Recensione – Child of Light

Scrivere la recensione di un titolo come Child of Light non è tra le cinque cose più semplici di questo fine aprile, e non solo per la pioggia che penetra inesorabilmente nelle ossa e allontana la sensazione di essere vicini più alla calura estiva, che al gelo dell’inverno passato. Child of Light è figlio di molte luci, ma anche di alcune ombre. Ombre che, tuttavia, devono essere poste sulla bilancia del giudizio in modo garbato, così che ognuno possa farsi un’idea chiara del peso, secondo gusti e aspettative tipicamente proprie.

Cominciamo con le cose che funzionano alla grande, ovvero parliamo di storia e di direzione artistica. Child of Light ci mette nei panni di Aurora, una giovane principessa che viene trasportata in un fiabesco mondo parallelo e che deve trovare un modo per tornare a casa dal proprio papà, colto dalla disperazione per la scomparsa della figlioletta. Tempo di prendere confidenza col gioco e si scopre che, per ottenere l’agognato ritorno, Aurora deve combattere l’oscurità che ha impunemente invaso Lemuria (questo il nome del luogo che fa da teatro alle vicende di Child of Light), riportando al loro antico splendore il sole, la luna e le stelle. Il percorso narrativo è vissuto da Aurora assieme a diversi personaggi, tutti finemente tratteggiati nel comportamento e nella personalità. In un mondo dove ogni dialogo è in rima, spicca ad esempio l’incapacità del clown Rubella nel chiudere le frasi con la parola più opportuna; un difetto che strappa più di un sorriso, anche se sempre in modo delicato e mai sguaiato. Allo stesso modo, la piccola scintilla Igniculus non solo ha grandi implicazioni nel gameplay (come vi dirò poi), ma funge da spalla ideale a ogni intercorso che la piccola Aurora si trova ad affrontare durante il viaggio verso casa.

Questo paesello è abitato solo da corvacci... o almeno così pare.
Questo paesello è abitato solo da corvacci… o almeno così pare.

La storia, quindi, si segue con piacere, anche se non siamo di fronte a intrecci narrativi da Nobel per la letteratura, intendiamoci. La voglia di proseguire è anzi più stimolata dalla voglia di vedere quali prelibatezze artistiche sono state preparate dai ragazzi di Ubisoft Montreal, che qui hanno dato l’ennesima riprova che le possibilità dell’UbiArt Framework (lo stesso degli ultimi due Rayman, per intenderci) sono notevoli. Gli scenari sono dipinti in un 2D acquarello che a tratti ricorda – con le dovute differenze – il vecchio ma sempre valido Aquaria su PC, fosse anche solo per la possibilità di Aurora di librarsi nell’aria ed esplorare gli ambienti nella loro interezza. Non c’è un momento in tutto il gioco in cui vista e udito non vengono investiti da sensazioni piacevoli: Child of Light è una bellezza da vedere e da ascoltare, un dipinto in movimento che fa dei toni fiabeschi il motivo dominante e che rappresenta un colpo di spugna deciso alla moda del ritmo a tutti i costi.

GIRONZOLANDO PER LEMURIA
Durante l’esplorazione il giocatore controlla sia Aurora (levetta analogica sinistra), sia Igniculus (levetta analogica destra). I due devono collaborare per risolvere piccoli enigmi ambientali, con la prima che può agire fisicamente su leve o casse, mentre il secondo sfrutta la luce (a consumo) per attivare interruttori di vario genere o per accecare i nemici lungo la via, ed evitare così lo scontro diretto. In giro per Lemuria esistono piante luminose che, se opportunamente stimolate, partoriscono spore luminose in grado di ricaricare la barra della luce di Igniculus, così come di ritoccare al rialzo i Punti Vita e i Punti Magia del party, qualora non fossero già al massimo.

Child of Light - art scontornoDi tanto in tanto non bastano l’astuzia e l’aggiramento, ma tocca venire alle mani. È il momento in cui emerge l’anima ruolistica di Child of Light, visto che i combattimenti si svolgono a turni, laddove iniziativa e tempi di utilizzo delle azioni dipendono da una sorta di barra temporale suddivisa in due zone ben distinte, quella dell’attesa e quella dell’azione, similmente a quanto visto nel vecchio ma sempre valido Grandia II. La cosa bella è che in Child of Light portare un colpo a un avversario che si trova in fase di azione ha come corollario uno spostamento di quest’ultimo all’indietro nella barra temporale, con conseguente cancellazione della stessa azione nei nostri confronti. Ocio che vale anche il contrario, ed è quindi necessario stare bene attenti a non venire colpiti mentre si sta per portare un fendente o lanciare una magia. Ovviamente, esistono parecchi modi per girare l’orologio a nostro favore: oltre a una pletora di buff (per il nostro party) e di debuff (per i nemici), durante i combattimenti possiamo utilizzare le capacità accecanti di Igniculus per rallentare un avversario quel tanto che basta per superarlo in extremis sulla timeline. I combattimenti, insomma, si trasformano spesso in una piccola danza sul filo del secondo, ma rivestono una certa importanza anche le affinità o le debolezze elementali, tipicamente distribuite secondo il classico schema “X batte Y ma perde con Z”.

COME TI CRESCO I PG
Portare a casa con successo una battaglia permette di accumulare punti XP, che servono per far salire di livello i personaggi. A ogni passaggio di livello è possibile mettere in cascina un punto da spendere in una griglia di talenti, diversa per ciascun membro del party. Ogni step permette di aumentare i Punti Vita, i Punti Magia, le difese fisiche o quelle magiche; di tanto in tanto, poi, si sbloccano abilità nuove, piuttosto che versioni potenziate di quelle già apprese. Scegliere un percorso piuttosto che un altro non è solo questione di gusti personali, ma anche di bilanciamento. Purtroppo, in questo Child of Light fallisce parzialmente, visto che col prosieguo dell’avventura capita di aggiungere al party dei personaggi con caratteristiche che si rivelano complementari solo con alcuni path; per la serie, “se avessi saputo prima, avrei fatto diversamente”. Fortunatamente, da un certo punto in poi si ha a disposizione un party composto da un buon numero di personaggi, il che permette diversi approcci in combattimento. Di certo, la presenza di due soli membri sul terreno di scontro strozza in parte le varianti, ma la possibilità di cambio al volo, senza penalità alcuna, mitiga parecchio questo limite e invoglia a sperimentare coppie sempre diverse, grazie a fugaci modifiche in corso d’opera.

Un altro elemento determinante di Child of Light è rappresentato dagli oculi, ovvero gemme che possono essere indossate dai personaggi in uno dei tre slot a disposizione, così da garantire dei bonus d’attacco e di difesa, oltre che perk aggiuntivi di varia natura. Esistono oculi di vario colore, laddove ogni tinta può rappresentare ad esempio l’affinità a un elemento (il rubino per il fuoco, lo zaffiro per l’acqua, e via di questo passo), piuttosto che un legame con un particolare tipo di buff. Gli oculi possono poi essere combinati tra loro per creare versioni più potenti della stessa famiglia, oppure mescolati per ottenere gemme di colori nuovi. Purtroppo, la sperimentazione è l’unica via possibile, visto che il pannello di crafting ci indica il risultato di una combinazione, ma non quali siano gli effetti una volta che avremo incastonato la nuova gemma in uno dei tre slot. Fortunatamente, gli oculi già assegnati possono essere rimossi senza problemi, così da essere donati a qualche altro membro del party o sfruttati in fase di crafting. Non è un caso che qualche riga fa io abbia parlato di elemento determinante: un personaggio senza addosso gli oculi giusti è destinato a fare una fatica boia in combattimento, se non addirittura a lasciarci le penne.

Da vedere è proprio un sogno, non trovate?
Da vedere è proprio un sogno, non trovate?

CHILD OF SHADOW
Veniamo ora alle note dolenti, che sono poche, ma che qualcuno potrebbe trovare fastidiose a tal punto da disturbare l’esperienza in modo determinante. Il difetto più grave di Child of Light è l’essere poco chiaro nei confronti del giocatore. Talvolta si capisce cosa vuole il gioco da noi, ma non il come questo debba avvenire. In alcune quest secondarie, poi, si arriva addirittura a non comprendere quello che ci viene chiesto di fare, salvo poi imbattersi quasi per caso nello step successivo, magari mentre si sta facendo altro. Child of Light è un titolo non proprio lineare e che richiede un certo backtraking; questo significa che la soluzione a un problema potrebbe essere a portata di vista, così come coinvolgere personaggi o situazioni distanti. Non dico che avrei gradito a schermo una freccia luminosa che mi indicasse costantemente la via, per carità; tuttavia, una maggior chiarezza nell’esposizione delle quest avrebbe giovato non poco e mi avrebbe impedito di perdere tempo a girovagare a tentoni.

Un altro piccolo problema è legato all’uso degli oculi. Al di là della necessità di sprecare gemme per scoprire gli effetti della loro mescolanza, ho trovato scomodo non poter agire sul loro posizionamento in battaglia. Talvolta, difatti, mi è capitato di avere un personaggio inutilizzabile perché vestito di oculi affini all’elemento di una creatura avversaria. Certo, una volta intuiti quali tipi di nemici sono presenti in una determinata zona ci si adegua di conseguenza (a patto di avere gli oculi giusti, s’intende), ma più di una volta mi sono trovato a desiderare di poter cambiare l’assetto delle gemme durante la battaglia, anche sprecando un turno.

Child of Light, per quello che costa, offre un’esperienza tutto sommato longeva. Per terminare il primo giro ci vogliono una dozzina abbondante di ore, cui si aggiunge lo sblocco della classica Plus per un secondo valzer. Nonostante la potenza della direzione artistica e la qualità generale abbastanza alta, la reiterata proposizione di certi schemi e il ritmo più che compassato non invogliano a lunghe sessioni di gioco. Child of Light, insomma, è un titolo da godere a piccoli sorsi e non da ingurgitare alla goccia. Uomo avvisato…