Quando per la prima volta ho avviato Partisans 1941 sul mio PC ho pensato a una vecchia foto in bianco e nero che ho visto una volta in un libro. Una foto scattata a Mosca il 23 agosto 1939. Non è certo un’immagine famosa, anzi, è una banale foto di stato scattata durante una di quelle cerimonie tra politicanti in cui tutti si esibiscono nel sorriso più finto possibile. Eppure la cerimonia di questo scatto non era esattamente qualcosa di trascurabile: era la firma del patto Molotov-von Ribbentrop. Nell’immagine, al centro, c’è Vjaceslav Molotov, Ministro degli Esteri sovietico, intento a firmare il trattato di non aggressione tra l’Unione Sovietica e la Germania nazista. Dietro di lui, biondo e altero, con lo sguardo rapace e le fredde labbra serrate, Joachim von Ribbentrop osserva la scena, teso. E al suo fianco c’è un uomo in divisa bianca, con un prodigioso paio di baffoni scuri, che si gusta la scena con aria a metà tra il soddisfatto e il divertito e un sorriso sornione sulle labbra. Quell’uomo era Iosif Vissarinovic Dzugasvili, che forse vi risulterà più familiare con il nome che lo ha consegnato alla storia: Stalin.
Sono passati più di 80 anni da quello scatto ben poco famoso, eppure così stranamente profetico, e con il senno di poi fa un po’ strano avviare sul proprio PC un gioco sviluppato da un neonato developer russo come Alter Games ma pubblicato da un’azienda tedesca come Daedalic Entertinment. Ed è anche più strano che quel gioco sia ambientato nel 1941, l’anno in cui, dando il via all’Operazione Barbarossa, la Germania di Hitler invase l’Unione Sovietica di Stalin, violando quel patto di non aggressione stipulato soltanto per prendere tempo e in cui nessuno aveva mai veramente creduto. La Whermacht avanzò risoluta in territorio sovietico, conquistando terreno in pochi mesi e arrivando alle porte di Mosca e Leningrado. Ed è proprio a questo punto che inizia l’avventura di Partisans 1941 e dei suoi incredibili protagonisti.
Partisans 1941: tratto da una storia ver(o-simile)
Ci vuole certamente coraggio a fare il proprio esordio nell’industria videoludica con un ambizioso gioco strategico pieno zeppo di elementi stealth, ma evidentemente alla Alter Games non piace fare le cose facili. La storia alla base di Partisans 1941 è coinvolgente, longeva, godibile e soprattutto, pregio raro tra i videogiochi di ambientazione storica, plausibile (anche se il messaggio all’inizio del gioco tiene a precisare che tutti i fatti sono frutto della fantasia degli autori). Impersonando il capitano Alexey Zorin, veterano della Guerra d’Inverno tra Unione Sovietica e Finlandia preso prigioniero dai tedeschi durante l’invasione, dopo esserci liberati ed essere fuggiti dal campo di prigionia, prenderemo il comando di un piccolo manipolo di uomini coraggiosi, che si arricchirà piano piano di nuovi personaggi, e intraprenderemo il difficilissimo compito di rallentare l’avanzata nazista grazie ad azioni di guerriglia e sabotaggio. Imprese piccole, all’inizio, come la distruzione di un carro armato, o l’avvelenamento di una scorta di cibo destinata alle truppe d’invasione, che però, come ricorda il nostro esperto ed eroico capitano ai suoi ben più giovani compagni, possono salvare molte vite sul campo di battaglia.
Partisans 1941 pone il giocatore di fronte a tanti compiti diversi, nessuno dei quali può essere considerato meno importante degli altri. Al di là degli aspetti stealth, che vedremo più avanti, il gioco ci mette di fronte alla necessità di organizzare una tattica in tempo reale, coordinando una squadra e piazzando i nostri effettivi nel modo migliore possibile per vincere senza subire troppi danni e utilizzando meno munizioni possibile. Massimo risultato con il minimo sforzo. Inoltre, alla fine di ogni azione, si tornerà al campo base, che deve essere manutenuto, allargato, dotato di nuove strutture, senza mai dimenticare che i nostri partigiani, pur seguendo una dieta frugale, devono comunque mangiare. Per questo è importante saper gestire le risorse, ricordarsi di raccogliere cibo, e fare particolare attenzione a quanto spazio abbiamo a disposizione nel nostro zaino quando andiamo in missione. Più risorse riusciamo a riportare indietro, meglio sarà.
Combattere nell’ombra
Insomma, Partisans 1941 è una simulazione che cerca di avvicinarsi quanto più possibile alla realtà, sia nella gestione del nostro gruppo di partigiani che, soprattutto, nel combattimento. Al di là dell’aspetto tattico infatti (che nelle difficoltà più basse è facilitato dall’uso di una visuale dedicata nella quale il tempo è rallentato appositamente), e del coordinamento dei nostri effettivi, dovremo occuparci anche dell’addestramento e del miglioramento delle abilità dei nostri personaggi. Via via che guadagneremo esperienza infatti potremo assegnare dei punti su un albero delle abilità che ci permetterà di migliorare tutte le nostre skill di combattimento e di guerriglia, diventando delle macchine da guerra sempre più efficaci contro i nazisti. Il tutto, rimanendo il più possibile nascosti nell’ombra.
Perché il combattimento stealth, la capacità di muoversi senza essere visti, spesso è molto più importante che saper combattere. La vera difficoltà insita in Partisans 1941 sta proprio qui: saper scegliere quando combattere e quando invece sviare, ingannare, nascondersi o scappare. Perché i nemici sono tanti, e il rumore di uno sparo o di un’esplosione potrebbe attirarvi addosso delle attenzioni indesiderate. Non è un caso che, nella missione introduttiva della storia, una delle prime cose che il gioco ci insegna, insieme alle uccisioni silenziose con il coltello e all’importanza di nascondere i cadaveri, è sfuggire a una pattuglia nemica utilizzando come diversivo una semplice pietra.
I partigiani al nostro comando si pongono un po’ a metà tra i gruppi specializzati della serie di Commandos (a cui il titolo, ca va sans dire, si ispira largamente) e i tarantiniani “Bastardi” che agiscono agli ordini di Aldo Raine, con la sola differenza di essere russi e di combattere sul fronte orientale. Ben presto guidarli nelle nostre azioni di sabotaggio e coordinarli per attaccare un’altra colonna di rifornimenti tedeschi diventerà un irrinunciabile piacere, di cui non riuscirete più a fare a meno.
Sulle note di una balalaika
Tra gli aspetti più sorprendenti di questo interessantissimo strategico c’è sicuramente la resa grafica, tanto dei paesaggi e delle mappe quanto dei personaggi. Infatti, anche se in genere titoli simili si concentrano maggiormente su altri aspetti, le ambientazioni sono rese in modo molto realistico, con un livello di dettagli sbalorditivo. Le ombre, i movimenti delle foglie degli alberi e dei cespugli, le strutture degli edifici sono tutti molto credibili, e le animazioni dei personaggi sono fluide e piacevolissime da vedere, con dei movimenti molto realistici in ogni tipo d’azione. Ovviamente era impossibile chiedere la perfezione, e per questo l’inventario diventa una fredda e anonima griglia dove poggiare delle sagome abbastanza stilizzate degli oggetti che ci servono, e che occupano spazio a seconda della loro forma e del numero di quadratini che coprono. Una soluzione non esattamente elegante, ma comunque funzionale e intuitiva.
Ma il vero punto di forza, almeno a mio modesto parere, sta nell’accompagnamento musicale, e anzi, più in generale, nel comparto sonoro. Gli effetti dell’ambiente, come il cinguettio degli uccelli, il rumore del vento, le voci in lontananza, aiutano la grafica a regalarci un’esperienza molto realistica, e si integrano perfettamente a una colonna sonora sempre azzeccata e intrigante, che ha il suo vero punto di forza nella dolce musica tradizionale russa che accompagna i momenti di pace e riposo al campo, tra una missione e l’altra. I toni struggenti della balalaika sembrano cullare noi insieme ai personaggi, parlandoci di un sentimento che sa di malinconia, ma anche di tranquillità. Un’altra scelta felice del sonoro sarebbe l’uso delle lingue originali nel doppiaggio dei personaggi, per cui tutti i sovietici parlano russo, mentre tutti i nazisti parlano tedesco. Purtroppo però la storia (e soprattutto le istruzioni per ogni missione!) sarebbe per noi incomprensibile se giocata in questa modo, e il doppiaggio inglese finisce per togliere un po’ di magia al tutto, appiattendo la personalità fieramente sovietica dei protagonisti sul loro accento anglosassone. Un piccolo peccato.
I controlli sono rapidi, intuitivi ed essenziali, in perfetta interazione e integrazione tra tastiera e mouse, e ci permettono di scorrere la mappa velocemente e in modo efficace, ruotandola a nostro piacimento e zoomando con precisione sui particolari più interessanti, e soprattutto garantendoci tutto il dinamismo necessario a gestire i concitati momenti delle battaglie.
In conclusione, Partisans 1941 è un titolo molto più che interessante, accattivante nelle sue premesse, assuefacente nel suo gameplay, pronto a catapultarci all’interno di una storia non esattamente mainstream, e prendendosi anche la libertà di trasmetterci qualcosa d’istruttivo durante l’esperienza videoludica. Un ottimo titolo, al netto di alcuni bug che sono comunque in fase di risoluzione, che nel genere dei tactical-stealth-game potrà certamente dire la sua. Se la Russia e la Germania avevano intenzione di dimostrare che dai loro accordi non nascono soltanto disastri come il patto Molotov-von Ribbentrop, beh, questo gioco è la risposta giusta!