Everspace – Recensione di uno scontro tra roguelike e nubi di plasma

Everspace

Cosa succede quando, senza carburante e con il supporto vitale ridotto al minimo, si è condannati ad una lenta agonia nel vuoto dello spazio? Beh, un’idea me la sono fatta giocando Everspace, ultima fatica di Rockfish Games, e lasciatevelo dire: non succede niente di buono. Senza altri indugi, dopotutto ho imparato come il tempo sia un fattore determinante per la sopravvivenza, vi invito a impostare la rotta e seguirmi in questo balzo nell’iperspazio. Vedrete meraviglie (e non esagero), e ci saranno pericoli. Ma tranquilli, avete un buon pilota!

Everspace

Un gameplay essenziale, quasi brutale

Non aspettatevi lo spazio asettico e quasi domato di Star Trek. Qua non avremo a che fare con FerengiKlingon, ma con esseri ancora più spietati e meschini: le multinazionali dedite all’estrazione di risorse nei campi di asteroidi. Guidate dal solo profitto come bussola morale, queste corporazioni faranno di tutto per spazzarvi via dai cieli. Fortunatamente potrete contare sulla vostra fida astronave, alla quale avanzando (e molto, purtroppo) nel gioco potremo effettuare vari upgrade che coinvolgeranno i sistemi offensividifensivi, per renderla competitiva e aumentare le nostre chance di sopravvivenza. La trama del gioco è molto semplice, quasi banale e a tratti soporifera, raccontata da alcune cutscene statiche che fanno da intermezzo ai vari livelli. Eviterò gli spoiler, come di consueto, ma in soldoni impersoneremo un pilota spaziale preda di un amnesia, impegnato a fuggire, saltando di portale in portale, da un’orda di alieni sulle sue tracce. Le varie cutscene d’intermezzo ci daranno, tra un livello e l’altro, la possibilità di scoprire di più sul nostro passato e sui motivi che ci stanno spingendo a questa rocambolesca fuga. Fuga che, appunto, dovremo compiere a bordo di una navicella armata, unica nostra difesa contro le minacce che ci circondano. Il gunplay, basato su due armi (una primaria e una secondaria) che potremo scegliere ed equipaggiare dalla vasta gamma di strumenti di morte presenti in Everspace, è imperniato sull’uso di armi atte a distruggere gli scudi dei nostri nemici e altre più adatte a cagionare danni diretti allo scafo delle navicelle avversarie. Non il top, sicuramente, magari la possibilità di avere una terza arma o alcune abilità attive per sopperire all’iniziale gap nei confronti dei nostri avversari sarebbe stato meglio, ma di sicuro una piccola nota che contribuisce a rendere il gameplay un po’ più immersivo e divertente.

Everspace

Com’era quella cosa dei bastioni di Orione?

Ecco, questo mi ha colpito particolarmente di Everspace. La profondità, la vastità e la desolazione, per certi aspetti, del mondo di gioco. Strettamente diviso in settori generati proceduralmente e di limitata vastità, interconnessi tra loro da alcuni portali che dovremo oltrepassare per procedere nella trama del gioco, lo spazio presentato nel titolo di Rockfish è più che convincente e pieno di vere e proprie meraviglie create grazie alla potenza e versatilità di Unreal Engine. Campi di asteroidi circondati da tempeste di plasma, enorme e sinistri relitti completamente esplorabili, lune e satelliti e planetoidi: tutto è convincente e un vero e proprio spettacolo per gli occhi. Rockfish non si è risparmiata, cercando di proporre al giocatore un’esperienza immersiva (il supporto a Oculus RiftHTC Vive, inoltre, promette di rendere ancora più spettacolari le sessioni di gioco) e quanto più fedele ad una vera e propria escursione tra le stelle. Lo spazio sembra quasi vivo, con colori sgargianti e un ottimo sistema di illuminazione, l’unica pecca che si possa trovare al mondo di gioco è, forse, un orizzonte un po’ troppo ravvicinato che va in parte a minare l’illusione di trovarsi in una nube cosmica.

Everspace

Roguelike… parliamone

Everspace si presenta come uno shooter spaziale con meccaniche roguelike. Si e no. Intendiamoci, riesce ad essere incasellato in questa definizione, ma al tempo stesso le meccaniche di gioco sono differenti da qualunque altro titolo del genere. Innanzitutto, il permadeath. Esiste, c’è, e ha i suoi effetti che, però, non sono così deleteri come può apparire. La progressione del gioco, infatti, è distinta in due diversi rami che, a mio avviso, più che premiare l’effettiva capacità del giocatore vanno ad omaggiare la sua testardaggine. Se da un lato la morte comporterà la perdita dei nostri equipaggiamenti, costringendoci a ricominciare quasi da zero, dall’altro avremo la possibilità di sbloccare una serie di abilità permanenti che renderanno molto semplice, una volta raggiunta una certa confidenza con il titolo, recuperare quanto perso. La cosa ha un senso, vista l’elevata difficoltà del titolo che di certo non è tra i più amichevoli per i giocatori neofiti, nonostante un buon sistema di comandi sia su PC che, tramite pad, su home console. Un’altra ventata d’aria fresca nel panorama degli shooter la troviamo nel combat system: decisamente molto articolato, con decine di possibili varianti e un numero imprecisato di minacce riesce a rendere unica (complice anche la già citata generazione procedurale dei vari livelli e nemici) ogni partita. Purtroppo la difficoltà, che ho definito elevata, a volte è addirittura frustrante, specialmente tenendo conto che prima di poter rendere competitiva la nostra astronave (ce ne sono in tutto tre, che si differenziano per pesocapacità offensive e difensive velocità) e riuscire ad adattarla al nostro stile di gioco occorreranno alcune ore per accumulare i crediti necessari ai vari upgrade. Se sommate questo fattore al già citato permadeath, avrete un quadro ben preciso di cosa intendo per “frustrante”. Almeno per le prime sei o otto ore di gioco tutto quello che potremo effettivamente fare sarà una sorta di farming intelligente, raccattare risorse e crediti qua e la’ mentre cerchiamo di raggiungere, possibilmente in silenzio e senza farci notare, il prossimo portale. Peccato, perché, oggettivamente, questa forzatura rischia di allontanare molti giocatori, specialmente quelli meno pazienti.

Everspace

Tecnicamente buono, ma c’è il trucco

Eh si, tecnicamente Everspace è un vero e proprio gioiellino: frame rate stabilissimogiochi di luce ben studiati e ottimamente resi, effetti particellari quasi al limite del realismo. Tutto sembra buono, in linea di massima, e sicuramente una spanna sopra a molti altre produzioni del genere. Purtroppo, però, questo è reso possibile non solo dall’ottimo lavoro di Rockfish (diamo a Cesare quel che è di Cesare!) ma anche dalla natura stessa del mondo di gioco che, nonostante sia colorato e ci faccia balenare davanti agli occhi una miriade di pianeti sospesi come invitanti caramelle su sfondi di rara bellezza, è effettivamente vuoto. E questa vuotezza, nonostante i benefici portati all’impianto grafico in primis, è forse il peggior tallone d’Achille di Everspace. Come dicevamo, i livelli sono generati proceduralmente, su base casuale e sono di dimensioni contenute. Questo rende il gioco, dopo le prime ore, una sorta di costante déjà vu, cosa che mi ha portato a perdere presto interesse per i fantastici paesaggi e ritrasportato bruscamente nella realtà. Per contro, nota sicuramente positiva, i modelli delle astronavi, dei vari porti stellari, degli stessi asteroidi e relitti che andremo ad esplorare sono decisamente di alta qualità e, per quanto concesso ai limiti della fantasia, credibili. Concluderei questa piccola analisi tecnica con una menzione d’onore per l comparto sonoro, che non è stato affatto trascurato e anzi, è uno dei capisaldi del titolo.

Everspace ha dalla sua un grande potenziale, è un titolo che per un appassionato del genere roguelike è quasi un must have.  Purtroppo, nonostante l’ottimo lavoro di Rockfish e la fantastica ottimizzazione da parte del team di sviluppo di Unreal Engine, il titolo ha dei palesi difetti che minano in parte l’esperienza di gioco. Vedere certi paesaggi, in ogni caso, vale da solo il prezzo del biglietto di questa particolare giostra. Se permadeath, possibile frustrazione, invocazioni a divinità varie e un senso di déjà vu nei paesaggi non sono cose che vi preoccupano, Everspace dovrebbe entrare di diritto nella vostra collezione.
Gamer dal 1990, complice un NES è diventato un essere mitologico, metà uomo metà pad. Nato per partenogenesi dal dio Chaos, si narra che nel suo pizzetto viva un troll viola del tutto simile a Trevor Phillips. Tra una sessione di gaming e l'altra è riuscito a procreare e la stirpe, sorprendentemente, è umana. Sincero, arrabbiato e politicamente scorretto, ama Halo alla follia, tanto da chiamare la figlia Cortana.