ADR1FT – Oculus Rift Edition – Recensione

Dopo aver provato ADR1FT nella sua versione per PC ci siamo fiondati negli studi di Halifax a Milano per poter testare anche la versione per Oculus Rift, così da poter completare quella che è stata la nostra esperienza con uno dei primi titoli distribuiti per la versione retail della VR firmata Palmer Luckey. La premessa che mi sento di fare per questa recensione riguarda proprio l’approccio avuto con la VR in questa sede. La mia esperienza mi ha portato a soffrire di motion sickness soltanto in una occasione, che mi è stata giustificata e che ho accolto con un grande sospiro di sollievo, perché doversi ritrovare a soffrire ogni qualvolta ci si approccia con la VR avrebbe significato dover rinunciare a quello che è stato il passo in avanti più atteso di sempre nel mercato videoludico. Per il resto delle volte, insomma, Oculus Rift, così come HTC Vive e Samsung VR (che ho provato anche stando in piedi, senza stare necessaria adagiato su una sedia) non mi hanno mai creato alcun tipo di difficoltà, né portato alla nausea o altro. Inoltre c’è da aggiungere che tutti i modelli provati fino a ora non erano quelli retail, arrivati da pochissimo a disposizione di tutti, pertanto ero già abbastanza temprato dalle fatiche degli esperimenti e dei prototipi proposti negli ultimi anni: l’approccio, quindi, con quello che sarà l’Oculus Rift che arriverà nelle vostre case è stato piacevole. Il caschetto si riesce a infilare anche se indossate degli occhiali, come il sottoscritto, ma dovrete soltanto fare attenzione quando andrete a sfilarlo, perché le lenti si incastreranno nei solchi che dividono la gomma protettiva e le lenti stesse dell’Oculus: siamo dinanzi a un casco che è molto più leggero e più comodo di quelli testati in precedenza, così come le stesse cuffie riescono a fare bene il loro lavoro, dandovi un senso di isolamento acustico che basta a regalarvi un’esperienza immersiva, senza isolarvi necessariamente dal resto del mondo, che potrebbe essere nocivo per la vostra sicurezza. Grazie alla gomma citata poc’anzi, il visore si applica perfettamente al vostro volto e ha un alto tasso di aderenza, così da evitare che possa entrare qualche filtro di luce a inficiare la vostra esperienza finale. Terminata questa premessa sul prodotto, arriviamo ad ADR1FT.

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LOST IN SPACE

Vi ho specificato abbondantemente che non avendo mai sofferto di motion sickness con prodotti ben calibrati e ben realizzati, nemmeno ADR1FT mi ha dato difficoltà, ma è palese che in alcuni frangenti, essendo voi nei panni di un’astronauta che orbita a gravità zero intorno a oggetti svolazzanti potreste ritrovarvi a testa in giù o a roteare in maniera innaturale per il vostro cervello, che nel frattempo si sentirà saldamente con i piedi a terra. La vostra testa gira, insomma, ma il corpo no: è un problema al quale dovrete abituarvi e con il quale dovrete assolutamente fare qualche tentativo, perché può effettivamente dare fastidio. Dopo esser stati sballottati di qua e di là all’interno di un’astronave andata distrutta dopo una collisione spaziale, possiamo finalmente recuperare le nostre energie e andare alla ricerca di un appiglio per salvarci. La nostra tuta, il nostro scafandro, è stato ampiamente danneggiato, pertanto ci sono delle perdite di ossigeno che aumentano quando ci muoviamo in maniera brusca: l’obiettivo iniziale, pertanto, sarà quello di recuperare le bombolette di ossigeno che troveremo disseminate per il nostro percorso, abbastanza lineare e che non dà spazio a labirinti. Il movimento è, però, interamente adibito al controller che avremo in mano, un pad Xbox collegato al PC, il che vanificherà l’immersività del titolo: dal nostro scafandro, infatti, avremo la possibilità di vedere le nostre mani muoversi, ma in maniera incontrollata, se non grazie ai movimenti della telecamera. Va da sé che non è una pecca della VR, perché HTC Vive – che abbiamo avuto modo di provare in separate sedi, delle quali vi parleremo a breve, tra film e videogiochi – dà la possibilità di recepire i vostri movimenti, quindi resta un difetto che si fa sentire, che si accusa. In ogni caso l’esperienza non è eccessivamente inficiata da tale aspetto, perché scorre piacevole, dà la forte impressione di essere cullati dall’aria, che ci trasporta all’interno della nostra astronave distrutta, e ci fa avere un ottimo primo approccio con la realtà virtuale.

[quotedx]La vostra testa gira, insomma, ma il corpo no[/quotedx]

Definire ADR1FT un videogioco, però, sembra essere più che altro un azzardo. Ci troviamo dinanzi a un’esperienza diversa, a un simulatore di come è la vita nello spazio, rimanendo però seduti dinanzi al nostro PC. Per quanto i dettagli siano definiti, la luce riesca a irradiare tutto ciò che abbiamo intorno donandoci una sensazione di calma e di tranquillità, supportati dal candore del tantissimo bianco che ci circonda, l’interazione a volte con gli oggetti non è la migliore: raccogliere le bombolette di ossigeno è troppo automatizzato come gesto, rendendo spesso complesso anche il raggiungimento delle stesse, così come abbiamo notato qualche approssimazione nella realizzazione dei PC riprodotti con delle informazioni a schermo (leggere, tra l’altro, in un precario stato di nausea vi provocherebbe non pochi problemi) o delle piccole piante che attorniavano gli alloggi degli astronauti. In ogni caso vogliamo fugare qualsiasi tipo di dubbio, così come d’altronde fatto già nella nostra recensione per PC: ADR1FT non è un banale percorso lineare da attraversare, bensì un’astronave all’interno della quale ambientarsi e nella quale trovare soluzioni ai vostri problemi. Riparare la tuta, raccogliere SSD e inserirle nei giusti posti, attivare PC, entrare in stanze, cercare oggetti, sono tutte azioni che risulteranno essere necessarie ai fini della vostra esperienza. La visuale da FPS, supportata dal movimento della nostra testa, ci permetterà di avere a portata di occhio tutti i dettagli del nostro scafandro, a partire dal livello di ossigeno: c’è da dire, però, che mentre la nostra testa si muoverà, lo scafandro rimarrà completamente immobile, un aspetto che sicuramente va a intaccare quella che sarà l’esperienza definitiva del movimento in sé, ma che rappresenta in ogni caso una rappresentazione fedele di quella che è la vita all’interno di una tuta da astronauta o da palombaro. Quindi l’esperienza sarà diversa dalla VR cui siamo abituati, ma è fedele a quello che ci vuol essere trasmesso dagli sviluppatori.

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