Saints Row Recensione: gioie e dolori di un vero Boss

Saints Row Recensione

Leggendo questa recensione di Saints Row, che ho giocato con piacere su PS5, potreste… storcere un po’ il naso. Vi capisco. L’ho storto anche io, del resto, accorgendomi di quanto mi stessi divertendo con il titolo a dispetto dei difetti, principalmente tecnici, che affliggono un gioco altrimenti divertentissimo. Il fatto è che la software house Volition ha voluto alzare di molto il livello di difficoltà, progettando il titolo. Saints Row è infatti un’operazione di reboot ideata con l’intento duplice e apparentemente discorde di “svecchiare e ricordare”; indispensabile dopo un terzo capitolo, Saints Row the Third (2011), e un quarto, Saints Row 4 (2013), che non avevano accontentato i fan storici del tutto. Per non parlare di Saints Row: Gat out of Hell (2015) espansione standalone del capitolo IV ancora più over the top. Insomma, pur deludendo in parte i veterani, i nuovi capitoli esplosivi avevano comunque interessato nuove leve con un livello “over 9000” di spensieratezza e follia. Ma avevano finito per diventare “troppo caciaroni” per una serie che non era nata con l’idea di parodizzare. E che aveva finito per scegliere questa via per non farsi accusare di plagio dai fan di Grand Theft Auto

E allora, per ricostruire dalle fondamenta il sandbox-shooter inevitabilmente divenuto rivale di GTA, sembra evidente che si sia partiti, con lucida consapevolezza, dal “periodo d’oro” in cui tutto andava meglio (pare) per l’antieroe protagonista: il/la Boss. Senza viaggiare troppo nel passato in realtà, arrivando giusto un capitolo prima dei succitati: quindi, ripartendo da Saints Row 2 (2009). Gioco da cui il Saints Row next gen eredita anzitutto, in parte, un’impostazione meno no-sense (ma non seria, né tanto meno realistica, sia chiaro). Ma non solo. Difatti, la rivalità, ormai volontaria, con l’immortale capolavoro di Rockstar permane evidente nella natura affine delle due produzioni. Che sono, infatti, entrambe basate sul Sandbox, e ambientate in un contesto di malavita metropolitana. Tuttavia, forse proprio per evitare confronti al di là della scaramuccia storica, Saints Row torna, e in un certo senso rimane, “Saints Row” grazie a un forte colpo di reni identitario. Che rafforza la componente narrativa, e la struttura a missioni sparatutto ben distinte, ma strettamente collegate tra loro. E che conserva la deriva parodistica quel tanto che basta per dare carattere ulteriore e unicità al gioco. Peccato che, nel frattempo, come vi ho già anticipato all’inizio perda qualche bullone di troppo lungo il tragitto. 

Saints Row Recensione

Saints Row: B sta per Boss…

Immediatamente dopo un breve filmato introduttivo, Saints Row ci introduce all’elemento cardine del titolo: la schermata di personalizzazione del nostro/della nostra protagonista. Un antieroe, per tradizione, Boss di un clan della malavita organizzata con i tentacoli immersi in varie e numerose attività criminali. Come e più che in passato, tale schermata farà la felicità dei creatori più fantasiosi, che avranno tra le mani un personaggio duttile teoricamente privo di sessualità definita a prescindere. Starà a noi stabilire se far utilizzare a chi ci interpellerà pronomi maschili o femminili, e con quale tonalità di voce far rispondere il nostro Boss. Tuttavia, restando in tema vocale, manca l’opzione per scegliere il pitch vocale (la tonalità, in breve) personalizzato (presente in precedenti capitoli). Probabilmente per non sprecare il duro lavoro (in inglese) degli ottimi doppiatori scelti per caratterizzare tutti i personaggi; compresi, quindi, i Boss “maschile” e “femminile” e le loro voci rispettive.

In compenso, tutte le “dimensioni” del fisico sono personalizzabili (capite cosa intendo vero?) anche massimizzandole o minimizzandole tutte contemporaneamente (continuo a girare intorno al concetto esplicito, ma di nuovo, capitemi). Per farmi essere più esplicito, per farmi “sbottonare”, diciamo che dovreste agire come potete fare nel menù di Saints Row; disattivando il filtro “pudicizia” e liberando il/la Boss della biancheria intima. Curiosoni! Infine, in linea con altri progetti recenti quali Forza Horizon 5, per fare un esempio pluripremiato dell’anno scorso, il/la Boss possono anche essere dotati di varie protesi; in nome dell’inclusività, certo, e nel pieno rispetto del tema trattato anche in un contesto parodistico come quello di Saints Row. Ma anche, semplicemente, per dare un tocco di “vissuto” in più a un personaggio che non fa certo della prudenza il suo concetto guida. 

Saints Row Recensione

…per Buona caratterizzazione…

Posto che, lo avrete capito, la personalizzazione del/della protagonista è ottima, sappiate che anche il design dei comprimari non giocabili e degli npc in generale è di buona qualità. Il team di studenti che per sbarcare il lunario decidono di formare la banda dei 3rd Street Saints (occhiolino per i veterani) e mettere a ferro e fuoco (soprattutto fuoco in realtà) l’area di Open World della città di Santo Ileso è variopinto e ben diversificato. Un gruppo ben assortito di criminali “divertenti”, ma non caricaturali o in continuo over acting alla Harley Quin, per intenderci. E il rischio c’era, tornando con il pensiero a Saints Row The Third. In questo Saints Row, invece, le vicende messe in scena sono decisamente meno esagerate e supereroistiche. In equilibrio sul filo “dell’appena assurdo” proprio come i primi Saints Row ci avevano abituato. Qualche scena da Captain America, in realtà, c’è, ed è evidente che gli sceneggiatori si siano davvero divertiti a distribuirle con parsimonia nei momenti clou. Ma è proprio la suddetta parsimonia a impreziosirne la presenza, rendendole più di “un’altro momento assurdo dove cavalchiamo un razzo, dopo aver domato una tempesta di fulmini, dopo aver nuotato a 400mt sott’acqua senza bombole”. Piuttosto, sono quelle scene dove pensi “che figo!”. Sogghignando un pochino mentre un personaggio che guida un’auto d’epoca usa un cartellone pubblicitario come rampa per scappare dalla polizia. Soddisfacenti, ecco come sono queste scene. 

…ma anche per bug

Battuta della recensione a parte sulla lettera B là dove Saints Row si scontra con l’amara realtà (e con il suo essere cross-gen) è sul piano tecnico. Nella maggior parte dei casi, a essere onesti, non si tratta nemmeno di veri e propri Bug; piuttosto, potremmo parlare di “lato tecnico impreciso”. Qualche pop-up a sorpresa ogni tanto c’è, ahimè, e con lui anche delle collisioni non proprio precisissime dovute a determinati hitbox definiti con troppa imprecisione. Fastidiosi principalmente durante le fasi di guida, sia che si cerchi (non so perché dovreste farlo, ma ok) di rispettare il codice della strada, sia che lo si ignori deliberatamente. Anzi, il succitato problema è proprio più evidente durante le fasi di guida tipiche del titolo, sgomitando con la polizia, o cercando di investire pedoni che si improvvisano abilissimi circensi. Solo che le loro rotolate, inizialmente esilaranti da vedere, alla lunga si fanno notare più per le animazioni non al top che per il lato comico. Magari sono io che non so divertirmi eh. Va molto meglio, e meno male, nel corso delle fasi di shooting, quelle che dovrebbero rappresentare il cuore del lato story driven di Saints Row. A proposito: occhio al livello di difficoltà. Nelle selezioni più alte (su 5 direi le ultime due) l’abilità dei nemici passa da “impegnativa” a “scriptata”. Anche in questo caso, quindi, in realtà non so se parlarvi di bug, o di taratura non perfetta del livello di difficoltà. 

A dirla tutta, però, quelli che vi ho citato, insieme a qualche altra piccola magagna che non ho magari incontrato, o di cui mi sono dimenticato, sono per lo più errori sui quali si riesce persino a soprassedere; presi come sarete, inevitabilmente, dal contesto esplosivo e dirompente che vi circonderà nel 99% dei casi e delle missioni. Purtroppo, però, nel corso della mia prova sono andato incontro ad alcuni saltuari problemi tecnici di ben altra caratura, tanto fastidiosi ogni volta da richiedermi di ricaricare da capo il salvataggio. Ora, ben conscio che viviamo nell’epoca delle day-1 patch, mi crogiolo nel pensiero che forse fosse solo la build recensione a essere afflitta dalla maggior parte dei bug più rilevanti. E che proprio grazie ai feedback di noi giornalisti si possa giungere a un Saints Row che su PS5 non abbia problemi di caricamento dei modelli, gravi al punto che i personaggi perdevano il lip-synch completamente. Per ora, tuttavia, avendoli incontrati non ho potuto fare a meno di parlarvene. Non per spronarvi ad abbandonare la nave del gioco, qualora tutto il resto io vi abbia raccontato e stia per raccontarvi sia stato di vostro gradimento. Ma per mettervi in guardia sullo stato non ancora perfetto di un gioco dalle grandissime potenzialità. Per essere più precisi, e chiudere questo capitolo, potete comunque dormire sonni tranquilli: sia su PS5 che su PS4 il gioco gira, e siamo tanto, taaanto lontani da Cyberpunk e il suo 2077. 

Saints Row: sceneggiatura di James Waititi Bay

Messo in chiaro quale sia il dente che duole, abbiamo ancora tutto il resto della bocca di cui parlare. E senza peli sulla lingua vi voglio ulteriormente rassicurare sul fatto che Santo Ileso, la scatola di sabbia (a volte letteralmente di sabbia) in cui vi muoverete è un luogo denso di attività da svolgere e in cui vi divertirete sia muovendovi liberamente, sciolti da missioni e incombenze, che, soprattutto, quando avrete un compito da svolgere. Qui, a mio avviso, la forza di Saints Row, e della serie a cui appartiene in generale, tiene banco anche a paragone con GTA. Offrendo, cioè, un Open World dall’ottimo level design, sia orizzontale che verticale, a servizio del parco missioni offerto con più aderenza rispetto a GTA. Che di contro, però, con gli anni ha affinato la sua offerta ludica extra-storia con dedizione e abilità, seguendo i suoi binari personali verso il simil MMO che tutti ormai hanno provato almeno una volta nella vita (GTA V Online). Saints Row, invece, è un’esperienza ludica forse più tradizionale e quasi “story driven” a volte. Non nel senso, lo ripeto, che non si possa “folleggiare” in giro senza un motivo. Ma nel senso che il massimo dell’intrattenimento lo si ottiene “folleggiando” e gestendo le vie della città, i vasti spazi aperti, gli edifici e i corridoi liberamente, sì, ma perseguendo uno scopo. Seguendo una missione e accumulando punti, salendo di livello e accumulando punti utili per sbloccare nuove abilità. Quasi come in un action-RPG tradizionale, dove diventiamo sempre più forti avanzando in una storia che ha il sapore di un film action lucido; conscio dei suoi limiti di sospensione dell’incredulità e con un’insperata coerenza interna; per capirci, al centro tra un “James Gunn”, un “Taika Waititi” e un’esplosione di “Michael bay”.

Piattaforme: PS5,  PS4, Xbox Series X/S, Xbox One, PC

Sviluppatore: Volition

Publisher: Volition, THQ, Deep Silver

In conclusione di questa recensione di Saints Row, quindi, se non altro spero abbiate compreso che questo gioco non è Grand Theft Auto. Non vuole esserlo, e quando i due mondi che le due distinte serie rappresentano si toccano, lo fanno stuzzicandosi a vicenda; prendendo spunto l’uno dall’altra magari, per risolvere problematiche e proporre nuove soluzioni ludiche. Nel nome del comune genere a cui appartengono, e del setting metropolitano che condividono, ma di cui ciascuno rivendica aspetti diversi. Mettendo in luce la poliedricità del sandbox anche in questa condizione così simile tra i due. Di Saints Row, quindi, colpisce la costruzione narrativa, la caratterizzazione dei personaggi e l’editor con cui costruire, vestire e modellare il nostro/la nostra Boss personale. L’open world, Santo Ileso, è vario e ben costruito, e le attività che possiamo svolgerci sono sempre pirotecniche, scenografiche e coerenti con le regole messe in piedi dalla trama e dal suo tenore “power action pop”. Come ho già accennato, però, sarà seguendo la trama che raggiungerete i picchi di divertimento massimi che Saints Row può offrire. Sempre se riuscirete, qualora fossero ancora presenti in fase di release ufficiale, a passare sopra ai bug presenti, e alle fin troppe imprecisioni tecniche che inevitabilmente incontrerete lungo la strada. E che, con mio sommo dispiacere, mi hanno condotto ad attribuire un voto finale su cui pesa questa parte meno rifinita di una produzione che, una volta ripulita, potrà offrire decisamente di più.

VOTO: 7.7

Vive in simbiosi con la sua Switch, segnato da un'infanzia vissuta solo sulle console Nintendo portatili. Persino la sua prima console Sony è stata la portatile PSP, il che è tutto dire. Monta video da quando erano ancora di moda gli AMV su Dragon Ball, e si usava Movie Maker pensando di essere i nuovi Spielberg. Malato di giochi competitivi ed E-sport, ma anche dal lato opposto dello spettro di GDR e Story Driven, pochi titoli si salvano dalle sue spire, e solo perchè ogni tanto deve anche nutrirsi e dormire. Ha scritto questo testo, ma di solito non parla di sè in terza persona. Così, per dire.