Blood & Truth | Quel che ci si aspetta dalla realtà virtuale è semplice nella teoria, eppure così incredibilmente complesso nella pratica che sono pochi, anche dopo anni ormai di produzioni VR (nel nostro caso sul visore Playstation) i titoli che “ce l’hanno fatta”: hanno infranto la barriera delle lenti in vetro, sciolto la plastica che avvolge le nostre teste, fuso i controller nelle nostre mani; trasformato per i minuti, le ore che viviamo giocando, la “realtà virtuale” in qualcosa di più, in un’esperienza che ci fa uscire da noi stessi per catapultarci nei panni del personaggio con cui stiamo condividendo il campo visivo. Blood & Truth, le sue 19 missioni storia (e che storia) di gameplay in single player, un gameplay che ne scandisce il ritmo serrato e mai statico, e poi le scelte registiche di London Studio, autrice precedentemente dell’acclamato London Heist su PlayStation VR World, nonché la stratosferica colonna sonora composta con un’orchestra di 90 elementi; insomma: tutto in Blood & Truth grida “ce l’avete fatta”. Ed è vero, London Studio, ce l’avete fatta.
Kabooom!
Blood & Truth: Veterani
Veterano di guerra: lo è il nostro protagonista, Ryan Marks, e lo siamo noi, virtualmente si intende, dopo la prima missione, che ci spiega i controlli di movimento, la mira e come sfruttare gli attrezzi del mestiere e le nostre abilità di combattente scelto, esperto in missioni di infiltrazione, per entrare dove nessun altro potrebbe; scassinando serrature, tranciando cavi, distruggendo blocchi con le nostre pistole e, qualora non fosse possibile, facendo direttamente esplodere tutta la porta con una carica, perché no. Siamo ancora in guerra, con tanto di bombardamenti aerei nemmeno troppo in lontananza da noi, quando impariamo i rudimenti del mestiere di soldato in realtà virtuale nel più diretto dei modi, sparando e facendoci sparare più volte nel processo (ringraziamo i giubbotti antiproiettile overpowered). La prima vera sparatoria che affrontiamo è dunque accompagnata dal suono costante e crescente del battito del nostro cuore, che non si capacita della molteplicità di stimoli da cui siamo letteralmente circondati, a 360 gradi; dobbiamo sparare con precisione ai nostri avversari, perché sia a livello di difficoltà “cinema” (la più semplificata) che “normale” i terroristi a cui stiamo sparando saranno coriacei quasi quanto noi, a meno che non si sia tanto abili da centrare sempre la testa; al contempo, è necessario tenere a mente il numero di colpi nel nostro caricatore, perché non ci sono interfacce luminose a fare da promemoria e non potete permettervi di rimanere a secco nel momento sbagliato. E poi c’è il sistema di coperture, dietro alle quali possiamo spostarci in maniera molto intuitiva: guardando verso la direzione che vogliamo seguire e premendo il tasto azione quando compare l’indicatore bianco apposito sul terreno. Non è esattamente un movimento libero, ma nemmeno prefissato su binario: è una sorta di “binario multiplo” che parte da un punto A e attraverso varie e libere diramazioni, tra cui muoversi con i nostri tempi e a nostra scelta, lungo il tragitto conduce a B. In questo modo le coperture possono essere sfruttate per scegliere quali nemici eliminare per primi, aggirando le loro coperture con le nostre e avvicinandoci con spostamenti che vengono naturali, una volta che si è presa la mano. Il che non sarà il caso della missione tutorial, un incipit ex abrupto che funziona davvero bene pur nella sua “violenza”, facendoci capire in fretta il tenore della sfida che ci attende.
Inseguimento in auto nel deserto con posti di blocco da far esplodere? Check.
Tutto questo accade simultaneamente, mentre veniamo sensorialmente soverchiati da effetti sonori direzionali e realistici oltre misura, e da una resa grafica eccezionale, fatta di texture pulite e dettagliate fino al più minimo dettaglio, vignettature intorno alla visuale che addolciscono solo i movimenti più rapidi annullando il rischio di motion sickness, senza però risultare invadenti in ogni altra situazione. Nelle variegate, complesse e molteplici ambientazioni nelle quali ci districheremo, si muovono modelli dei personaggi catturati con la più moderna tecnologia di Motion Capture, incredibilmente realistici in ogni aspetto, dalle movenze del corpo alle espressioni del viso, e vi affezionerete in brevissimo tempo ad ogni protagonista, sia quelli positivi che quelli negativi, ciascuno coerente con la propria caratterizzazione dall’inizio alla fine, credibile negli intenti e nelle motivazioni, nelle azioni, e infine nei dialoghi splendidamente doppiati in Italiano. Anche “i minion”, gli scagnozzi che affrontiamo e a cui spariamo si comportano in modo convincente e tarato sul sottotipo a cui appartengono, a sua volta definito dall’equipaggiamento che li veste, e dalle armi che imbracciano. Comportamenti che diventano vari non solo “esteticamente”, per non tradire le aspettative del giocatore che si attende, esempio, da delle guardie del corpo una preparazione e dei movimenti fra le coperture più coordinato, e da un gruppetto di gangster armati più “ignoranza” e spregiudicatezza, magari anche meno precisione nella mira; comportamenti “vari” anche funzionalmente, laddove un corazzatissimo avversario coperto da capo a piedi in tenuta antisommossa e armato di fucile a pompa avanzerà lentamente ignorando le coperture, consentendoci di sparargli più volte fino a che non lo avremo atterrato, prima che si avvicini troppo e sia lui ad annientare noi. Una IA, in definitiva, convincente sotto ogni profilo, ad ogni livello di difficoltà.
Combattimento in discoteca con musica a tutto volume? Check.
“Veterani”, infine, sono anche i developer di London Studio, la cui precisione e il cui controllo si estende su ogni aspetto di una produzione evidentemente pensata con le specifiche finalità, pienamente raggiunte, di farci sentire veri protagonisti di un film d’azione in piena regola, dove regna una invidiabile coerenza. Gameplay, resa visiva, resa sonora, che abbiamo potuto apprezzare più che mai ascoltando i brani di una colonna sonora definibile solo dalla parola “fomentante”; la storia, infine, semplice, ma interessante: “amabilmente prevedibile”, come lo sono tutti i racconti basati su di un vendicatore armato dotato di abilità paramilitari e un sacco pieno zeppo di adrenalina in cui tuffarsi ad ogni sparatoria superata, ogni granata afferrata al volo e rilanciata ai nostri oppositori prima che esploda , ogni momento “al rallentatore” attivato sfruttando le nostre abilità di focus, o facendo esplodere elementi specifici dello scenario. London Studio ha realizzato un level design meraviglioso per Blood & Truth, nel quale trova spazio un’alternanza sempre diversa e perfetta di momenti “caldi”, e altri “di transizione” non definibili esattamente come platform, ma quasi. Ryan è capace di arrampicarsi su cornicioni, impalcature, tubi vari, strisciando all’occorrenza dentro a condotti dell’aria, in momenti del gioco dove è evidente che gli sviluppatori volessero farci “riprendere fiato”, ma non solo: sfruttare questi spostamenti per fonderci definitivamente con le ambientazioni, mostrando le potenzialità della VR in modo sostanzialmente molto semplice, ma estremamente efficace. Memorabile la missione nel Museo, una delle più strabilianti dal punto di vista immedesimazione e design: diametralmente opposta alle missioni tradizionali più interattive e violente, ma proprio per questo sorprendentemente interessante, specialmente, e proprio, in un gioco come Blood & Truth.
Elicotteri fatti esplodere a colpi di lanciagranate sospesi tra due palazzi? Check.
Blood & Truth: Precisione… e PS Move
I PS Move sono due buoni controller per la Realtà Virtuale. Buoni, ma non ottimi, per ragioni che partono da lontano, dalla tecnologia che li muove e rende quasi tangibile per davvero il mondo digitale; una tecnologia che si rivela funzionale nella maggior parte dei casi, e in Blood & Truth non fallisce quasi mai nel recapitare controlli precisi e intuitivi, portandoci a percepire in brevissimo tempo le nostre mani fittizie come le nostre vere mani. Ma quel “quasi” non è messo lì a caso, purtroppo, e ci sono situazioni durante le quali, specialmente utilizzando entrambe le mani su di un’arma, la luce colorata dei move può venir coperta inavvertitamente o parzialmente, conducendo in errore la PS Camera, sfasando la nostra percezione dell’arma e conseguentemente la mira. Non accade spesso, e non accade per tutte le armi. Arriviamo a dire che facendoci l’abitudine si arriva al momento che non accade quasi più, dato che abbiamo appreso come muovere i move per non “impallare la camera”, e quando accade comunque ci si è ormai abituati e non disturba più di tanto l’esperienza. Sarete troppo concentrati nel ricaricare le armi mettendo la mano al petto e stringendola intorno alle munizioni per riempire le nostre armi scariche, magari, e ce lo suggerisce il gioco stesso, lanciando in aria le cartucce e acchiappandole al volo con le armi stesse, in pieno stile “guarda mamma sono John Wick”; a godervi la soddisfazione di sparare con precisione da sotto una copertura, oppure con due mitra spianati, uno per mano, urlando a squarciagola. E parliamo di voi/noi, non di Ryan. La soddisfazione è la medesima, e a prescindere da tutto il nutrito arsenale di armi e accessori, quali le bombe a mano, utilizzabili in Blood & Truth risulta controllabile senza fallo e con un ottimo livello di immedesimazione e soddisfazione attraverso i due PS Move; con picchi di eccellenza rappresentati, ad esempio, dal fucile a pompa (ricaricare con i Move dopo ogni colpo è meraviglioso), dal lanciagranate, e dai mitra, che sono diventati in fretta la nostra arma preferita in assoluto, dato l’ampio caricatore e la capacità di distruggere parti di scenario e nemici molto facilmente. Fermo restando che ci auspichiamo, per il futuro del VR made in Sony, che siano in lavorazione dei metodi di controllo più in linea con le controparti Oculus e Vive, ancora oggi una spanna sopra ai Move, quantomeno nella precisione del tracciamento. Nulla da dire, invece, sul PS VR in sé, che si dimostra ancora una volta capace di offrire, specialmente alla luce dei recenti sconti che lo hanno reso ancor più abbordabile, un’esperienza in realtà virtuale assolutamente di qualità.
“L’eroe di questo film sei tu!” ci ricorda la scritta impressa sul press Kit in nostro possesso. La leggiamo ridacchiando, ora, dopo esserci calati mani e piedi, più mani che piedi, in tutte le assurdamente epiche situazioni alla James Bond/Mission Impossible/John Wick/Transporter/Liam Neeson (ormai il buon Liam fa scuola di “one man army” a sé stante). Come se ci fosse bisogno di ricordarcelo, pensiamo ancora, ricordando alcune scene vissute nella pelle di Ryan, condividendone la rabbia, la frustrazione, la paura anche, attraverso una campagna che dura esattamente quanto deve, né più ne meno (decisamente oltre la media degli altri giochi VR comunque) e che lascia il desiderio di proseguire oltre, di saperne di più; e questo pur concludendo degnamente la narrazione, ancora una volta non tradendo la fonte di ispirazione cinematografica su cui tutto il gioco si basa. London Studio ha confezionato in Blood & Truth una delle esperienze single player in realtà virtuali che non possono mancare nella vostra collezione: un esempio di come costruire un’esperienza in VR. Coinvolgente, mai noioso, emozionante, pensato per sfruttare appieno le potenzialità di una periferica che brilla, è proprio il caso di dirlo guardando un PS VR acceso, di una luce sempre più potente ogni volta che viene rilasciato un nuovo titolo di questo calibro: Blood & Truth fa parte di quella schiera di giochi in VR, lo avevamo detto all’inizio, che “ce l’hanno fatta”. Il prodotto di London Studio in esclusiva per PS VR scardina prepotentemente la porta della realtà virtuale, facendoci tuffare in un mondo parallelo fatto di azione e polvere da sparo, esplodendo infine alle nostre spalle, come da tradizione per le scene più epiche, una volta finito, regalando una sensazione di appagamento e soddisfazione a “360 gradi”.