Il ritorno alla propria città natale colma di odio nei tuoi confronti, l’addio all’unico vero amico morto in circostanze misteriose, una lotta invisibile a cui porre fine. Così si apre la prima autoproduzione della Dontnod, Twin Mirror. Titolo che segna la ferrea volontà di creare del neonato publisher francese ma del già da tempo conosciuto sviluppatore di avventure grafiche. Con titoli del calibro di Remember Me, Life is Strange e del più recente Tell Me Why, Dontnod ha dietro di sé una mole di titoli di grossissimo calibro, i quali sono entrati nei cuori di molti appassionati di storie del “proprio Io” con una forza a dir poco devastante. Mirando alle più delicate virtù dell’essere umano, le storie raccontate dal team segnano sicuramente una tappa necessaria nella narrazione videoludica per prodotti di questo genere e Twin Mirror non si distanzia dalle ultime produzioni, pur altalenando, di tanto in tanto, con un intreccio reale-onirico che barcolla, come fosse mantenuto dall’incertezza di tutta la produzione. Senza dilungare troppo, vediamo cosa la Dontnod ha voluto raccontarci tramite le vicende di Samuel Higgs.
Twin Mirror: non proprio un bentornato, Sam
Samuel Higgs, questo il nome del protagonista, ritorna nella sua città natale Basswood per presenziare al funerale e alla veglia del suo unico e vero amico Nick. Il ritorno non è dei più semplici: l’odio della cittadina situata nel West Virginia si riversa nella figura di Sam, così come i dubbi della piccola Joan, figlia del suo compianto migliore amico e della sua ex, Anna. Queste, tra le tantissime altre figure presenti nel titolo, saranno perennemente presenti nelle vicende che avverranno sullo sfondo di Basswood, città mineraria dal florido passato grazie alle sue risorse, ma con un presente torbido e dalle mille sfaccettature che rivestono una realtà diversa da quella che Sam stesso conosceva (soprattutto se si arriva ad un finale in particolare, questa nuova realtà si rivelerà al giocatore).
Impersoniamo un uomo che, a detta delle figure che man mano conosceremo (sì diversificate, ma nessuna di loro originale), ha rovinato o fatto un favore, a seconda di quali di queste parlerà, alla città che gli ha permesso di vivere, innamorarsi e amare il lavoro che faceva. Il giornalismo d’inchiesta è stato il perno attorno al quale gran parte del mondo di Sam ruotava, ma contemporaneamente il motivo per il quale egli ha dovuto lasciar andare tutto, abbandonando la città e, con essa, tutte le sue radici e conoscenze, senza eccezione alcuna. Parlo di “gran parte del mondo” perché per Sam, come per ognuno di noi, c’è anche altro. Il suo “Io”, che vive dentro di lui da quando ne ha memoria, è l’altra parte di mondo. Suo e personale, il “gemello” che vive nella sua coscienza lo ha accompagnato sin da bambino.
Qui, Dontnod ha voluto distaccarsi per un attimo dalle sue produzioni precedenti. Chi già ha sentito dei passati titoli dello studio francese, sa bene che la componente narrativa su cui si fonda è composta da un solido terreno fatto di elementi sovrannaturali. Twin Mirror, al contrario, nulla vede e tocca di quei mondi passati, basandosi solo sulla componente reale dell’uomo e spingendo a volontà sulla psicologia della specie. Psicologia che, seppur vasta, include sempre e in maniera imprescindibile la figura dell’Io interiore di ciascuno di noi, quella che delle volte etichettiamo come coscienza. Parlare solo di questo paradigma però, risulta essere un’argomentazione piuttosto povera se ci riferiamo alla produzione della Dontnod, visto che, alla fine di tutto, Sam non fa i conti con la propria coscienza (o non solo, magari) ma con un se stesso che realmente prende forma e, al contempo, attua decisioni per conto suo portandosi oltre il “livello onirico” che il gioco presenterà più volte al giocatore.
Durante tutta l’avventura, ci interfacceremo con il nostro “gemello”, il quale comporrà la metà delle scelte. Per rendere più semplice la spiegazione e, contemporaneamente, mantenendomi lontano da possibili spoiler per la trama, basterà dire che, nel momento in cui dovremo scegliere qualcosa di fondamentale ai fini del corso dell’esperienza, le scelte saranno sempre e solo due: una che seguirà ciò che dice il nostro gemello, più rivolto all’avvicinare Sam alla società moderna con un buon comportamento e scelte “giuste”; l’altra invece che darà man forte alla personalità prima del protagonista, emarginato dalla città, la quale fa da riflesso della società stessa in cui è costretto a vivere.
Ottimo sicuramente l’input di riflessione che il titolo vuole dare ma, per quanto le scelte siano spesso molto distanti tra loro, il risultato che danno non è poi così rilevante il più delle volte. Il nostro secondo “io” esiste per una semplice ragione, ovvero il confronto che, ad un certo punto della storia, ci dovrà necessariamente essere. Proprio in quel punto specifico, arriva forse il momento più alto dell’intera produzione, la quale spiega in modo sì soddisfacente, ma alquanto “incompleto”, il motivo del suo concepimento, dovuto in larga parte (se non completamente) al fatto che del protagonista conosciamo un passato appena accennato, sviscerato nel luogo principe dell’ ”onirico dell’uomo” che viene rappresentato dalla Dontnod in Twin Mirror con il nome di Palazzo della memoria, luogo di rifugio per Sam e che rappresenta, non senza un’ottima raffigurazione visiva di altissimo livello, quello che noi richiamiamo nel momento del bisogno, composto da tutti i possibili ricordi, belli e non.
Al di fuori della mente di Sam
Il palco che il team e publisher francese ci propone per narrare la lotta interiore che Sam affronta, risulta essere forse più sfaccettato del centro dell’esperienza stessa. Le scelte, le azioni (assolutamente assenti i QTE) e i dialoghi che verranno proposti ai giocatori, sono posti su un background da film giallo. Un ex giornalista d’inchiesta che, al ritorno nella sua città natale, monumento ai suoi peggiori ricordi, per la morte misteriosa dell’unico amico che abbia mai avuto si immischia in un ennesimo caso, che sia per proprio intuito o per riscatto di se stesso, verrà capito solo alla fine dell’avventura. Il gameplay di Twin Mirror non si discosta troppo dalle precedenti produzioni della Dontnod. La “classica” avventura grafica è portata in alto grazie ad un mistero che si infittisce sempre più, sulla falsa riga di un Heavy Rain o del più recente Detroit Become Human, per quanto affrontino tutti tematiche ben diverse tra loro.
Purtroppo però, proprio in quello che forma le fondamenta del gameplay, vi sono crepe che possono far risultare il titolo lacunoso. Non prima di un certo avvenimento, tutto quello che faremo prima (tolte le decisioni “realmente importanti” che affronteremo con il gemello sopra descritto), non avranno delle vere conseguenze. Cambia qualche risposta, ma alla fine ruota tutto attorno a pochi elementi. Ben fatta la meccanica di ricostruzione degli eventi che Sam, autoproclamatosi investigatore e con o senza consenso dei personaggi a lui vicino, attua in determinati punti. Fatta davvero bene certo, con un filo logico da seguire sì, fin quando non si scopre che in realtà non ci è dato “sbagliare” o nemmeno mancare qualche indizio, visto che un indicatore segna se abbiamo trovato tutto o meno (completamente l’opposto di Detroit Become Human ad esempio): qualora ricostruissimo erroneamente una scena, il nostro personaggio ci farà capire che non è la strada giusta e il gioco ci farà continuare ad oltranza finché tutti gli elementi del caso andranno al loro posto, proprio come un puzzle. In pratica, Twin Mirror ci accompagna mano nella mano per tutta l’esperienza, lasciandoci pedalare da soli soltanto nelle fasi finali con il tutto che dura al massimo 5 ore di gioco, forse poco più e con finali alternativi che, a parte tutto, risultano soddisfacenti.
Nei macro livelli riguardanti la scena (e quindi, al di fuori della mente di Sam) che ci presenterà Twin Mirror, ovviamente in differenti scenari ma sempre inerenti alla cittadina del West Virginia, sarà possibile girovagare per cercare indizi ed elementi vari di storia. I Memento saranno oggetti (e anche collezionabili) che ci racconteranno di più su tutti i personaggi e ci permetteranno di scavare un po’ più a fondo nel loro passato, a patto che li troviate, ovviamente.
Parlando di ambientazioni, Dontnod ha dato la giusta importanza al comparto grafico tramite Unreal Engine 4. Sia gli interni che gli esterni risultano ben fatti. Sia chiaro, non si può urlare al miracolo ma, tutto sommato, osservare la luce penetrare dalle finestre o attraverso fitte foreste avvolte dalla nebbia, regala al tutto un’esperienza sicuramente più immersiva, almeno su PC. Meno immersive, visto che ci siamo, sono invece i movimenti, i dettagli dei personaggi e il loro lip-sync. Purtroppo, tali fattori risultano essere di livello inferiore su tutta la linea, minando un’esperienza che già di per sé non brilla di luce propria per i fattori sopra descritti, pur mantenendo l’attenzione del giocatore ed il suo coinvolgimento (seppur parziale) nella storia.
Dontnod è sempre stata sostenuta da forti publisher, vedasi Square Enix o Bandai Namco. Twin Mirror invece, segna un nuovo punto di partenza per il futuro dello sviluppatore e ora anche publisher francese ma, con tutti i punti che può avere a favore, in primis l’aver scelto qualcosa che si avvicina più alla realtà e così mettendo da parte il sovrannaturale visto in praticamente tutte le produzioni passate, non necessariamente questa opera segnerà un punto d’arrivo in termini di qualità per il team. Il titolo si avvolge di una bella atmosfera in generale, lasciando sì un ottimo spunto di riflessione, ma con la costante idea che si sarebbe potuto fare di meglio e sfruttare ancor più il sostanzioso potenziale di Samuel Higgs e del rapporto con il suo “gemello” nello specchio, veri protagonisti della vicenda.