Neon Genesis Evangelion di Hideaki Anno è diventato un vero e proprio cult dell’animazione giapponese. Nonostante la serie prodotta da Gainax venne fortemente penalizzata dalla mancanza di un budget sufficiente, rafforzato successivamente dal successo del merchandise. per tantissimi appassionati rappresenta un ricordo quasi indelebile della propria vita. Un’opera che rappresentò un riscatto per Anno, che non solo si rialzò dal suo vuoto lasciato dalla serie “Nadia – e il mistero della pietra azzurra“, ma riuscì ad imprimere tutto se stesso in quello che presto sarebbe diventato un successo immane. Tuttavia, come abbiamo già anticipato, la serie fu afflitta dai problemi economici lasciati dall’eccessiva ambizione per il progetto di Blue Uru, che avrebbe dovuto rappresentare il seguito del lungometraggio intitolato “Le ali di Honneamise”, e questo portò lo studio Gainax a dover riciclare molte sequenze di Evangelion per produrre diversi episodi per far quadrare i conti. Ma appunto, grazie al successo commerciale, finalmente vennero trovati i soldi per realizzare due pellicole atte a fornire sia un riassunto dei ventiquattro episodi che fino al 1995 componevano la serie, sia un finale alternativo che avrebbe chiuso finalmente le danze.
Nel 2006 Hideaki Anno tornò alla ribalta fondando un nuovo studio d’animazione, lo studio Khara ed annunciando il ritorno di Evangelion in una tetralogia cinematografica che avrebbe reinterpretato gli eventi della serie originale, con gli ultimi due film che dovevano indirizzare la storia verso un nuovo ed inedito finale. Un progetto durato ben quindici anni e che oggi trova la sua conclusione con Evangelion 3.0+1.01 Thrice Upon Time, una pellicola che sigla la fine di un percorso durato ben ventisei anni. Finalmente disponibile in Italia grazie ad Amazon Prime Video, noi di Gamesvillage abbiamo visto l’ultima impresa di Shinji Ikari, e come sempre, ve ne vogliamo parlare in questa nuova recensione.
Evangelion 3.0+1.01 Thrice Upon Time: You can (Not) say goodbye to children.
È sempre difficile dire addio a ciò che amiamo: come in questo caso, quando un’opera, un cult di un medium, giunge alla sua definitiva conclusione arrivata dopo anni, o decenni dalla sua prima apparizione su schermo e non, risulta difficile od impossibile staccarsi da essa. Quello di Evangelion 3.0+1.01 Thrice Upon Time è un finale che aspettavamo ma che non eravamo pronti ad abbracciare. Perché in fin dei conti arrivare ai titoli di coda vuol dire salutare per sempre un mondo che per una vita ci ha accompagnati nella nascita e nella crescita. E come noi siamo cresciuti, anche i suoi personaggi sono maturati, raggiungendo finalmente un mondo ed una realtà che premia le loro battaglie. Thrice Upon Time rappresenta il traguardo raggiunto nel percorso emotivo dei suoi personaggi che, dopo innumerevoli avvenimenti che hanno scosso le loro vite, si ritrovano faccia a faccia con il proprio riflesso. Ma come è ben lecito pensare, non è possibile guardare l’ultima pellicola della tetralogia senza aver goduto dei film che lo hanno preceduto, seppur lo stesso 3.0+1.01 ci accoglie con un sintetico ma non molto efficace riassunto degli eventi precedenti. Certamente, chi ha visto i precedenti rebuild potrà rinfrescarsi la memoria e riallacciarsi subito all’inizio di Thrice Upon Time, ma è obbligatorio aspettarsi che chiunque decida di tuffarsi nella visione di tale pellicola abbia almeno visto i film precedenti.
L’inizio del film vede il gruppo anti-NERV Wille di Misato a Parigi, ormai corrotta dalla core-izzazione, dove un rosso scarlatto ricopre l’intera capitale francese. Qui la resistenza atterra su una torre di contenimento, dove il team incaricato ha solo una manciata di minuti per ripristinare la città, e dovranno affidarsi all’unità 8 potenziata di Mari per intercettare un’orda di NERV Eva giunta sul luogo. Da qui avrà inizio uno scontro frenetico, dove l’Eva pilotato dalla sadica pilota combatterà in solitaria seminando una sterminata distruzione tra le fila del nemico, dando al film un inizio scoppiettante ed incredibilmente ben architettato registicamente, avvalorando ogni frame di uno scontro davvero formidabile. Tuttavia, tali ritmi adrenalinici verranno appianati da un cambio di scena, che vedrà il terzetto composto da Shinji, Rei ed Asuka arrivare in un villaggio, dove verranno accolti da Koji e Kensuke ormai adulti. Da qui avrà inizio una porzione molto calma, dove l’azione verrà messa da parte in favore dello sviluppo dei personaggi, gettando lo spettatore in una lunga riflessione emotiva e psicologica dei principali protagonisti dell’opera.
Ognuno dei Children verrà condotto in un percorso tra redenzione e ricerca di se stesso, dando modo di approfondire degli aspetti più intimi che li porteranno ad una maturazione che andrà oltre la loro apparenza adolescenziale. Dopotutto la morte di Kaoru e i sensi di colpa legato al Fourth Impact hanno scosso nel profondo Shinji, che non professerà alcuna parola o addenterà alcun cibo per diverso tempo una volta arrivato nel villaggio, rinchiudendosi in una gabbia colma di tristezza e depressione. Chi invece troverà uno sviluppo davvero sensibile ed incredibilmente umano è il clone di Rei, che assaporando un pezzo alla volta la routine degli abitanti del luogo, comprenderà cosa sia la vita e il sentimento umano, mentre Asuka, dall’alto della sua cocciutaggine vivrà con rancore quegli attimi che precedono un’imminente battaglia finale. Perché in fondo, la prima parte di Thrice Upon Time è la preparazione a livello mentale ad uno scontro che segnerà una limpida ma al contempo contorta fine di Evangelion, laddove Hideaki Anno non ha perso la sua voglia di immedesimare lo spettatore in un racconto complesso e zeppo di sproloqui filosofici e religiosi.
E il film di certo non mancherà nel sbatterci su schermo sequenze al limite della comprensione, in grado di distrarci fino a farci perdere dei pezzi importanti della narrazione. La pellicola dopotutto, tenderà spesso e volentieri a inserire degli elementi lasciati fin troppo all’immaginazione o alla libera interpretazione, mentre in contrasto, affinerà alcuni elementi narrativi con scene extra e dettagli sulla ricercata lore, i quali si sommano al lavoro di reinterpretazione dell’intera operazione rebuild. Come se non bastasse, la seconda parte del film (la cui durata complessiva è di due ore e trentasei minuti) è un mix di azione e rivelazioni capaci di tenerci incollati allo schermo fino all’ultimo, amplificando quei sentimenti che man mano si propagavano nel rush verso il finale, di cui non abbiamo intenzione di rivelarvi alcun particolare: siate voi i diretti protagonisti di quest’addio.
Il coraggio di crescere
Uno dei temi portanti di Evangelion 3.0+1.01 Thrice Upon Time è senza ombra di dubbio lo sviluppo emotivo dei personaggi, poiché la pellicola rappresenta un percorso di crescita ed ulteriore approfondimento di ciascuno dei protagonisti coinvolti nella lotta alla NERV. Come abbiamo menzionato poc’anzi, dopo gli eventi del terzo film vediamo uno Shinji visibilmente segnato: il trauma della morte di Kaoru e i sensi di colpa dei vari Impact spingono il ragazzo ad isolarsi e privarsi di qualsiasi contatto umano per diversi giorni, ignorando l’aiuto che i suoi amici cercheranno di offrirgli. Nel suo stato mentale, egli si identificherà come il principale responsabile delle catastrofi che hanno colpito il pianeta e della sofferenza delle persone, scordandosi che le sue azioni svolte a fin di bene non sono state la causa degli eventi che hanno scosso il mondo, bensì tali eventi sono il risultato delle sue decisioni. E il suo voler proteggere chi gli sta intorno lo porterà ad allontanarsi, cercando una solitudine che gli permetta di meditare su quanto è accaduto, e di trovare infine il coraggio di salire nuovamente a bordo sull’Eva. Nel suo ritrovato coraggio, dovrà affrontare suo padre Gendo, ormai assorbito dalla sua idea di perfezionamento dell’uomo, facendo riemergere i fantasmi del passato e colpendo dove fa più male un uomo dalla volontà incrollabile.
Dall’altra parte invece, Rei inizia ad avere i suoi primi contatti umani al di fuori di Shinji, abbracciando per la prima volta una realtà che finora le era stata privata. Nonostante si tratti effettivamente di un clone creato dalla NERV, quel gene umano che scorre nelle sue vene non le impedirà di provare per la prima volta delle sensazioni diverse, che pian piano la renderanno più umana. Il suo desiderio di conoscenza, già maturata dai libri letti, le permetterà di comprendere alcuni fondamentali come la nascita di una nuova vita o il lavoro. I suoi passi verso un carattere meno anonimo la porteranno ad essere l’unica capace di far rinsavire Shinji dal suo stato mentale, insegnando al ragazzo che in fin dei conti non è tutto perduto. Un altro merito del film è quello di scavare più a fondo nel personaggio di Gendo Hikari, scoperchiandone i motivi che lo hanno spinto a sfidare gli dei e portare il mondo sull’orlo dell’estinzione, mentre non possiamo dire lo stesso per Mari. La pilota dell’Eva 08 nonostante la sua importanza nel costrutto narrativo non viene particolarmente approfondita, neppure nell’ultima pellicola dove però le vengono riservate molte scene d’azione, simboleggiando in parte l’eroina indiscussa del film. Ciononostante, il percorso imbastito dal film porterà tutti i personaggi ad affrontare il proprio passato, confrontarsi e maturare grazie ad esso, ritrovando una propria accettazione come essere umani.
Azione allo stato puro
Un pregio dei rebuild è indubbiamente il lavoro compiuto dallo studio Khara, che nella tetralogia ha saputo rendere giustizia alle scene d’azione che in passato lo studio Gainax non è riuscito ad imprimere su schermo. I combattimenti sono sempre stati affascinanti, ricchi di adrenalina e rappresentavano su schermo delle animazioni davvero pregevoli, con una regia di ottima qualità. E il discorso non cambia in Thrice Upon Time, seppur l’utilizzo della CGI soffra di alcuni cali qualitativi nelle animazioni. Sia chiaro, visivamente il film rimane spettacolare e i disegni ci lasciano spesso a bocca aperta, soprattutto per la quantità di dettagli che vengono realizzati sui singoli modelli. Basti pensare a come le plugsuit rivelino una moltitudine di linee e curve dei personaggi, sfiorando di poco il fanservice per la cura con cui solamente queste tute sono state realizzate. Ed il lavoro grafico nel complesso è per i nostri occhi gratificante, tuttavia l’azione spesso e volentieri risulta confusionaria, soprattutto verso la seconda metà del film dove i combattimenti si faranno più intensi. Tra le luci delle esplosioni, attivazione dell’AT Field e numerosi soggetti catturati in una sola sequenza, cercare di comprendere cosa stia succedendo è a dir poco complesso, e ciò si rivela come un’arma a doppio taglio per quei combattimenti che reputiamo decisamente interessanti.
Come abbiamo già detto, l’uso della CGI in Evangelion 3.0+1.01 offre allo spettatore delle scene dalla qualità altalenante, che non sempre rispecchiano il picco raggiunto dai momenti clou della pellicola (soprattutto in una scena in particolare, dove il risultato raggiunto è a dir poco orribile). Ciononostante, alcuni degli effetti speciali proposti riescono a risollevare una computer grafica non proprio eccelsa, e che tutto sommato, riesce a mostrarsi in un’azione fluida ed accettabile. Anche diversi modelli, che dal 2D passano ad una forma tridimensionale, perdono molti dei dettagli che si potevano scorgere qualche secondo prima, intaccando così la qualità dei disegni che finora possiamo definire impeccabili. La regia invece è incredibile e riesce catturare su schermo le scene clou con riprese prelibate, avvalorando non solo i disegni e il character design, ma anche quelle animazioni che rendono così frenetici i numerosi combattimenti che si disputeranno per tutta la durata del film. Così come, in alcuni frangenti, il film ci colpirà inavvertitamente con dei cambi di stili d’animazione, illustrandoci dei dettagli altrimenti impossibili da notare. Anche i colori risultano raggianti, e possiamo notare tutto il loro splendore ad inizio film o nel momento in cui avvengono determinati effetti speciali, rendendo quest’ultima pellicola cinematografica in alcuni casi un vero splendore. Per quanto concerne il doppiaggio italiano, ritroviamo l’intero cast che ha recitato in Evangelion 3.0 You Can (Not) Redo, nonostante la distribuzione sia a cura di Amazon Prime Video e non più di Dynit come accadde per i precedenti film, mantenendo intatto l’adattamento finora compiuto con la tetralogia del rebuild.
Il viaggio è concluso. Evangelion 3.0+1.0 Thrice Upon Time rappresenta la fine di un percorso durato ventisei anni, chiudendo in via definitiva quella che è la storia di Shinji Ikari e dei children costretti a pilotare le impressionanti unità Eva. Una pellicola avviata col botto, che riserva un momento di riflessione non solo per i personaggi coinvolti nell’opera di Hideaki Anno, ma anche per gli spettatori che sono nati e cresciuti con quell’universo complicato da assimilare, ma che in fondo ha spinto molti appassionati a ragionare su tematiche spesso tagliate fuori dal mondo dell’animazione giapponese attuale. Un film che non manca nel suo intento di essere criptico e talvolta lascia fin troppo all’immaginazione, un continuo giocherellare con le sinapsi di chi si è fiondato senza ulteriori indugi sulla visione.
Dire addio ad un qualcosa che si è amato così tanto non è semplice, ma in fondo l’ultimo messaggio che ci trasmette il film è proprio questo: dobbiamo andare avanti e crescere, così come sono cresciuti quei ragazzi, che hanno lottato con le unghie e con i denti per un mondo che li ha emarginati. E possiamo dire che finalmente ci sono riusciti.