Armored Core VI Fires of Rubicon

Armored Core VI Fires of Rubicon Recensione: il divertimento mecha DEFINITIVO!

Armored Core VI Fires of Rubicon centra il bersaglio con precisione millimetrica, dimostrando il valore del percorso di From Software attraverso l’oscurità e le fiamme dei titoli Souls. Per chi non lo sapesse infatti, nel longevo portfolio della casa di sviluppo non ci sono solo armature da cavaliere, anime e centinaia di “sei morto”, ma anche una saga action ingiustamente caduta nel dimenticatoio per i più, che però ha fatto la Storia almeno tanto quanto il filone fantasy: Armored Core. L’ultima volta che avevamo guidato un robottone non era esattamente l’altroieri, bensì il 23 marzo 2012 su PS3 e Xbox360 e per di più con un capitolo, Armored Core V, che aveva perso un po’ di smalto rispetto al passato. Il ritorno con Armored Core VI: Fires of Rubicon, quindi, è stata una scommessa importante da vincere a tutti i costi per garantire un futuro a un franchise promettentissimo, specialmente su console di nuova generazione capaci di portare all’estremo ogni elemento costitutivo dell’esperienza, la più divertente e completa in ambito Mecha che abbia mai giocato. 

Armored Core VI Fires of Rubicon Recensione

Armored Core VI Fires of Rubicon: mercenari in cerca di “Coral”

Raven, nome in codice del pilota che impersoniamo per la campagna principale, e i suoi comprimari ce la mettono proprio tutta per tenere alta l’attenzione del giocatore sull’impianto narrativo, raccontandovi con dialoghi testuali (doppiati in inglese) e qualche spettacolare cut-scene le vicissitudini del pianeta Rubicon 3 e del prezioso tesoro che contiene: il Coral. Si tratta di un carburante efficientissimo e desiderato perciò da molteplici aziende multimilionarie, pronte a tutto per accaparrarsi una fetta del pianeta da spolpare fino all’osso. Peccato che proprio a causa dello sfruttamento dissennato di tale risorsa, Rubicon 3 sia stato teatro di un disastro naturale senza precedenti, che ha rallentato le operazioni di estrazione per diverso tempo. Una volte terminata l’emergenza e ripresa la corsa all’oro Raven, assunto da una squadra di mercenari, ha il compito di farsi un nome nell’ambiente delle guardie del corpo robotiche, cercando di rimanere il più neutrale possibile per allettare tutti gli schieramenti ad assoldarlo. Ovviamente finirà per pestare qualche “piede sbagliato” e dovrà difendersi con ogni mezzo possibile, lungo la strada per raccogliere sempre più crediti e guadagnarsi una meritata pensione lontano dai conflitti.

Prima di tutto, sappiamo che ve lo state chiedendo, non serve recuperare i precedenti Armored Core per godere appieno dell’esperienza del sesto capitolo. Nonostante la lore dell’universo  robotico in cui è ambientata la saga sia affascinante, Fires of Rubicon è un nuovo inizio, il secondo dalle origini a oggi, che racconta quindi vicende inedite e senza collegamenti diretti con il passato. Oltretutto, a essere onesti, dopo poco vi dimenticherete degli intrighi politici, delle rivalità tra “gang” e multinazionali e persino, talvolta, del perché state eseguendo una tal missione piuttosto che un’altra, o di un eventuale obiettivo principale diverso dal puro e semplice “falli esplodere tutti”. Il motivo è presto detto e non ha nulla a che vedere con la validità dell’intreccio, che i più dediti troveranno anzi ben scritto e interessante, pieno di personaggi iconici e persino motivante. La scalata di Raven verso il successo è molto più coinvolgente di quanto non fosse l’ultima iterazione single player della serie, caratterizzata da richieste di vario genere con bersagli primari e secondari, moltiplicatori delle ricompense in base alla vostra abilità e, quindi, un alto tasso di rigiocabilità allo scopo di migliorarsi, o di farmare i soldi necessari per qualche nuovo elemento del vostro robottone. 

Semplicemente c’è così tanta carne al fuoco sulla griglia del gameplay, che vi sfido a non interessarvi prioritariamente agli aspetti “pratici”, all’allenamento delle proprie abilità di guida, alla scoperta delle modalità PVP e al test di configurazioni sempre differenti e tutte valide e viabili. Perciò, di conseguenza, vi troverete a pensare costantemente a quale parte potete sbloccare con un tal incontro, a come ottimizzare il carico per massimizzare una statistica o, più banalmente, a come riprodurre una copia esteticamente identica (e perché no, magari aderente al mostruoso mech anche lato funzioni e armamenti) dell’EVA 01 di Shinji Ikari. Quelle diventeranno le vostre priorità a lungo termine, man mano che il parco di parti utilizzabili si amplierà; finché avrete così tante possibili build da provare da lasciarvi storditi. 

Armored Core VI Fires of Rubicon Recensione

Proiettili, missili, scudi, spade laser, cingolati (e altro ancora)

Armored Core Vi Fires of Rubicon resta fedele al suo “core” storico e fornisce ai giocatori una vastissima gamma di opzioni per costruire in modo unico il proprio mecha. Viene quasi da dire che l’efficacia del sistema di equipaggiamenti dei “souls” sia un’eredità, semplificata fin dagli esordi su Demon’s Soul, delle dinamiche di personalizzazione dei robot di Armored Core. Allo stesso tempo, però, è bello notare che a sua volta l’immediatezza del comparto build degli ultimi Action RPG medievaleggianti abbia influenzato positivamente Fires of Rubicon, che propone menù di shop, garage e lettura delle statistiche molto più efficienti e “compressi” rispetto al passato. Comunque, non abbiamo esagerato parlando di “restare storditi” dalla vastità di elementi sfruttabili, una sensazione costante che accompagnerà tutti, dai veterani ai neofiti, lungo l’apprendimento delle meccaniche di gioco e building del titolo From Software. All’inizio, perché si deve comprendere il rapporto inscindibile tra “estetica” e “funzionalità”, non sempre biunivoco anche se, in effetti, i modelli delle parti sono stati pensati con tanta accortezza e attenzione al dettaglio che sono tutti BELLISSIMI, e non si compenetrano mai tra loro né sembrano mai mal assortiti, una volta che li abbiamo posti in opera. Poi, perché quando si sono sbloccati sufficienti elementi vien voglia di cambiare assetto a ogni lotta e a ogni missione, per provare un po’ tutto e magari (come abbiamo già detto) “fare il cosplay” di un mecha famoso.

In realtà più che una semplice “voglia” spesso la flessibilità della build si traduce in “necessità”, quando ci accorgiamo, per esempio, che contro un Boss specifico di una missione proprio non riusciamo a far breccia con una pistola semplice da un lato e un mitra nell’altra. Allora vai di menù, cambio build, selezione della spada di energia e, perché no, equipaggiamento dello scudo sulla spalla sinistra, per provare il corpo a corpo: potrebbe funzionare! Ci è successo svariate volte di perdere e dover ricominciare da capo una task perché il nostro setup si è rivelato obsoleto o inadatto agli specifici avversari incontrati in quell’angolo del pianeta, ma salvo specifici casi (in cui probabilmente era comunque colpa nostra se continuavamo a perdere) la frustrazione è un sentimento che non fa parte dell’esperienza di Armored Core VI. Il bilanciamento della potenza offensiva tanto dei nemici comuni, quanto dei mini Boss o dei Boss, della loro disposizione sulle arene open-map (non open-world) che fanno da teatri per gli scontri è sempre garantito. Come a dire che a una prima occhiata il gioco è difficile, finché non si capisce come eseguire una tal manovra, o non si sblocca un propulsore più potente. Finché non ci si guarda allo specchio e ci si dice da soli “git gud”, memori dei “souls” e del simile approccio al concetto di “impegno” che richiedono ai player. 

Armored Core VI Fires of Rubicon Recensione

Tostissimo!

Come e forse anche più rispetto ai summenzionati fantasy di From, non aspettatevi dunque di poter approcciare Armored Core VI Fires of Rubicon con una mentalità approssimativa, o affidandovi al Button Smashing. L’eleganza del sistema di controlli, la sua responsività e la necessità di apprendere tempi di recupero delle abilità attive, passive o equipaggiate; significati e peso delle statistiche, differenze tra gambe normali, a giunture invertite, cingolate o “quadrupedi”, e chi più ne ha più ne metta: tutti questo ben di Dio puramente ludico rende Armored Core VI Fires of Rubicon quasi affine al mondo dei picchiaduro, alla precisione chirurgica richiesta per spuntarla con gli avversari controllati dal PC, in particolare i Boss e i nemici più grandi, per non dire “titanici”. 

Ci sono missioni dedicate interamente a gigantomachie ferruginose affascinanti e con regole d’ingaggio peculiari, com’è ovvio che sia. Un grosso Wurm scavatore che ondeggia flessuoso intorno a noi non potrà essere affrontato come un immenso quadrupede “alla AT-AT”, che infatti va prima abbattuto e immobilizzato colpendolo alle giunture delle zampe, e poi neutralizzato facendo esplodere le sue batterie. Ci sono moltissimi altri esempi che potremmo fare riguardo i gatekeeper più importanti, ma preferiamo lasciarvi il piacere di scoprire tutto da soli. In realtà, poi, ci sono piaciute moltissimo e ci hanno impegnato a dovere anche le battaglie con i Robot alla nostra altezza (parlando di mere misure fisiche), evidentemente pensati per prepararci al momento in cui quegli stessi mecha sarebbero poi stati guidati da persone reali nel mondo PVP. 

A proposito di questa interessantissima modalità, è molto più importante di quanto pensassimo, pensata non come un riempitivo ma come un vero e proprio post Game, al pari delle sfide PVP dei vari souls! Si può giocare in 1VS1 o in 3VS3, e c’è il rischio concreto che diventi alla lunga il motivo principale per cui futuri giocatori si interesseranno al gioco, più rilevante di tutto il resto. Non ci pronunciamo sull’efficacia di build specifiche: c’è stato dato troppo poco tempo per testarla in tal senso. Comunque, l’abbiamo ovviamente messa alla prova più approfonditamente possibile, apprezzandone prima di tutto il succitato peso specifico negli equilibri della produzione: ogni unlock, ogni esperienza vissuta in solitario è un preludio al gioco “versus” e ci prepara alle sue dinamiche, ritmi e difficoltà aggiuntive. 

Senza contare che nonostante la versatilità di due armi, due spallacci, braccia e gambe, torso e testa, alimentatore, propulsore, circuiti e chip di modifica avanzati TUTTI liberamente equipaggiabili dal giocatore risulti in una serie di combinazioni praticamente infinita, il bilanciamento fa eco a quello in PVE. Ed è pertanto, al momento, davvero eccellente: impegnandosi a dovere con il controller alla mano è possibile fare il bello e il cattivo tempo con qualunque build, contro qualunque build: fisica contro fisica, a distanza contro ravvicinata, esplosiva contro energetica, ecc. ecc..

Armored Core VI Fires of Rubicon Recensione

Il Mecha Game definitivo? Si!

Il coronamento di un così raffinato sistema di combattimento e movimento è il comparto tecnico, sonoro e grafico, che su PS5, dove abbiamo effettuato la prova, si è dimostrato solido, ispirato e focalizzato su ciò che davvero serve di più in ogni occasione. Per questo la modellazione tridimensionale delle parti dei robot è iper-realistica e dettagliatissima, non solo in modo “statico”, quindi con texture in altissima risoluzione, ma soprattutto dinamico. E’ merito delle micro-animazioni che caratterizzano la ricarica dei colpi, lo scoppio di un attacco energetico e tutti i sistemi idraulici e le giunzioni del mecha. Anche l’effettistica, perciò le esplosioni e i particellari vari (neve, luccichii, sabbia, schegge ecc.) è stata rifinita con grande cura per la stessa ragione: fanno parte dei comparti imprescindibili per garantire l’immersione del giocatore nel suo ruolo. I fondali, che sono notevolmente meno rifiniti (ma comunque di buona fattura) passano in secondo piano solo sia per alleggerire il peso “tecnico” del gioco, consentendo di alzare l’asticella nei reparti succitati, ma anche perché, banalmente, non c’è quasi mai modo di distinguere con precisione i modelli ambientali. Alzandosi in volo ad altissima velocità contro un cannone che ci sta bombardando, evitando di scatto i proiettili in arrivo e cercando di non farsi sorprendere da cecchini o altre bocche di fuoco impreviste, le uniche cose che terremo sempre d’occhio sono il nostro mecha, e i robottoni che ci si oppongono. E va bene così.

Armored Core VI è dunque definibile come il mecha game definitivo? A nostro avviso sì. In primis, senza nemmeno citare le innumerevoli build possibili, la modellazione grafica e il sistema di illuminazione next-gen, o il numero e la varietà eccezionali di missioni disponibili in PVE, prima di buttarsi nel PVP, perché il feeling restituito ai comandi di ogni configurazione è diverso: magnificamente adeguato all’equipaggiamento montato e, soprattutto, “da pilota”. Significa che non sentiremo mai pienamente nostro il personaggio visualizzato a schermo, percependone le parti mobili e i movimenti, le evoluzioni e le operazioni offensive, difensive o di elusione sempre come “manovre” operate su un mezzo che ci risponde con tempi suoi, ingranaggi che scricchiolano e ferraglia dall’immane peso che si muove in virtù del combustibile che gli pompa nelle giunture. Non è scontato e, soprattutto, è quel che i fan delle lotte tra mecha desiderano: essere alla guida di un Gundam, piuttosto che essere un Gundam loro stessi. Chi crede che sia la stessa cosa, prenda in mano il controller, si butti su Armored Core VI Fires of Rubicon e capirà cosa intendiamo.

Vive in simbiosi con la sua Switch, segnato da un'infanzia vissuta solo sulle console Nintendo portatili. Persino la sua prima console Sony è stata la portatile PSP, il che è tutto dire. Monta video da quando erano ancora di moda gli AMV su Dragon Ball, e si usava Movie Maker pensando di essere i nuovi Spielberg. Malato di giochi competitivi ed E-sport, ma anche dal lato opposto dello spettro di GDR e Story Driven, pochi titoli si salvano dalle sue spire, e solo perchè ogni tanto deve anche nutrirsi e dormire. Ha scritto questo testo, ma di solito non parla di sè in terza persona. Così, per dire.