Ultimo giro di impressioni, prima del walzer finale.
Come promesso prima delle festività natalizie, è il momento di aggiungere qualche ulteriore impressione sul codice anteprima di BioShock 2 che ci è stato gentilmente fornito da 2K e che ho avuto modo di spolpare per bene in questi primi vagiti del 2010. Il tutto è accaduto mentre in redazione sta già girando la versione finale utile per la recensione che potrete leggere tra poco meno di un paio di settimane, visto che il gioco sarà sugli scaffali il prossimo 9 febbraio.
In realtà non è che ci sia molto da aggiungere a quanto detto in precedenza nelle molteplici anteprime che vi abbiamo proposto nei mesi precedenti, questo a meno di non volervi rivelare passaggi chiave della trama. Non è certo mia intenzione rovinarvi una delle esperienze di gioco più belle e interessanti del 2010 e quindi mi limito a segnalarvi qualche particolare secondario che comunque riveste una certa importanza ai fini del gameplay. Penso, ad esempio, alla presenza di una cinepresa, fruibile già dopo un paio d’ore di gioco, che ha la stessa funzione della macchina fotografica nel primo BioShock, vale a dire acquisire maggiori informazioni sui nemici che popolano gli antri più reconditi di Rapture così da essere più efficaci negli attacchi che porteremo loro mano a mano che la storia si dipana.
L’impressione generale è che sia stato tarato un po’ più verso l’alto il livello di difficoltà rispetto al predecessore. I combattimenti con le Big Sister appaiono un tantinello più impegnativi se paragonati a quelli contro i paparini del primo capitolo. D’altronde, si sa che quando le donne decidono di menare è sempre meglio tenersi a debita distanza. Oltretutto, se possibile, la sensazione claustrofobica della Rapture prima maniera si rafforza sempre più proseguendo nell’avventura. In BioShock 2, difatti, il giocatore viene preso per mano dal gameplay e immediatamente gettato nelle zone calde della città subacquea, per poi essere accompagnato poco alla volta verso un pathos più cupo e ricco di lugubri sentori.
Infine, pur affrontando zone dal concept artistico leggermente diverso rispetto ai primi tre livelli di cui vi ho parlato in precedenza, nel prosieguo dell’avventura il comparto tecnico resta sempre all’altezza della situazione, ricalcando comunque in modo massiccio quello che l’Unreal Engine 2.5 ha mostrato al mondo due anni e mezzo or sono. Sentimento ed emozione sono sempre presenti, ma qualche scricchiolio sulle spalle si comincia a sentire nelle giunture: l’acqua, si sa, alla lunga porta ruggine, ma queste considerazioni sono premature e lascio volentieri la parola a chi si occuperà della recensione al momento opportuno.