Su Netflix è facile imbattersi in documentari di ogni sorta, ma quando si tratta di produzioni “originals” potete star certi che non si tratterà di qualcosa di convenzionale o noioso. E docuserie come High Score o I giocattoli della nostra infanzia hanno ormai definito uno standard di genere, capaci di divulgare informazione e cultura (spesso squisitamente pop, ma pur sempre di cultura si parla) a un pubblico molto vasto, con semplicità e una veste accattivante.
In questo contesto si posiziona anche Storia delle parolacce, una serie decisamente unica perché parla di linguistica e semiotica, non propriamente un argomento che ci si aspetterebbe di seguire in tv. Lo fa in modo decisamente giovane, coinvolgendo esperti del linguaggio, storici e intrattenitori, con un presentatore d’eccezione: Nicolas Cage.
Sei parole, mille significati
Il celebre attore premio Oscar conduce il gioco con charme, presentando di volta in volta una “swear word”, una “parolaccia” della lingua inglese, che durante i venti minuti di puntata viene analizzata nei suoi usi comuni, nella sua etimologia e nell’evoluzione del suo utilizzo.
Le curiosità che escono fuori da queste dissertazioni sono al contempo divertenti e istruttive, e spingono spesso a chiedersi come si sia arrivati a un certo utilizzo e se l’utilizzo di certi termini sia o meno lecito (come il più delle volte, al di là delle ipocrisie, è) o lesivo per altri. Difatti, quel che distingue una “parolaccia” da una normale è il contesto e l’uso all’interno dello stesso: una parola può essere solo un lemma o qualcosa di più, a seconda di chi lo dice, come lo dice o a chi lo dice, e se lo dice insieme ad altre parole.
Va da sé che Storia delle parolacce è stata solo sottotitolata, in lingua italiana, perché tradurre e adattare per il doppiaggio il tutto avrebbe snaturato il senso di tutti i discorsi, dato che le parolacce non si traducono quasi mai 1:1 ma hanno, piuttosto, dei corrispondenti che però non si adattano a una trattazione linguistica. Già i sottotitoli devono forzare la mano e si perde qualcosa, ma giocoforza non si poteva fare altrimenti.
Storia delle parolacce è una docuserie da consumare velocemente e voracemente: appena venti minuti a puntata per sei tra le più comuni swear words della lingua inglese, analizzate in maniera interessante ma divertente, in modo da far scattare un processo di elaborazione dei significati che, di questi tempi in cui si parla (o scrive) spesso senza cognizione di causa, si finisce spesso per offendere a sproposito.
Si tratta di un esperimento molto particolare, di cui è difficile definire il senso commerciale: le parolacce sono popolari, certo… la semiotica, non proprio, e una docuserie solo sottotitolata non è proprio il prodotto più semplice da proporre al proprio pubblico. In questo, la presenza del magnifico Nicolas Cage dà una spinta notevole: che si sia fan o detrattori del personaggio, è indubbio che si spinge “play” la prima volta solo per sentirlo dire “f**k” in venti modi diversi.