Infinitamente più bella del film per il quale è stata composta, è la colonna sonora dei Daft Punk, che compaiono sotto i loro caschi in un cameo. Sicuramente imparentata con Hans Zimmer o James Newton Howard, oltre che con Vangelis e Jean-Michel Jarre, è davvero potente ed evocativa, capace di dare alle immagini una pregnanza della quale sarebbero state altrimenti prive, compito questo che talvolta le colonne sonore assolvono come nemmeno gli attori sono capaci di fare. Il duo Thomas Bangalter e Guy-Manuel De Homem-Christo ha composto musiche, orchestrali ed elettroniche, che sono le sole che riescano a conferire alla storia quell’intensità emotiva, quel respiro drammatico che la sceneggiatura non riesce a comunicare, con uno splendido main theme che risuona epico e avventuroso ma attraversato da una tonalità di sconfitta. Quando invece Sam torna nella sala giochi del padre, ferma dagli anni ’80, esplodono le note della splendida Separate Ways dei Journey, gruppo ormai sciolto, riscoperto di recente da serie tv e film, e Sweet Dreams degli Eurithmics.