Armored Core VI Fires of Rubicon (potete leggere qui la nostra recensione) è l’ultima installazione della serie basata sui Mecha dell’ormai celebre casa di sviluppo From Software. L’ultimo capitolo prima di questo risale all’era PS3 e Xbox360, perciò non è una sorpresa il fatto che molti non sappiano cosa si troveranno esattamente di fronte una volta scelto di dare fiducia ancora una volta all’azienda nipponica che ha dati i natali alla serie souls. Vogliamo allora condividere con voi cinque “cose” che dovreste sapere per non restare delusi da una delle esperienze più divertenti ed emozionanti del panorama Action, inteso sia coi robottoni che senza. Potreste anche voler leggere in parallelo la nostra recensione di Armored Core VI Fires of Rubicon QUI, in modo da farvi un quadro più completo possibile!
Non serve aver giocato ai precedenti
Anzitutto, in caso quel “6” nel nome vi spaventasse, sappiate che non serve assolutamente aver giocato ai precedenti Armored Core per godersi Fires of Rubicon. Il gioco ha una forte impronta narrativa, ogni missione è spiegata per filo e per segno da dialoghi doppiati ottimamente in inglese e ci sono tantissimi personaggi oltre al protagonista, Raven, che fanno la loro comparsa sia fuori, che dentro ai Mecha da combattimento. Ciononostante è la prima volta che visitiamo il pianeta Rubicon 3, e anche se la lore (parola preferita in quel di From!) dei robot in gioco resta inalterata, la trama non ha collegamenti con i filoni che l’hanno preceduta. Oltretutto, Armored Core è da sempre una serie che dà il meglio di sé in ambito gameplay, che come vi abbiamo già detto non significa ignorare in toto la costruzione di storia o trama; piuttosto, vuol dire che sarete voi stessi, da un certo punto in poi, a prestare molta più attenzione a ciò che sbloccate nello shop delle componenti, piuttosto che a chi vi sta proponendo una data missione o perché. E a tal proposito…
Si passa moltissimo tempo nei menù
In Armored Core VI Fires of Rubicon si passa moltissimo tempo nei menù, in particolare in quello di personalizzazione funzionale ed estetica del proprio mezzo. Ci sono centinaia se non migliaia di combinazioni possibili, modificando a piacere l’equipaggiamento del lato destro e sinistro dell’Armored Core. Si possono imbracciare due armi nelle due mani, due spallacci con funzioni di lanciarazzi, scudo o altro sulla schiena, insieme con un propulsore più o meno potente e reattivo, power up attivi e passivi sotto forma di schede di memoria e alimentatori per i quali tener conto della bilancia di peso ed efficienza. Infine, le parti stesse del robot sono customizzabili, scegliendo tra coppie di braccia e gambe diverse, al punto che alcune non si possono nemmeno definire gambe (sono cingolati) e altre non vanno a coppie ma a quartetti, facendo assomigliare il Core a un ragno meccanico (fighissimo). Ovviamente anche testa e busto sono intercambiabili, per non farsi mancare nulla. Non crediate di potervi gettare immediatamente nella mischia ignorando la componente ingegneristica e pianificatoria del gioco: non si può. Ci sono nemici e missioni in cui dovrete adattare la build in modo univoco se non volete impazzire di fronte a scudi infrangibili e orde mastodontiche. Senza contare che vi privereste della possibilità di riprodurre in game alcuni dei robottoni più famosi della storia dei mecha giapponesi, o magari forgiare il vostro personalissimo Jaeger. Sfruttando il settore “modifiche estetiche” ci sono colorazioni, sticker da applicare o disegnare da zero, e tante altre opzioni che potete sfruttare con un altissimo grado di libertà.
É “difficile”
Deve essere un marchio di fabbrica di From Software a questo punto, la capacità di bilanciare i propri giochi con precisione certosina e un altissimo grado di “difficoltà”, fra virgolette per un motivo specifico. Sia i souls che Armored Core sono infatti proibitivi solo per i giocatori che non intendono prestare il proprio tempo all’apprendimento di meccaniche peculiari, ovviamente diverse per le due saghe anche se ugualmente fondate sul concetto di “strategia e pianificazione”. Nel caso di Armored Core VI Fires of Rubicon la prima, la strategia, va applicata con un buon grado di abilità ai comandi del mecha, memorizzando tempistiche di azione e reazione a seconda del peso e dell’armamento equipaggiato, cooldown delle abilità, velocità di avvicinamento a piedi, con i retrorazzi attivati o in volo (sempre con un occhio alla stamina, o si rischia di non poter schivare quando ci serve). Essere bravi con il controller è importantissimo, quindi, ma non tanto quanto essere stati bravi prima, nella schermata di personalizzazione del robot.
Gli esoscheletri di Armored Core, come vi raccontavamo nel capitolo precedente, sono migliorabili in tantissimi modi diversi e tutti i cambiamenti corrispondono a variazioni nei parametri di pilotaggio citati poco fa. Non è un’impresa impossibile, quindi, pensare prima di agire e scegliere che assetto avrà il mecha che guideremo: più offensivo o difensivo? Piazzato a terra o volante? Armato di razzi e mitragliatori o di spada laser e scudi? La “difficoltà” sta nella scelta attenta e ponderata sulla base del nemico che stiamo affrontando, non nel gioco in sé. Perchè se per abbattere un gigantesco carro armato con scudi ovunque decidete di armarvi di pistolina e coltellino a vibrazione non è il gioco a porvi di fronte un ostacolo insormontabile: siete voi ad aver scelto di rendere tale un Boss che con Bazooka e missili teleguidati avreste buttato giù in meno della metà del tempo.
Si spara moltissimo (ma non serve mirare)
Giusto per precisare, dal momento che abbiamo parlato di coltellini, spade e scudi, nonché di fucili, missili e bazooka: in Armored Core VI Fires of Rubicon si spara MOLTISSIMO, decisamente più di quanto non si picchi o si tagliuzzi. Ci sono build pensate per il corpo a corpo, e sono pure parecchio efficaci nelle mani giuste e contro determinati avversari ancor di più. Ma non c’è dubbio che il “cuore” di Armored Core sia fatto di acciaio, polvere da sparo e proiettili. Per fortuna di chi non avesse grande dimistichezza con la mira manuale, il gioco non è pensato per farvi imparare a colpire un barattolo di pomodori a 1km di distanza: c’è l’automira impostata di default. L’abilità del giocatore armato non deve essere infatti “meccanica”, bensì quella di sapersi posizionare, sfruttare i power up delle armi, studiare rotazioni di abilità a cooldown efficienti e che possono garantire un fuoco o un’offensiva costante. E se, invece, foste dei virtuosi dell’analogico che non intendono sfruttare l’auto aim, si può sbloccare un potenziamento che vi accontenterà, annullando il comodissimo selettore automatico del bersaglio.
Non è open-world!
Infine, serve una precisazione sulla struttura portante del gioco, per chi avesse equivocato i trailer che mostrano ambientazioni aperte e altimetricamente varie, dal level design curato e mutevole. Armored Core VI Fires of Rubicon non è un Open World, al massimo un è Open Map. Il titolo struttura infatti la campagna principale in molteplici e diversissime missioni, ciascuna con il proprio obiettivo, una durata che può essere libera o prefissata, cioè a tempo, e un’area a disposizione del giocatore pensata per quella specifica task. All’interno della zona che ogni impegno accettato ci spalanca possiamo fare il bello e il cattivo tempo: correre verso il pallino che indica la posizione del “finale della missione”, senza curarci di nessun avversario o, di contro, fare piazza pulita comodamente, divertirci a esplorare ogni anfratto e scattare qualche foto con la modalità apposita, ricchissima di opzioni e molto professionale (ci perderete parecchio tempo). Una volta terminato, però, si torna nell’hangar/menù principale, per accettare il prossimo incarico selezionandolo da un elenco statico.