Labyrinth of Galleria The Moon Society Recensione: una caccia al tesoro intricata

Labyrinth of Galleria

Un po’ visual novel, un po’ dungeon crawler. Labyrinth of Galleria The Moon Society vuole prefiggersi l’arduo compito di inserire tra le sue forti pieghe ruolistiche, alcune note che rimandano all’esplorazione di dungeon labirintici e racconti che riprendono integralmente lo stile delle graphic novel. Un onere che Nippon Ichi Software si era già addossato in seno ai lavori di sviluppo per il suo prequel, ovvero Labyrinth of Refrain Coven of Dusk, uscito nel 2016 in Giappone su PlayStation 4 e PlayStation Vita, e solo nel 2018 per il resto del globo, che ha potuto recuperarlo a posteriori anche su Steam e Nintendo Switch. La “nuova” opera di NIS, approdata ormai già due anni fa in Giappone, è pronta per sbarcare e a farsi conoscere a livello internazionale quando verrà pubblicata su PlayStation 5 (piattaforma su cui l’abbiamo testata), PlayStation 4, Nintendo Switch e Steam il 17 febbraio 2023.

Labyrinth of Galleria

Labyrinth of Galleria The Moon Society: un JRPG dall’anima colorata

Volendo giudicare nel complesso Labyrinth of Galleria The Moon Society, è necessario tener conto tanto della narrazione quanto del gameplay, proprio perché si tratta di una produzione che tiene molto ad entrambe le sfumature. Il preludio ci fa fare la conoscenza di Eureka, una giovane donna che lascia la famiglia al suo villaggio natale per cercare lavoro e, quindi, mantenerla. Con queste premesse, Eureka giunge al Maniero della Galleria, luogo in cui si terrà il colloquio lavorativo. Ad esaminarla, ecco che debutta Madame Marta, un’anziana strega che presta le sue gesta al proprietario della villa e che le proporrà di lavorare come “medium”. Il suo compito sarà quello di controllare Fantie, uno spirito che non è in grado di muoversi da solo, nonostante sia l’unico in grado di addentrarsi nel Labirinto di Galleria: un piano sotterraneo della villa, da cui tutti quelli che vi si sono recati per ricercare i preziosi tesori, non vi hanno mai più fatto ritorno per qualche oscuro motivo.

Labyrinth of Galleroa

Con l’aiuto di Eureka, Fantie (saremo noi giocatori a vestirne i panni) si lancerà nell’esplorazione dei molteplici livelli del labirinto e si scontrerà con le creature leggendarie, rese celebri grazie ai miti di Galleria, nel tentativo di reperire quanti più tesori (denominati “Curio d’Art”) possibile. Nei combattimenti, Fantie si servirà dell’aiuto del suo esercito di Pupazzi-Soldato, un’armata costituita da pseudo-marionette dotate di anima, alle quali sarà possibile attribuire una classe, delle armi, delle abilità e persino una personalità.

Senza approfondire ulteriormente la trama di Labyrinth of Galleria, possiamo senz’altro anticiparvi che nonostante il preambolo non ci abbia convinti granché, a causa di ritmi eccessivamente scanzonati e pretestuosi, e il suo andamento costantemente lento, la storia, nella sua totalità, interessa, riesce a coinvolgere il giocatore e toccarne alcuni nervi scoperti, facendo quasi sempre centro quando l’opera si concede a colpi di scena e a momenti di pathos, anche se il nutrito e pittoresco cast di Labyrinth of Galleria risulta perlopiù indirizzato verso una caratterizzazione su binari, in alcuni casi conforme ai classici canoni anime. Un caso più che calzante è rappresentato dalla stessa Eureka, che si pone in maniera goffa e disavveduta nei confronti dei suoi superiori, il che dà vita a siparietti già spolpati e rivisitati a più riprese da una moltitudine di saghe (videoludiche e non), tipicamente giapponesi. Attenzione, questa caratteristica, però, potrebbe trasformarsi anche in una connotazione positiva per gli appassionati del genere o per coloro che sperano di attingere a momenti di pura leggerezza da un’opera simile. Quello che recriminiamo a Labyrinth of Galleria, infatti, è che non è stato in grado di cogliere l’opportunità per aggiungere più condimento ai personaggi principali, che si sarebbe potuta tradurre in un’ottima occasione per fuoriuscire dai soliti paradigmi triti e ritriti.

Anche lo stile estetico con cui l’opera di NIS si propone di raccontare alcuni accadimenti risulta piuttosto incanalato nei modelli aderenti ad uno stile predefinito, riconducibile a visual novel appartenenti perlopiù allo stesso genere. I momenti che si frappongono tra le fasi di esplorazione vengono sempre riempiti da approfondimenti narrativi, in cui viviamo le vicende di Eureka e Madame Marta, alle prese con gli esiti delle esplorazioni di Fantie nel labirinto. Queste scene vengono rappresentate con lo stile delle graphic novel, come i più famosi Doki Doki Literature Club e Danganronpa Trigger Happy Havoc. A differenza di queste ultime produzioni, Labyrinth of Galleria è stato artisticamente curato da Takehito Harada, già responsabile per la dedizione mostrata nell’infondere la sua inconfondibile vena creativa nei giochi delle serie tattiche di Disgaea e di Phantom Brave. Il character design, sotto il punto di vista estetico, infatti rappresenta uno dei punti più alti (se non il più alto) dell’esperienza complessiva dell’opera. I personaggi sono invero contraddistinti da uno stile unico, coerente con le proprie caratteristiche emotive e altamente dettagliato (seppur in formato cartoon), nonché ricco di fronzoli che conferiscono un’anima più concreta e un’eterogeneità più spinta al conglomerato di personaggi che si fanno spazio nella storia.

Labyrinth of Galleria

Un level design labirintico a dir poco

Il proverbiale “punto dolente”, tuttavia, fa ricadere, in parte, le colpe proprio sulla componente artistica del gioco. Come accennato all’inizio, l’opera di Nippon Ichi Software vuole essere sia visual novel che JRPG classico con un forte spirito da dungeon crawler. Se da un lato la direzione artistica riesce ad essere valida quando si parla di character design e artwork che fanno da sfondo ambientale alle sezioni più strettamente visual novel, dall’altro questa decade nell’estrema monotonia creativa quando va ad esprimersi nei dungeon esplorabili. I dungeon labirintici, come anticipato nel paragrafo relativo alla trama, occupano una posizione centrale: sia a livello di trama che a livello di gameplay risultano i protagonisti (del resto, il titolo del gioco risulta già abbastanza esplicativo a riguardo). Proprio perché vogliono porsi in primo piano rispetto al resto, il me giocatore rimane sufficientemente amareggiato quando scopre che tutti i livelli rappresentano una vera e propria reskin del primo piano affrontato nel gioco. Le uniche differenze sono la palette cromatica, gli ostacoli e le trappole che vi si pongono dinnanzi a Fantie strada facendo. In questo, l’opera si rivela molto vicina al suo predecessore, ovvero Labyrinth of Refrain, con il quale l’opera qui analizzata condivide davvero troppe analogie.

Quello che il level design riesce a fare (soprattutto nella prima metà di gioco), però, è piacevolmente stupire i giocatori, che si ritroveranno ad esplorare in prima persona anche il più remoto angolo dei dungeon. Ad una minuziosa ricerca dei tesori, traducibile in ore ed ore di vagabondaggio in cerca di quello o quest’altro percorso, corrisponde ad un’enorme soddisfazione nei confronti del giocatore, il cui obiettivo è di scoprire quanto più possibile del dungeon, chiaramente cercando sempre e comunque di puntare alla quest principale, segnalata nella mappa da un punto esclamativo rosso, che spesso corrisponde ad uno scontro contro il boss dell’area. Esplorare sarà sempre gratificante per colui che ha il pad in mano, sia perché è assuefacente, sia perché porta a ricompense costanti (e raramente a punizioni), che conducono il giocatore ad un miglioramento del proprio party, all’accumulo di esperienza (sia in-game che relativa alle meccaniche di gioco) e all’ottenimento di abilità speciali che permettono gradualmente di scoprire luoghi altrimenti prima inaccessibili, come la capacità di nuotare, di sgretolare muri, di fare salti lunghi o di diminuire i danni da caduta. Tutti poteri che conferiscono un sapore da metroidvania all’avventura, la quale riesce a spronare il giocatore a fare backtracking per recuperare i tesori che prima risultavano isolati a causa di un burrone o di un muro invalicabile.

Labyrinth of Galleria

Una pecca piuttosto rilevante, purtroppo, è correlata all'”obbligo” che Labyrinth of Galleria impone al giocatore, relativo allo sfondamento di tutti i muri che può. Il titolo, fin dalle prime ore di gioco, insegna al gamer che ogni parete può celare anche un importante segreto, come un Curio d’Art o, addirittura, una quest principale. Questo aspetto costringerà i giocatori a sviluppare un senso di compulsione nei confronti di tutti i muri infrangibili, così da svelarvi anche il più insignificante segreto che, alle volte, potrebbe essere costituito da un drop comune oppure da un nemico potente pronto a mettere K.O. tutta la vostra squadra. Questo aspetto di level design sarebbe interamente da rivedere a nostro parere, in quanto spezza il ritmo dell’avventura e si pone l’obiettivo di aumentare esponenzialmente la longevità di un gioco che può già vantare di una quest principale più che duratura (50 ore circa senza considerare il post-game).

Come dar vita ad un esercito efficiente

Nei dungeon bisognerà, tuttavia, muoversi con estrema attenzione, soprattutto nelle fasi più avanzate dell’avventura. Ciascun dungeon è disseminato di mostruose creature che fanno un passo sulla mappa al compimento di un passo del giocatore. Se i mostri incapperanno nel giocatore, questi sarà costretto a scontrarsi con essi e verrà dato il via alla battaglia. Gli scontri avvengono come nei più classici JRPG a turni. Il giocatore ha a disposizione un party di personaggi (i Pupazzi-Saldato a cui accennavo prima) che vengono generati e gestiti integralmente dallo stesso. In fase di creazione dei personaggi, potremo battezzarli con il nome che più ci aggrada, personalizzarne l’aspetto, associarli ad una classe specifica, conferirgli l’equipaggiamento più adatto (ovviamente modificabile nel corso del gioco) ed una “natura” che, come nel caso dei giochi Pokémon, questa gestirà l’andamento delle statistiche del personaggio al progredire dei livelli. Scegliere una specifica natura determinerà le modalità di attribuzione dei punti esperienza: in parole povere, alcune statistiche aumenteranno più velocemente di altre. La classe di appartenenza dei personaggi è altresì determinante durante le battaglie, in quanto ogni singola classe sarà avvantaggiata rispetto ad una specifica tipologia di nemico. Consigliamo, perciò, di scegliere personaggi sempre differenti e che sfruttino abilità diverse, così da garantire al giocatore un’eterogeneità di approcci, e quindi qualche speranza in più per salvarsi durante gli scontri più ostici. Potrete anche creare un numero maggiore di Pupazzi rispetto a quanti sarete in grado di portarvene in esplorazione: questo risulterà cruciale nel caso siate bloccati in una specifica boss-fight e avrete necessità di portarvi un party prevalentemente specializzato, ad esempio, nella magia o nei danni contundenti.

Labyrinth of Galleria

Giocate di strategia, perché è ciò che vi salverà dalle situazioni più spinose. Anche perché, non vorrete di certo ritrovarvi a perdere contro un mostro dopo aver esplorato minuziosamente la mappa per ore ed ore perché ne avete sottovalutato la pericolosità? Beh, anche se così fosse, non ci sarebbero grosse conseguenze. Alla sconfitta del party (e quindi al game over di Fantie), il giocatore farà ritorno all’hub di gioco perdendo la metà dei soldi e dell’esperienza racimolati durante l’esplorazione. Credetemi, però, quando vi dico che la punizione non è così impattante, soprattutto grazie alla velocità con cui si recuperano i soldi e le risorse varie gironzolando nei vari dungeon. Se riuscirete a superare la frustrazione post game over, causata il più delle volte dall’assurda quantità di schivate che riesce a compiere un nemico più potente, nell’hub provate a fare scorta di pozioni nel market. Se poi vi avanza denaro e voglia, allora dedicatevi all’acquisto di abilità speciali, come la possibilità di passare inosservati davanti ai nemici o all’essere più efficienti durante la fuga dalle battaglie che intimoriscono maggiormente.

Le possibilità in battaglia sono molteplici, così come il numero di classi a cui attingere al momento della personalizzazione del proprio plotone, così da garantire al giocatore una sensazione di “libertà” nella scelta delle strategie da adottare. In totale, le classi da cui poter scegliere sono una dozzina circa: dai pupazzi incantatori che evocheranno incantesimi potenti a quelli esperti di arti marziali che, con il giusto set up, potranno sferrare micidiali colpi critici e, ancora, da pupazzi esperti nell’infondere sicurezza negli altri membri (e quindi buffarli) a quelli dotati di corazza difensiva. Poi esistono anche i pupazzi glass cannon, quelli specializzati in attacchi a distanza con la balestra, gli abili spadaccini e tanti altri. Per ciascuna classe, poi, sono disponibili due opzioni di personalizzazione: il giocatore avrà la possibilità di far ricadere la sua scelta sul personaggio maschile o su quello femminile, dei quali si potrà decidere per quale skin optare delle tre disponibili e, inoltre, scegliere quale palette cromatica utilizzare delle quattro opzioni presenti per ciascuna skin. Insomma, la varietà gioca a nostro favore durante l’editing della nostra brigata e non solo.

 

Piattaforme: Nintendo Switch, PC, PlayStation 4 e PlayStation 5
Sviluppatore: Nippon Ichi Software
Publisher: NIS America

Labyrinth of Galleria The Moon Society, tutto sommato offre una buona mole di contenuto, al netto di alcune criticità che lo contraddistinguono. Prima fra tutto la mancanza di un level design ispirato, inutilmente contorto e di difficile lettura. Una trama profonda e un sistema di combattimento appagante sono i motivi per cui l’opera si lascia giocare. La colpa più grande di questo JRPG, però, è la mancanza di coraggio nello staccarsi (anche solo parzialmente) dal suo predecessore, non permettendogli di sanare alcune delle problematiche che penalizzavano Labyrinth of Refrain. In definitiva, se siete amanti dei JRPG classici e dello stile visual novel (e avete un’ottima base di inglese, in quanto manca la localizzazione italiana), dovrebbe essere il vostro pane.

VOTO 7.3