Quello dei videogiochi di ruolo di stampo classico ĆØ un genere che ultimamente sta tornando parecchio di moda, grazie ai successi di due mostri sacri come Pillars of Eternity e Divinity. Era solo questione di tempo, dunque, prima che qualche altro “peso massimo” degli RPG da tavolo si affacciasse anche sulla scena videoludica: in questo caso parliamo di Pathfinder: Kingmaker, basato sull’omonimo board game che rappresenta una fra le tantissime varianti di Dungeons & Dragons. A Colonia, qualche giorno fa, abbiamo assistito ad una breve presentazione hands-off del titolo, sviluppato da Owlcat Games e prodotto da Deep Silver, cheĀ nel background storico si ispira, appunto, ai classici tabletop RPG, ludicamente ĆØ soltanto uno fra i tantissimi discendenti “cadetti” di un classico come Baldur’s Gate.
Nella sostanza, Pathfinder: Kingmaker ĆØ un RPG che consente di formare un party composto da sei diversi personaggi, ognuno con le sue caratteristiche e le sue abilitĆ . All’inizio del gioco ĆØ però obbligatorio sceglierne uno, stabilendone classe e razza, per poi decidere se incontrare via via nel corso dell’avventura gli altri cinque (in maniera simile ad Octopath Traveler, ad esempio) oppure plasmare da zero anche loro. Se siete assidui master del gioco di ruolo cartaceo, ad esempio, potrete ricostruire tutti i personaggi dei partecipanti alla campagna in maniera in tutto e per tutto fedele, a patto, chiaramente, che seguiate le stesse regole alla base del gioco senza alcuna modifica. Alcune statistiche nell’editor di creazione possono però essere evolute progredendo nel gioco: il sistema di allineamento, ad esempio, ĆØ del tutto dinamico e dipende dalle nostre scelte, influenzando a sua volta quelle future e consentendoci, ad esempio, di sbloccare opzioni di dialogo segrete con alcuni personaggi, utili a volgere situazioni apparentemente pericolose a nostro favore senza dover colpo ferire. Anche il gameplay si rifĆ in maniera abbastanza pedissequa a quello del GDR da tavolo, recuperando da esso i lanci di dadi come meccanica cardine di ogni combattimento: ogni tiro a sorte determinerĆ il grado di riuscita dello scontro, cosa che a sua volta influenzerĆ anche il loot ottenuto alla conclusione. Tutto ciò che ĆØ estraneo ai combattimenti veri e propri viene altresƬ deciso dalle proprie abilitĆ , come il disinnescare una trappola o lo svolgere un dialogo traendone i maggiori benefici.
L’avventura ci porterĆ all’interno delle Stolen Lands, una subregione dei River Kingdoms, luogo in cui, da semisconosciuti, dovremo arrivare a gestire un vero e proprio regno, con tutte le implicazioni del caso. Man mano che andremo avanti nel gioco, dunque, svilupperemo non soltanto una componente ruolistica, fatta di esplorazione, uccisione di mostri sempre più potenti e raccolta di magici artefatti, ma anche una gestionale, nella quale avere cura delle richieste dei propri sudditi.Ā La principale penna al lavoro sulla sceneggiatura del gioco ĆØ nientemeno che quella di Chris Avellone, leggendario designer conosciuto per essere stato fra i più grandi innovatori della narrazione interattiva dai tardi anni ’90 in poi. E la sua presenza si vede: la storia, anche grazie ad alcuni menu appositi che permettono di approfondire la lore dei personaggi, ĆØ stata curata in maniera quasi maniacale. In maniera simile a Darkest Dungeon, il party può accamparsi attorno al fuoco di un falò in diversi punti prestabiliti, come ad esempio all’esterno di una caverna: farlo può a sua volta sbloccare nuove opzioni di dialogo e quest secondarie. Quando invece si tratta di combattere, dovremo affrontare dei classici scontri con visuale isometrica. Il targeting e l’attaccco sono automatici, il che semplifica i combattimenti: fortunatamente, però, ĆØ sempre possibile mettere in pausa le battaglie per controllare la situazione, e magari (anche qui, in maniera simile a Darkest Dungeon) cambiare la disposizione del proprio party, in modo da decidere chi si trova in prima linea e chi nelle retrovie. Una nota positiva, infine, sulla longevitĆ : la campagna può essere conclusa in circa 40 ore, ma gli sviluppatori ci hanno confermato che per completamente il gioco al 100% potrebbero servire anche 80 o 100 ore.
Pathfinder: Kingmaker potrebbe davvero rappresentare tutto quel che i fan del gioco di ruolo originale (e, in generale, di D&D) hanno sempre desiderato. Non mi ĆØ sembrato un videogioco perfetto: ad esempio, ho trovato davvero deboli i combattimenti, fin troppo semplificati e poco godibili, ma se non altro il comparto narrativo promette faville: da questo punto di vista, del resto, la sola collaborazione con Chris Avellone pone il gioco del team teutonico in una solidissima botte di ferro, che da qui al prossimo 25 settembre sarĆ davvero difficile scalfire.