[Roma 2017] Borg McEnroe – Recensione

È stato presentato alla Festa del Cinema di Roma 2017 Borg McEnroe, film diretto da Janus Metz sulla storica rivalità fra due dei più grandi tennisti di tutti i tempi con Sverrir Gudnason e Shia LaBeouf nei panni dei personaggi del titolo. Il film ripercorre il torneo di Wimbledon del 1980 che culminò in un’agguerrita finale, intervallando il racconto con momenti dell’infanzia e dell’adolescenza dei due campioni. Il mondo trattenne il fiato per le 4 ore dello scontro fra il glaciale gentiluomo svedese Bjorn Borg e il sanguigno, ribelle statunitense John McEnroe. Ma questa rivalità c’era davvero? È andata davvero come i cronisti l’hanno raccontata o i loro caratteri sono stati estremizzati dai media per catalizzare l’attenzione mediatica di cui ogni sport ha bisogno? La risposta, sempre che a qualcuno interessi, è nel film, e come sempre sta in mezzo.

Borg – altro che svedese di ghiaccio – da ragazzo s’infuriava anche per un match d’allenamento. McEnroe a scuola era un bambino prodigio e faceva a mente le moltiplicazioni a tre cifre, ma i suoi sembravano non essere mai soddisfatti. Il film si dilunga per la quasi totalità del tempo in approfondimenti sulla psicologia dei protagonisti, ma alla fine la grande verità è riassumibile senz’alcuna sintesi forzata nelle due frasi qui sopra. Una verità di mezzo, quindi, ma superficiale.

La faccia di LaBeouf per il 90% dei fotogrammi che lo riguardano.

Penso a un libro miracoloso come Open di Andre Agassi. L’avete letto? Leggetelo. È fantastico, perché Agassi (o, meglio, il suo ghostwriter) ti fa sapere esattamente cosa c’è nella testa di un tennista importante prima, durante e dopo un match. E il tennis è sicuramente uno sport molto interessante da questo punto di vista. Fra vedere Borg McEnroe e rileggere Open, vince il libro 6-2, 6-0.

Non si avverte alcuna tensione nello scontro psicologico del film: siete solo costretti ad assistere a un noioso spettacolo di gente seduta, le mani fra le mani in preda al nervosismo pre-partita, con dialoghi che neanche ci provano a intrattenerti. Le conversazioni di Borg con il suo allenatore o con la sua fidanzata, o fra McEnroe e il padre, sono tutti la variante di:

– Vincerai.
– Come lo sai che vincerò?
– Perché lo so.
– No, non lo sai.

Uno dei due vince. Titoli di coda.

La scena finale sarà anche ben diretta e gli attori sono bravi, ma questo non è cinema: è un surrogato dell’agonismo sportivo che ha elettrizzato il pubblico televisivo d’allora, e che chiunque può assumere in forma più diretta di quanto il film possa mai fare grazie a un video Youtube come questo:

Voi parlate senza sapere, perché voi non fate” è la frase che rivolge John McEnroe ai giornalisti della sala stampa, quando questa gli chiede del suo ricorrente comportamento antisportivo. Bene, io forse non “faccio” film, ma ne guardo tanti, e il senso di Borg McEnroe proprio non l’ho capito.

Siciliano di nascita e anche di adozione, adesso gravita sul Raccordo. Per qualche ragione a lui ignota continua a studiare, ma dopo la laurea è convinto che avverrà il ricongiungimento all'Essere. Scrive, legge e si guarda in giro.