Willy Morgan: se amate Monkey Island, ecco il titolo da attendere!

Willy Morgan and the Curse of Bone Town

C’è stato un tempo, a cavallo degli anni ‘80 e ‘90, in cui uno dei generi videoludici più in voga era proprio quello delle avventure grafiche, capaci di immergerci in ambientazioni fantastiche disegnate da artisti del calibro di Steve Purcell, Gary Winnick, Mark Ferrari e Peter Chan e poi trasposte pixel per pixel sui monitor dell’epoca, la cui fruibilità era possibile alle macchine di tutte le fasce grazie alla loro scarsa esigenza in termini di risorse informatiche rispetto ai titoli più orientati verso l’azione. Sierra e Lucasfilm Games, in seguito ribattezzata LucasArts per meglio distinguerla dalla casa cinematografica di George Lucas, erano le due “superpotenze” che si contendevano le attenzioni del pubblico a suon di punta e clicca dalla qualità visiva elevata, mentre Infocom era rimasta l’unica aggrappata alla tradizione delle sobrie interfacce testuali con parser più o meno limitati di comandi da digitare. Lo stile caratteristico della LucasArts, che dagli scenari grossomodo realistici di Maniac Mansion, Zak McKracken and the Alien Mindbenders e The Secret of Monkey Island passò alle architetture decisamente più eccessive e strampalate di Day of the Tentacle, sequel del summenzionato Maniac Mansion, Sam & Max Hit the Road e The Curse of Monkey Island, rimaste impresse a fuoco vivo nei ricordi degli appassionati, è stato preso come punto di riferimento da molti altri sviluppatori nel corso degli anni che hanno di conseguenza realizzato le loro declinazioni personali sul tema con alterne fortune, basti pensare alla saga di Runaway degli spagnoli Pendulo Studios o a quella di Deponia della tedesca Daedalic Entertainment. Tornando indietro di qualche rivoluzione terrestre, credo fosse il 2016 o il 2017, mi ricordo di uno Svilupparty al quale partecipò un gruppetto di ragazzi veronesi, gli Imaginarylab, con pochissimo da mostrare ma un sacco di idee ben chiare in testa, ossia quello di rinverdire i fasti delle migliori opere firmate Dave Grossman e Tim Schafer con un gioco che attinge a piene mani dall’estetica delle interactive fiction della compianta casa editrice (la Disney ne chiuse i battenti nel 2013, dopo averla acquisita l’anno precedente), proponendosi di regalare ai piccoli e grandi nostalgici un’esperienza intrisa di scenari bislacchi, personaggi carismatici, enigmi cervellotici e forse, da qualche parte, un pollo di gomma con una bella carrucola nel mezzo!

Willy Morgan and the Curse of Bone TownHmm. E’ rimasto solo un pastello giallo.

Willy Morgan è un adolescente come tanti con due genitori un po’ meno ordinari della media: il padre è infatti il celebre archeologo Henry Morgan, che con l’omonimo filibustiere vissuto nel XVII secolo non condivide soltanto l’appellativo di battesimo ma anche, almeno a quanto si dice, una buona porzione dell’albero genealogico. Purtroppo, Henry è scomparso in circostanze misteriose una decade fa, e la madre si è occupata di portare avanti la famiglia ripercorrendone le orme, forse in cerca delle risposte che non ha mai avuto dalla polizia, e così il ragazzo ha imparato alla svelta a cavarsela da solo nelle situazioni più disparate, pur restando obbediente alle regole imposte dalla madre quando quest’ultima deve assentarsi per lavoro. Tuttavia, la routine quotidiana di Willy viene stravolta per sempre quando il postino recapita in casa Morgan una vecchia lettera scritta proprio dal genitore latitante, nella quale lo stesso gli chiede di recarsi a Bone Town per scoprire la verità circa la sua sparizione e il mistero che avvolge la remota cittadina. Come già ampiamente spiegato, Willy Morgan and the Curse of Bone Town è un perfetto esemplare di avventura grafica controllata interamente via mouse, con il cursore che permette di osservare e interagire con gli oggetti di scena a seconda del tasto premuto e un ampio inventario che ci consente sia di tenere traccia di quanto raccolto che di accoppiare i nostri possedimenti in modi e maniere spesso opinabili, ma comunque utili alla risoluzione dei rompicapo più cervellotici. Il comparto grafico è un tributo eccellente ai tempi d’oro della LucasArts, e la stessa villetta dei Morgan, l’unica location cui abbiamo accesso nel corso di questa breve dimostrazione, è stracolma di decorazioni e suppellettili che strizzano l’occhio agli estimatori dei grandi classici del genere con citazioni più o meno esplicite, fra le quali spicca l’ormai leggendario gattorologio di Zak McKracken, contenute anche all’interno dei dialoghi (per il momento, monologhi) come il commento di Willy relativo alle abitudini di certe persone che adorano infilare creaturine pelose all’interno dei forni a microonde, riferimento alla possibilità che avevamo in Maniac Mansion di far esplodere in tal modo il criceto di uno degli antagonisti, cosa che provocò non pochi mal di pancia ai censori dell’epoca.

Willy Morgan and the Curse of Bone TownEro capitano della squadra universitaria di cravatte

La demo di Willy Morgan and the Curse of Bone Town riesce a mettere in luce tutte le potenzialità del titolo ancora in fase di gestazione, il cui rilascio sembra comunque fissato entro la fine del 2020: oltre alle innumerevoli allusioni, gli ostacoli presentati hanno tutti una certa logica attinente al bizzarro ma in un certo senso coerente mondo di gioco, e richiedono soltanto un pizzico di riflessione piuttosto che lo sciagurato approccio a tentativi molto in voga nelle avventure targate Sierra. E’ pur vero che Imaginarylab ha il compito di dimostrare in quale misura il medesimo buon senso verrà applicato a tutti gli altri indovinelli che si frapporranno tra noi e la conclusione delle peripezie di Willy ma, se il buongiorno si vede dal mattino, possiamo tranquillamente aspettarci una difficoltà ben calibrata e lontana da quella stramaledettissima capra che ha infestato gli incubi di quanti hanno giocato all’originale Broken Sword. Inoltre, la presenza di una comoda scorciatoia per identificare i punti interattivi all’interno delle schermate riduce di molto la consueta “caccia al pixel” con cui i veterani sono stati svezzati in passato (e per la quale maledicono ancora le pur validissime produzioni della Delphine Software… vero, Future Wars?). L’unico appunto che mi sento di dover muovere va all’eccessiva “pulizia” degli oggetti tridimensionali che, al contrario dell’ottima caratterizzazione del personaggio principale, fa perdere un po’ di quell’effetto fumettoso tanto ricercato, e un certo riciclo degli asset (il telaio della bicicletta di Willy, ad esempio, è identico alle sbarre ai piedi del suo letto) che potrebbe rappresentare un problema se reiterato troppo spesso, ma si tratta proprio di andare a cercare il proverbiale pelo nell’uovo… l’importante è che l’avventura completa risulti tanto divertente quanto questo striminzito prologo, e devo ammettere che le premesse per un viaggio indimenticabile nei trascorsi pirateschi della famiglia Morgan ci sono proprio tutte!

https://youtu.be/ZuHxooiHXs8

Gioca da quando ha messo per la prima volta gli occhi sul suo Commodore 64 e da allora fa poco altro, nonostante porti avanti un lavoro di facciata per procurarsi il cibo. Per lui i giochi si dividono in due grandi categorie: belli e brutti. Prima che iniziasse a sfogliare le riviste del settore erano tutti belli, in realtà, poi gli è stato insegnato che non poteva divertirsi anche con certe ciofeche invereconde. A quel punto, ha smesso di leggere.