Netflix si è creata negli anni una fama nefasta per quanto riguarda il suo approccio agli adattamenti di manga e videogiochi. Nel marasma delle molteplici serie finite tragicamente alla deriva si ergono però le produzioni di animazione, creature accessibili che ammaliano il pubblico con colori vivaci e con animazioni squisitamente dinamiche. Forti di una simile premessa, non abbiamo potuto evitare di provare una profonda forma di ottimismo, quando abbiamo inizialmente scoperto che il videogame Cyberpunk 2077 sarebbe finito sulla celebre piattaforma di streaming e che la sua trasposizione sarebbe stata affidata al nipponico Studio Trigger. Al momento della pubblicazione di questo articolo Cyberpunk Edgerunners sarà già reperibile per intero su Netflix, tuttavia abbiamo avuto la fortuna di fruire in anticipo i primi tre episodi della serie e siamo nella posizione di chiarire già da subito che l’anime si presti sorprendentemente bene a riportare su schermo l’universo cyberpunk già fruito nel quasi omologo videogame. Allo stesso tempo, non possiamo che far leva anche sul nostro lato più critico, affrontando senza malizia quelle piccole imperfezioni che abbiamo colto durante la nostra visione dell’opera.
Da Cyberpunk 2077 a Cyberpunk Edgerunners
Nonostante sia stato lanciato quasi due anni fa, Cyberpunk 2077 è ancora oggi noto al mondo più per il suo debutto zoppicante che per le sue qualità effettive. Tra promesse infrante, aspettative proibitive e una marea di bug, il videogame sviluppato da CD Projekt RED è divenuto rapidamente un case study sul come deludere milioni di fan in un colpo solo. Difetti profondi erano riscontrabili nelle animazioni, nella reattività delle intelligenze artificiali, nella fisica degli oggetti, nella grafica, tuttavia ben pochi si sono effettivamente attardati ad analizzare la trama del gioco. Probabilmente perché questa era di per sé abbastanza insipida, indegna di attenzioni particolari.
L’antefatto era arricchito da una forte vena registica, da personaggi accattivanti e da un’immersione narrativa profonda. Il gioco vero e proprio era al contrario flagellato da molti dei limiti che tradizionalmente accompagnano i sandbox open world, con il risultato che l’intrigante ambientazione non si è vista valorizzata da una presentazione di pari livello. Per molti versi, la miglior trasposizione del mondo di Cyberpunk 2077 è stata fino a oggi quella di Cyberpunk RED, gioco di ruolo cartaceo che al suo interno non solo riporta in maniera più approfondita le vicende di alcuni dei personaggi protagonisti del brand, ma che nelle sue molte pagine ha anche il tempo di esplorare gli elementi più ambigui e intriganti dell’universo abitato da cyborg letali e da megacorporation che di fatto si sono sostituite ai Governi formali.
Infine arriva Cyberpunk Edgerunners
Cyberpunk Edgerunners esplora le vicende di David “D” Martinez, un ragazzotto dei bassifondi che grazie a giganteschi sacrifici materni riesce a permettersi la retta di una delle scuole private più esclusive della metropoli di Night City. La sua vita è però lungi dal potersi definire un sogno. Non solo i suoi compagni di classe fanno di tutto per bullizzarlo ed emarginarlo, ma è la stessa città a ricordargli inclementemente che la sua è un’esistenza di infima categoria. Ogni mattina il giovane deve attraversare cumuli di immondizia prima di poter raggiungere le aree centrali della città e il tragitto è battuto da tossici, ubriaconi, senzatetto ed erotomani che passano le giornate a masturbarsi pubblicamente con sextoy futuristici.
Ogni giorno risulta più pesante di quello precedente, le ingiustizie si fanno sempre più marcate, poi, senza preavviso, uno scontro a fuoco finisce col coinvolgere e ferire la giovane madre del protagonista. L’incidente e le brutture del sistema sanitario finiscono dunque con l’enfatizzare alla nausea le disparità che dividono la classe dominante dalla fascia meno abbiente della società, ovvero dalla maggior parte delle persone. In cerca di riscatto, guadagno e realizzazione, David decide di abbracciare le modifiche corporali per diventare a sua volta un ibrido uomo-macchina, una trasformazione che lo porta rapidamente sulla strada professionale dell’”edgerunner”, del mercenario punk che trae profitto da missioni illegali e malpagate che offrono margini di libertà a chi non vuole essere inquadrato all’interno del sistema.
Un mondo gigante nella sua piccolezza
Quando si progetta un videogame in prima persona bisogna tenere in considerazione che gli utenti avranno massima libertà nel gestire i movimenti del proprio avatar, ancor più se il titolo li sfida attivamente a sfruttare le possibilità offerte da un’unica, immensa, mappa aperta. Vuoi che fossero concentrati a guardare la bussola di navigazione, vuoi che fossero girati nella direzione sbagliata al momento sbagliato, è facile credere che molti tra coloro che hanno goduto di Cyberpunk 2077 si siano persi alcuni dei dettagli più cinematografici che i programmatori di CD Projekt RED hanno imbastito all’interno della propria creatura. A suo modo, l’anime appena giunto su Netflix riesce a correggere il tiro, imbastendo una città che appare più viva, sporca, ricca e letale che mai.
Nonostante il giovane D si protegga indossando una spessa maschera di spavalderia, egli vede i suoi vicini come meri oggetti scenici che si assiepano senza uno scopo sullo sfondo della sua esistenza, nel frattempo lo splendore delle sculture luminose della downtown è tanto immenso e abbacinante che lo studente fatica a scandagliarlo con un unico colpo d’occhio. Basta la sola forza delle immagini per far capire agli spettatori che Night City è una creatura ambigua da desiderare e odiare allo stesso tempo, una bestia pronta a divorarti e a sputare le tue ossa in una fossa anonima. Nella sua eleganza registica, Cyberpunk Edgerunners riesce a dimostrare in poche carrellate quegli stessi concetti che Cyberpunk 2077 ha cercato di imporre ai propri gamer attraverso discorsi espositivi che fin troppo spesso suonavano artificiali e forzati.
La vera natura della città e degli edgerunner si estende dunque fino a debordare al di fuori dello schermo. Sin dai primi secondi del primo episodio, l’anime non manca di mostrare corpi che vengono macellati esplodendo in fiotti di sangue che finiscono con l’insozzare il cemento inclemente. Si tratta di una violenza eccessiva e barocca, ma che allo stesso tempo si dimostra tanto finta da non risultare in alcun modo scioccante alla sensibilità odierna. Ecco dunque che con un escamotage “pulp”, lo staff creativo è riuscito a emulare nello spettatore quel senso di distaccamento emotivo che è proprio a quegli psicopatici assassini che calcano le vie malfamate della metropoli. Da notare che la versione da noi analizzata sia stata censurata per non scontentare Twitch.
Il pedigree è di tutto rispetto
A livello stilistico, Cyberpunk Edgerunners lascia un segno con le sue scene d’azione da cardiopalma, ma anche con primi piani ripresi da posizioni insolite e destabilizzanti. Non è un caso: la regia è finita in mano a Hiroyuki Imaishi, maestro dell’anime che ha compiuto i primi passi su serie quali Evangelion e FLCL per poi sbocciare in alcuni piccoli capolavori del genere quali Kill la kill e Promare. Che dietro alle puntate vi sia una visione di qualità è cosa evidente già nel giro di pochi minuti e i cineamatori più esperti potranno notare affinità e riferimenti a predecessori che hanno lasciato un segno nell’animazione giapponese. Akira prima di tutti.
Non è però tutto oro ciò che luccica. I tre episodi che abbiamo avuto modo di analizzare hanno evidenziato la tendenza di essere in gran parte dedicati a dialoghi e confronti dialettici, non il contesto ottimale per mettere in scena le capacità di uno staff che è divenuto celebre per la sua competenza nel gestire l’azione estrema. Volendo fare le pulci alla serie, potremmo anche far notare che i colori sembrano “spenti”, smorti. Non sbagliati, sia chiaro, tuttavia luci e tinte avrebbero forse potuto godere di un aumento del contrasto cromatico, così da puntare su di un escamotage visivo che avrebbe promosso quello stesso look neonpunk che ha reso celebre il videogame Far Cry 3: Blood Dragon. Studio Trigger era peraltro già riuscito in un’impresa simile con il suo Promare.
Nonostante sia l’ultimo esponente di un brand multimediale che va avanti da più di trent’anni, Cyberpunk Edgerunners si dimostra tutto sommato fresco e piacevole, garantendo un valore notevole di intrattenimento anche a coloro che non si sono mai avvicinati al videogame Cyberpunk 2077. L’ultimo prodotto dello Studio Trigger riesce infatti a fornire al pubblico tutti gli elementi necessari a comprendere le dinamiche che alimentano la sordida città di Night City, spesso facendo riferimento alle sole immagini e alla colonna sonora di quell’Akira Yamaoka divenuto celebre per aver composto le tracce musicali della saga di Silent Hill. Cyberpunk Edgerunners è innegabilmente stato creato con una grande cura e si merita un’occasione, ancor più se si considera che le sue dieci puntate sono già tutte presenti su Netflix.