Il dio biblico non vedeva di buon occhio le persone della terra che volevano costruire una torre per avvicinarsi a lui: si dice che prima, tutti parlassero la stessa lingua, ma dio decise di disperderli per la terra, confondendoli e facendoli iniziare a parlare lingue diverse. E la non comprensione del linguaggio, con il mito di Babele, è la base da cui il team di sviluppo francese Rundisc è partito per dare vita al suo Chants of Sennaar, un’avventura/puzzle che gioca in maniera azzeccata e originale con le parole, i segni e i suoni, tutto ciò che fa parte del linguaggio sia verbale che, soprattutto, scritto. L’idea degli sviluppatori sembra quella di far capire che in fondo, sono spesso i limiti della lingua a creare un ostacolo insormontabile, a generare disguidi, pregiudizi e intolleranze verso i propri vicini, verso chi ha qualcosa di diverso. “La leggenda narra che un giorno un viandante riunirà le genti della Torre, che non sono più in grado di comunicare tra loro”. Questo è l’incipit che descrive il gioco di Rundisc. Qui il nostro compito non è quello di allontanare, ma di avvicinare chi non riesce più a comunicare con persone di altri popoli. Vediamo dunque qui sotto più nel dettaglio cosa ne pensiamo di questa avventura, pubblicata sotto la forte ala di Focus Entertainment, da noi testato su Xbox Series X.
Chants of Sennaar: simboli, disegni, simboli, disegni…
Appena iniziata l’avventura, potreste trovarvi un po’ spiazzati: siamo questo personaggio con un lungo mantello rossastro e cappuccio, di cui non si vede neppure il volto. Iniziamo a muoverci per il mondo di gioco, ma non ci viene spiegato dove siamo e quale sia la nostra missione. In generale, il gioco non vi aiuterà troppo sulla direzione da scegliere, ma il tutto si integra bene sul vivere generale in game. Incontriamo i primi punti di interesse e le prime persone, appaiono delle scritte, delle linee di dialogo, ma sono dei segni in lingue che non possiamo comprendere, e quindi siamo ancora più spaesati. Rundisc, per creare i 5 linguaggi del gioco, ha preso ispirazione da culture reali: oltre ad avere simboli diversi, i linguaggi potranno differire anche per il costrutto stesso della frase. Fidatevi, avrete qualche problema a tradurre da una popolazione che utilizza all’inizio il soggetto rispetto ad una che utilizza il complemento oggetto. Ma questa è la straordinaria bellezza del gioco: scoprire a poco a poco come differisce una lingua dall’altra.
Nel concreto, ogni volta che vedrete un simbolo nuovo (che sia la scritta su un edificio o una parola nei dialoghi delle persone), verrà annotato sul vostro taccuino. E qui la confusione potrebbe fin da subito prendere il sopravvento, ma non demordete: non appena verranno segnati, potrete ipotizzare a cosa quei simboli corrispondano: ad esempio, se quel simbolo è la prima parola che dice una persona con cui parlate, potrebbe essere un saluto, se invece è messo in corrispondenza di una leva che, azionata in una certa direzione apre una porta, potrebbe voler dire “aprire”. In quel caso vi basterà quindi andare sul simbolo nel taccuino e scrivere la vostra ipotesi. Da quel punto in poi, in tutti i punti in cui comparirà quello stesso simbolo ci sarà scritta anche la vostra traduzione temporanea: per farla poi diventare sicura e definitiva, dovrete triggerare una serie di simboli (che potrebbero non seguire una sequenza prestabilita), e collegare il simbolo a dei disegni che compariranno sul vostro taccuino. Il nostro viandante infatti si fermerà un attimino per disegnare l’azione corrispondente (che dà una mano enorme per capire la parola), e avrete la possibilità di mettere alla prova le nostre capacità deduttive. Quando il viandante disegna, disegna su due pagine un numero di azioni variabili, che possono essere tre, come quattro, come di più. Potremmo quindi confermare i simboli legati a quelle azioni tutte insieme, se riusciremo però a collegare tutti i simboli corrispettivi in quelle due pagine. Ovviamente, non dovrete indovinare la parola esatta scrivendola, vi basterà semplicemente collegare il simbolo al disegno corrispondente: prendere nota dell’ipotesi della parola serve unicamente per aiutarvi poi con il collegamento. E lo dico, indovinare gli abbinamenti può rendere orgogliosi delle proprie capacità da linguista. Vero, a volte potrete andare semplicemente a tentativi casuali, e a volte collegherete parole di cui avevate ipotizzato un significato completamente diverso, ma ehi, fa parte del gioco! La cosa sicura è che, andando avanti, la fortuna non sarà più vostra amica, e in alcune situazioni dovrete veramente ragionare tanto, vedere tanto, girare tanto, parlare tanto, per capire effettivamente quale sia la parola giusta.
Tra enigmi, fasi stealth e traduzioni verso la cima della Torre
Fortunatamente, in un gioco in cui la lingua ha un peso specifico non indifferente, non c’è l’ostacolo ulteriore del dover tradurre anche l’inglese, essendo il titolo disponibile in italiano. A tal proposito, doveroso sottolineare anche l’ottimo lavoro di traduzione fatto, in quanto sicuramente il dover tradurre 5 diverse simbologie partendo però da un’altra lingua come fonte (ipotizzo francese, essendo lo studio di sviluppo francese), ed adattarla ad un costrutto italiano, facendolo rientrare nello schema di gioco, non deve essere stato un lavoro semplice, tutt’altro. In ogni caso, il linguaggio è si fondamentale, ma non è l’unico punto del gioco: si traduce, vero, ma all’interno di un mondo vivo e con una sua coerenza dove bisogna anche nascondersi da talune persone, e dove per aprire una porta bisogna magari trovare una chiave. Il gioco di base è strutturato come un’avventura punta e clicca (anche perché la versione PC, a differenza di quella console, utilizza proprio il puntatore), in cui trovare oggetti che devono essere messi in punti specifici per sbloccare una determinata situazione: non ci sarà un inventario alla Monkey Island per dire, però un minimo di ricerca in questo senso ci sta. La vera sfida arriva però quando dovrete risolvere enigmi che prima di essere decifrati devono essere tradotti: una sorta di sfida nella sfida. Ammetto, in una situazione sono arrivato molto vicino al farmi dare una mano con un walkthrough, ma ho aspettato, continuato a pensare, e alla fine, fiero, ce l’ho fatta con le mie forze. Il gioco allena la mente, ed è un suo grande punto a favore. A spezzare il ritmo, sono presenti anche dei mini-giochi, dove servirà scoprire le parole anche per capirne il regolamento, e che vi aiuteranno a trovarne di altre guardando proprio il modo in cui funzionano.
Durante la scalata avrete molto da camminare, con gli enigmi che variano a seconda del livello della torre: non c’è una sensazione di ripetitività in questo senso e, se a prima vista imparare ad ogni livello un nuovo linguaggio può risultare impegnativo, alla fine si rivela il motore che fa ogni volta ripartire il gioco, e che vi terrà impegnati per un buon quantitativo di ore. Nella mia run, abbinando tutte le parole, andando a spulciare un po’ tutto lo spulciabile, ho impiegato circa 15 ore, con diverse situazioni in cui sono rimasto bloccato tipo vicolo cieco. Sicuramente una mente più sveglia può ultimarlo in meno tempo, ma almeno per la prima run, difficilmente sotto le 8. Ore queste che passano facendo diversi saliscendi nei vari livelli della torre, facilitati da comodi teletrasporti che vi porteranno ad un backtracking forse un po’ oltre il dovuto, ma che vi permetterà ogni volta di trovare nuovi collegamenti tra i 5 popoli che abitano la torre. Un’altra situazione che spezza il ritmo di gioco rendendolo più vario, è dato dalle fasi stealth. Non tutti i gli abitanti vedono di buon occhio il nostro povero viandante, e in alcune situazioni dovrete districarvi e nascondervi per non farvi vedere e andare avanti. Mai nulla di troppo complicato, ma forse con i controlli del pad queste sezioni possono risultare un filino macchinose.
Raccontare una storia bella nel modo giusto
Tutto questo in un mondo disegnato con uno stile minimale che si abbina alla perfezione alle sensazioni che il gioco vuole trasmettere. Non c’è bisogno di lineamenti per le persone, il nostro protagonista non mostra neanche il volto, molte persone che incontrerete hanno una maschera o un elmo. Così come le voci: non c’è un vero e proprio doppiaggio, ma versi, semplici, che riescono a far capire lo stato e l’umore degli abitanti. Il tutto con il sottofondo di altrettanti suoni ambientali azzeccati, piccoli jingle quando si scoprono determinati posti e una colonna sonora coerente che fa un uso ritmico quasi tribale, con archi e fiati che molte volte tendono ai suoni mediorientali, spesso accompagnati da voci soliste di livello.
Ogni livello della torre ha un suo stile, con una sua palette di colori. Ogni popolo ha le sue usanze, i suoi tratti, le sue paure e le sue ambizioni. Rundisc ha fatto un lavoro certosino e riuscito, dando vita ad un mondo vivo all’interno della Torre, dove, seppur senza una voce narrante, viene raccontata una storia che ha bisogno di essere ascoltata, e tradotta.
Piattaforme: PC, PS4, PS5, Xbox One, Xbox Series X/S, Switch
Sviluppatore: Rundisc
Publisher: Focus Entertainment
Posso dirlo abbastanza in sicurezza: per gli amanti dei puzzle e delle avventure punta e clicca in senso più ampio, Chants of Sennaar è un titolo da avere. Abbina un utilizzo originale e ben riuscito di enigmi attraverso linguaggi da scoprire, ad un mondo e un ambiente stilistico che calzano. Un titolo che fa capire come gli ostacoli linguistici possano essere un freno, ma possono poi diventare uno strumento per scoprire altre culture e altre usanze, che spesso possono combaciare con le nostre. Uno dei titoli più interessanti usciti in questo settembre, più in generale, nell’anno e, più in generale, negli ultimi svariati anni.
