Il viaggio medievale targato Blueside e Gameforge ha inizio in una fredda settimana di novembre, e ci ha condotti in un’esperienza pregna dei tempi bui dell’antichità. L’excursus rievocativo respirato negli anfratti della fortezza di Burg Reichenstein è stato il palcoscenico perfetto per vivere l’atmosfera del titolo che stiamo per raccontarvi: una delle opere più ambiziose dell’ultimo decennio, nel suo genere. Il castello ha ospitato una giornata di puro godimento medievale senza badare a spese: un unico viaggio tra gli eleganti elementi di una cultura al crepuscolo, e l’assordante benvenuto di dame e cavalieri in una suggestiva cornice fantasy-storica. Il tormentato background di Kingdom Under Fire 2 è diventato esempio sbagliato di un progetto dilatato nel tempo e troppo a lungo atteso. Appassionati e fedeli utenti della saga ormai non credevano neanche più nell’ultimazione dell’opera, complice la nebulosa progressione dello sviluppo e gli investimenti esagerati. Per quanto sia stato un viaggio a tutto tondo, il gioco ci ha incuriosito innanzitutto per l’immenso lavoro fatto e l’esorbitante somma di 80 milioni di euro spesi durante l’andamento dei lavori. Un incredibile potenziale latente e un intrigante evento ai confini del Medioevo: cosa potrebbe covare il secondo capitolo pubblicato da Gameforge?
Kingdom Under Fire 2: tra ambizione e catarsi
Una doverosa premessa. Il titolo è nato effettivamente oltre 10 anni fa, ed è germogliato in un mercato gonfio di MMORPG, ma senza una reale via di fuga sul mercato. Con il passare delle generazioni videoludiche, l’opera ha dovuto scontrarsi con il naturale scorrere del mercato e l’inevitabile volgersi di nuove richiesta da parte degli utenti. È come rimanere ibernati per anni e destarsi in un’era troppo diversa dalla nostra, e nella game industry tutto è evoluto in modo molto più rapido e sfuggente rispetto ad altri medium. Perdere il momentum è sempre un qualcosa di destabilizzante per un brand, esempio lampante fu il caso Anthem: un prodotto di buona qualità ma collocato in una linea temporale di mercato sbagliata. Si è comunque puntato su una nicchia d’utenza piuttosto importante, ricercando non solo l’interesse degli appassionati del genere occidentale, ma anche spingendo il prodotto nel mercato coreano, patria del team di sviluppo Blueside. Per svecchiare e posizionare un prodotto così delicato nel mondo videoludico si è cercato di virare su un vibrante comparto artistico e uno svecchiato sistema di Game play, per dar vita al progetto coreano più ambizioso e dispendioso degli ultimi anni.
La chimera degli MMORPG e l’horcrux dei musou
Il nostro soggiorno al castello di Reichenstein è stato il perfetto palcoscenico per rievocare la fiaba medievale reincarnata in Kingdom Under Fire 2. L’intrigante intelaiatura tecnica del gioco è un tripudio di storici stilemi del genere MMORPG e un innovativo comparto RTS. Il coraggioso risveglio del brand è però fortemente condizionato dall’impegno elargito da Blueside per svecchiarsi dall’intorpidimento tecnico che li rilega etimologicamente ad un mercato ormai sempre più circoscritto. Lo stesso cuore dell’opera risente dell’inevitabile panta rei che ha spazzato via molti capisaldi del genere d’appartenenza. Così nasce un progetto con due anime: una fortemente canonica e di stampo orientale, enfatizzata per essere profondamente rievocativa, e una più strategica e caotica, che lambisce più volte il confine con i dirompenti musou. Nel ricercato connubio tra generi diversi, si è lavorato molto sull’alchimia che li lega e, per celebrare un progetto così appariscente, Blueside ha dovuto creare un engine dedicato, che supportasse la miriade di unità brulicanti sul campo di battaglia. Nel caotico miasma, prende vita una tumultuosa scacchiera disseminata di soldati e paladini: la grande guerra tra fazioni ha inizio.
La prima cruciale decisione è trainata dalla scelta dell’eroe che decideremo di impersonare: scelta che prevede un’ampia categoria di personaggi, composti da 5 unità diverse e ben caratterizzate. A comporre il quintetto vi sono: l’Elementalist, un mago con l’abilità di sguinzagliare un famiglio dal potere offensivo devastante – lamia scelta per la sessione di gioco -, il Berseker, guerriero dalle innate potenzialità difensive e in grado di reggere pesanti colpi sul campo di battaglia, ottimo per gli scontri frontali; il Gunslinger, personaggio dai movimenti rapidi, in grado di brandire al contempo spada e pistola, lo Spellsword che, come potrete intuire dal nome, sfrutta la potenza magica e quella del gladio per cambiare rapidamente stile in battaglia. L’ultimo, non certo per importanza è il Ranger, classe che abbiamo deciso di sviscerare ai titoli di coda poiché, sebbene abbia un parco armi che colpisce dalla corta e lunga distanza in maniera fulminea, risulta essere sin da subito impegnativa per i novizi, e richiede uno studio parsimonioso per coglierne le potenzialità. Le statistiche e l’assetto da guerra degli eroi, a detta degli sviluppatori, sono ben bilanciati tra di loro. L’unico dubbio è difatti rilegato al vostro stile di gioco, che inevitabilmente vi porterà a sperimentare l’eroe più affine e verticale alla strategia che prediligerete in battaglia. In un’intervista abbiamo inoltre strappato qualche informazione sulla nuova eroina Dark Sorceress: ella infatti avrà magie in grado di colpire dalla corta e lunga distanza, ma godrà di effetti aggiuntivi in grado di stanare i nemici più poderosi e rallentarli.
Un’opera di pura entropia e tanta goliardia
Oltre al comandante, le vibranti battaglie di Kingdom Under Fire 2 sono perlopiù decise dall’assetto strategico apportato dall’unità base: le truppe. Esse saranno, al momento del lancio del gioco, 80, ma sono previsti moltissimi nuovi combattenti nei futuri aggiornamenti. Come specificato in più occasioni da Gameforge infatti, l’opera godrà di un ampio ringiovanimento del gameplay e costanti supporti online, con attente analisi pro community. La disposizione delle truppe e la scelta del modus operandi migliore per portarci a casa la guerra – dato che scontro ci sembra un termine troppo riduttivo – è deciso dalle abilità dei singoli eroi, ma anche da un intrigante sistema strategico che mai ci saremmo aspettati. Negli stadi avanzati della partita, purtroppo, l’entropia causata dal dilaniarsi del campo di battaglia in un enorme trambusto di magie e colpi brutali, fa emergere il latente gene musou del titolo. La vera domanda sarà sondare le scelte che Blueside ha attuato per il bilanciamento e la fluidità durante le sessioni PvP o raid: entrambe disponibili al lancio e in grado di ospitare fino a 8 giocatori. È stato inoltre più volte sottolineato ai nostri microfoni che l’aspetto del mero pay-to-win, che da anni ha logorato il genere MMORPG, sarà completamente fuori discussione. Gameforge stesso ha dichiarato che gli unici acquisti in game saranno difatti unicamente elementi cosmetici, e che essi non produrranno alcun vantaggio per agevolare il gameplay.
Kingdom Under Fire 2 è il prodotto di un’epoca ormai perduta e vittima della naturale evoluzione del mercato videoludico. L’animo frammentato ed enigmatico del progetto ha dato vita a una chimera del mondo MMORPG, un’opera ibridata con molti altri sottogeneri. L’essenza RTS può essere un giusto compromesso per accontentare gli amanti della strategia a turni, specialmente grazie a un ampio parco di truppe ed eroi, ognuno in grado di incarnare stili di gioco diametralmente differenti. Il confermato impegno da parte di publisher e sviluppatori sul ciclo di vita del gioco fa ben intendere che si tratta di un progetto assai longevo e periodicamente visionato. La completa rinuncia al pay-to-win e ad un grinding compulsivo, che oggigiorno attanaglia il gameplay di molti concorrenti, è sicuramente il grande balzo in avanti che ci si aspettava. Siamo incappati, e ci teniamo a sottolinearlo, in banali bug di gioco e, sebbene nell’insieme il prodotto valga la curiosità che suscita, non è il lavoro che ci si aspettava dopo 10 anni e 80 milioni spesi, almeno ad ora.