Jusant

Jusant Recensione: la meraviglia e lo stupore del camminare in verticale

Come dice il dizionario francese e come lo ricorda fin da subito la prima schermata del gioco iniziando la partita, il Jusant è il reflusso del mare, un abbassamento del suo livello durante la bassa marea. E nel gioco di DON’T NOD (noto ai più sicuramente per la serie Life is Strange), in effetti, tutto ruota intorno ad un mare che un tempo sembrava ci fosse, ma di cui ora è ne rimasto solo il ricordo, e di una torre, altissima, da scalare. Perché il team francese questa volta ha deciso di raccontare la sua storia non attraverso il dialogo, suo marchio di fabbrica, ma con l’esercizio stesso del raggiungere vette sempre più alte, scoprendo posti e momenti ogni volta nuovi, sempre con un senso di meraviglia e stupore. Sono due contesti sicuramente diversi, ma con una torre e una cima da raggiungere, anche solo per associazione dell’oggetto in questione, mi sembra doveroso citare un’altra recente avventura che ha visto nell’arrivo alla vetta il suo scopo ultimo, ovvero Chants of Sennaar. Due modi molto diversi di intendere il gameplay, ma che condividono un gusto stilistico, divulgativo, e artistico nel senso più stretto, di alto, altissimo livello. Proprio come quella cima ardita a cui punta il protagonista.

Jusant

Jusant: una torre altissima, e il suo microcosmo, da scalare

Ai primi video mostrati del gioco, una domanda lecita che poteva sorgere era legata alla scelta quantomeno singolare di puntare come meccanica core del gameplay ad una cosa che generalmente è implementata nei giochi, ma che mai è il punto nevralgico, ovvero la scalata. Quante volte con un Nathan Drake o una Lara Croft di sorta sarà capitato di arrampicarsi nei modi più complessi e pericolosi, nella maggior parte delle volte neanche muniti di protezione, slanciandoci da un appiglio all’altro con con la maestria che solo un archeologo può avere? E quindi una persona distrattamente potrebbe pensare… tutto qui? Eh, tutt’altro invece! Anche perché se scalare è tanto importante, anche il modo in cui si trasmette attraverso il controller deve risultare netto, lo si deve sentire. E in questo caso DON’T NOD ha fatto un ottimo lavoro, nel portare nelle nostre mani un sistema che, con le dovute differenze, prova a simulare la stanchezza che si deve sentire mentre si scalano edifici, oggetti, montagne. Ovviamente non servirà allenarsi come chi questo lo fa nella realtà, e il rischio di caduta non c’è (fortunatamente non potrete cadere nei dirupi neanche nel gioco stesso), però il modo che ha trovato il team di alternare i grilletti del pad con l’uso delle mani destra e sinistra, la gestione della fatica del protagonista e tutta una serie di altre caratteristiche “da scalata”, funzionano e sono molto soddisfacenti, dal farvi quasi esclamare “ah però! che cosa ho fatto!”.

Prima di tornare più nel dettaglio nel gameplay, è giusto anche farvi capire il contesto di storia da cui parte Jusant. Voi siete Yan, scalatore, che arriva dal deserto, munito di corde, chiodi e occhiale da sole di un certo stile, e che giunge alla base di questa immensa montagna/torre, assieme ad una sua piccola compagna di viaggio, un esserino misterioso chiamato Cisterna, che vi darà una mano nel vostro lungo cammino in verticale. Come si intuisce fin dai primi filmati, la storia non è raccontata da dialoghi o scene descrittive, la torre del resto è un posto molto desolato, una volta sicuramente ricolmo di persone e villaggi, ma che un qualcosa ha fatto si che ora il tutto risulti più arido: ci sono sì gli animali (molto carini e originali), ma le persone sembra proprio non siano presenti. L’unico modo che avrete per capire cosa è successo e cosa vi ha portato poi ad intraprendere questa difficoltosa scalata, viene dato dalle tante lettere sparpagliate, molte anche nascoste, che troverete tra una salita e l’altra. Questo perché ovviamente non è che starete tutto il tempo a cercare appigli con l’una o l’atra mano, ma le sezioni di scalata si alterneranno a quelle più soft in cui camminerete liberamente, girando tra i posti e le case ora disabitate. E qui vi accorgerete di come la torre contenga al suo interno un suo universo perfettamente strutturato, con biomi e sistemi diversi, che hanno visto una storia e un’arte tutta sua. Il mio personale consiglio infatti è quello di leggere i contenuti delle varie lettere, e provare a cercare i diversi segreti (magari senza però dover a tutti i costi essere completisti, pena uno scorrimento degli eventi meno fluido).

Jusant

Le basi per diventare scalatori provetti

Perché il mondo da girare a piedi è comunque mediamente vasto e ricco di segreti che vi dovranno far cercare posti spesso difficilmente visibili ad uno sguardo poco attento: oltre alle lettere ci saranno infatti da trovare ciottoli, altari, dipinti e conchiglie, con queste ultime che vanno forse a sottolineare gli scorci più malinconici che offre il gioco: il ricordo dei suoni di un mondo che non c’è più. Per alcuni di questi, vi verrà anche in soccorso la già citata Cisterna, che permetterà di segnalarvi, in modo vago ma efficace, dove sono posizionati alcuni di questi segreti. Il tutto vi servirà dunque a farvi immergere maggiormente nel mondo di gioco, e farvi sempre più schiarire le idee tra un’arrampicata e l’altra, che altrimenti non troverebbe contesto. Arrampicata che rimane comunque il punto in cui il gameplay e l’arte si incontrano splendidamente nell’opera. Io non sono esperto di scalate, ma sono sicuro che il gioco può essere apprezzato da chi questa cosa la fa nel mondo reale, tra pannelli, paesaggi urbani o pareti rocciose, tra via d’arrampicata o via ferrata.

E quindi, come si muove il nostro protagonista nella parte più importante del gioco? In primis, la cosa fondamentale sarà alternare i due grilletti posteriori (io provato il gioco su Xbox Series X/S), cercando con la mano destra e sinistra l’appiglio più vicino, generalmente sempre ben visibile (a livello visivo, un po’ come accade con i sopra citati Uncharted o Tomb Raider). A primo impatto potrebbe risultare non immediato, ma iniziando a prendere il tempo giusto, tra una roccia e l’altra, il tutto risulterà scandito da un ritmo quasi musicale. Ovviamente però, per simulare al meglio la scalata, bisogna anche fare in modo che il nostro Yan si affatichi. Appena vi attaccherete ad una parete con la vostra corda, comparirà una barra colorata (simil Zelda). Inizia con il colore verde, segno che va bene, e a poco a poco scenderà fino al rosso. In questa situazione critica, non potrete più aggrapparvi, e dovrete tornare dove avevate posizionato la corda. Stando aggrappati e fermi, potrete comunque recuperare parte della fatica. I salti vi affaticheranno ancora di più, andando a diminuire anche il limite massimo della barra. Inoltre, molto importanti, potrete piazzare altri chiodi sulla parete che fungeranno come sorta di check-point: qui potrete oscillare con la corda per raggiungere un punto più distante, “camminare” sulle pareti, calarvi e ritornare su.

Meraviglia e stupore

Ma l’universo di Jusant ha anche un lato di fantasia. Cisterna avrà infatti anche il potere di smuovere, con il suo canto, alcune presenze viventi che sono piazzate sulla via della scalata. In questo modo, e che non diverse caratteristiche a seconda del bioma in cui vi troverete, avrete la possibilità di alternare il vostro viaggio, rendendo il tutto più vario senza risultare mai noioso per la durata del gioco (che può essere di 3-5 ore o più a seconda di quanti segreti cercate, quanto leggete, e ovviamente, quanto siete rapidi a scalare). Durata che ben combacia con ciò che DON’T NOD vuole raccontare, senza sviare con cose poco utili, ma rimanendo sempre focalizzati sul punto principale. Anche qui, avrete un tragitto fisso da seguire, ma sarà importante dare un occhio ad alcune vie che potrebbero celare segreti. Potrete riuscire a capire dove dover andare, ma spesso vi verranno proposti dei bivi che vi faranno pensare: “la via principale è questa? se vado qui, poi rischio di perdere qualche lettere o ciottolo?” Il che dà un piccolo brivido di imprevedibilità che non fa male.

Ma quello che forse alla fine colpisce di più, sono gli attimi di meraviglia e stupore che vi si pareranno di fronte ai vostri occhi: alcuni scorci, situazioni, vi faranno semplicemente rimanere con un “wow” sospeso a bocca aperta. Tutto in uno stile grafico che non punta certo al fotorealismo, ma che mischia bene palette di colori ad una scelta più minimale, e che si tralascia un poco solo per gli sfondi più lontani. Altro punto a favore, la colonna sonora (consiglio l’ascolto) e il modo in cui si amalgama al contesto e a determinate situazioni del gioco: le melodiche note di piano di Guillaume Ferran a fare da padrone per la maggior parte del tempo, alternate ad archi in momenti più cupi e a percussioni quando c’è bisogno di spingere di più. Fondamentale l’uso che viene fatto del tema principale, con arrangiamenti diversificati. Anche l’uso dei suoni stessi rientra perfettamente nel contesto, dai continui richiami uditivi ai moli di un passato che non c’è più, al rumore dei piedi sulla roccia quando Yan deve spiccare un salto, e quello che richiama il mare quando oscilla con la corda, al soffice canto di cisterna.

Piccoli punti negativi, ma che non compromettono minimamente lo scorrere del gioco: in alcune situazioni la camera potrebbe darvi fastidio (specie negli spazi stretti), e ogni tanto vi potrà capitare di finire mezzi bloccati, ma sempre poi sbloccati, in determinati punti (tipo in alcune scale o strettoie, quando volete provare a trovare, come il sottoscritto, strade segrete che però in realtà non esistono).

Piattaforme: PC, PlayStation 5, Xbox Series X/S

Sviluppatore: DON’T NOD

Publisher: DON’T NOD

Il team francese, sperimentando in un campo diverso dal solito, è riuscito a centrare l’obiettivo. Jusant è un’opera che incentra l’arte e l’amore verso il gameplay attraverso l’atto della scalata del protagonista, all’interno di un universo in cui persone che un tempo abitavano questa altissima torre erano più abituate a camminare in verticale che in orizzontale. Una storia raccontata per lettere, suoni e navi che penzolano nel vuoto, si mischia con il brivido e le fatiche delle arrampicate, ripagate con la meraviglia e lo stupore.