Yakuza Like a Dragon Provato in Anteprima dal Tokyo Game Show 2019

Yakuza Like a Dragon

Chiunque sia stato al Tokyo Game Show nel 2019, avrà avuto la precisa sensazione, proprio come l’abbiamo avuta noi, di star assistendo al ritorno di tanti classici del passato e del gaming d’autore giapponese, rispetto agli anni scorsi in cui invece compagnie come Sega e Bandai Namco avevano dovuto cedere il passo alle seducenti sirene dei colossi del mobile gaming. La presenza di un colosso del gaming autoriale alla giapponese come Yakuza, d’altronde, conferma invece la rinascita di un Paese che ha ricominciato a guardarsi dentro e a riscoprire la sua forza nascosta, dirompente come quella di un drago. Non è assolutamente un caso quindi che Yakuza Like a Dragon, settimo episodio della fortunata serie di Nagoshi-san e Sato-san, si proponga al pubblico come una netta rivoluzione rispetto ai precedenti episodi, i quali, seguendo purtroppo l’esempio di tante altre storiche saghe giapponesi, si erano fossilizzati sul riproporre elementi di gameplay collaudati, reiterando senza migliorarla mai una formula ormai più che collaudata.

Yakuza Like a Dragon

Yakuza Like a Dragon, d’altronde, intende voltare completamente pagina, abbandonando il manierismo degli episodi precedenti e proponendo piuttosto un nuovo protagonista e una linea narrativa completamente originale. Ma il mutamento è ancora più profondo, dal momento che andrà a toccare anche l’essenza più pura di Yakuza, o almeno quella che noi ritenevamo essere tale, ovvero il sistema di combattimento, che abbandona il classico stile da picchiaduro sopra le righe per abbracciare una natura interamente nuova: il combat system a turni. Un mutamento inaspettato, dunque, ma totalmente coerente con l’idea della serie di proporre da sempre, sopra ogni cosa, un’esperienza immersiva calata nel contesto di uno dei Paesi più affascinanti al mondo: il Giappone.

Yakuza Like a Dragon: Il folle all-in di Toshihiro Nagoshi

Diamo quindi il benvenuto al nuovo protagonista, Ichiban Kasuga, che si troverà al centro di una serie di eventi che lo vedranno contrapposto contro i suoi nemici in un’arena che ha il sapore dei primi Dragon Quest e Final Fantasy. Facile capire perché la scelta abbia letteralmente spaccato in due la fanbase, dal momento che questa inattesa novità va a minare nel profondo l’idea che abbiamo sempre avuto di Yakuza come  serie basata sull’intensità dello scontro fisico. Al tempo stesso, il sistema a turni non può in alcun modo cogliere sorpreso il fan accanito medio di Yakuza, che ne ha sempre apprezzato il suo sfondare la quarta parete e l’uso di sistemi completamente astratti dall’azione per comunicare il divertimento, a partire dagli ormai iconici minigiochi collocati nel folle quartiere di Kamurocho. Il bello del combat system del nuovo Yakuza è il suo essere completamente aderente ai canoni classici JRPG, senza alcuna concessione quindi alla deriva iniziata da Tales of Phantasia in poi: insomma una scelta di design senza compromessi, o tutto o niente, in una mossa che è perfettamente in linea con la follia esuberante del Maestro Nagoshi. In effetti, anche il solo aspetto del protagonista, ironico e “trash” rispetto all’austero Kiryu, ci avrebbe dovuto far capire fin dall’annuncio del gioco quanto Nagoshi e il resto del team avrebbero spinto il pedale dell’acceleratore sull’assurdità. E, se tanto ci da tanto, la tana del Bianconiglio sembra essere molto, molto più profonda. Per inciso, Kasuga è già apparso nella serie: è il protagonista di Ryu ga Gotoku Online, uno spin-off  della serie incentrato sulle carte uscito l’anno scorso.

Yakuza Like a Dragon

Ogni aspetto del combat system sembra richiamare la nostalgia dei vecchi giochi di ruolo su SNES, con il classico menu per selezionare gli attacchi, siano essi speciali o addirittura curativi. Chiaramente questo non vuol dire che Yakuza Studio abbia semplicemente copiato il classico template dei videogiochi ruolistici d’annata del Sol Levante, al contrario tutti gli elementi tipici della serie sono stati mantenuti anche in questo “nuovo” (si fa per dire) sistema. Come da tradizione di Yakuza, Ichiban può sfruttare a suo vantaggio gli elementi dello scenario che lo circondano, dando vita a situazioni di gameplay emergente, come scagliare un nemico lontano e vederlo travolto da una macchina in corsa. A livello puramente estetico, il passaggio dal combattimento real-time al turn-based è stato assolutamente indolore, ed è evidente la volontà dei designer di rimanere fedeli non tanto alla tradizione, ma allo spirito della serie, nella consapevolezza che quello che rende grande Yakuza non sono tanto i suoi sistemi di gioco, le meccaniche e le dinamiche, quanto piuttosto l’atmosfera di epica follia che è in grado di evocare attraverso i suoi personaggi e le ambientazioni.  Inevitabilmente, quindi, anche i combattimenti turn-based mostrati nella demo erano un vero e proprio tripudio di suoni e colori, il trionfo dell’esuberanza, della bizzarria e del sovraccarico sensoriale.

Tales of Yokohama

Da qui nasce l’esigenza di variare il modello classico del JRPG pur rimanendo in un seminato molto classico, aggiungendo per esempio la possibilità di posizionare strategicamente i compagni del proprio “party” (che effetto usare questi termini parlando di Yakuza!) e assistere a tutte le varie dinamiche che si vengono a generare dalle loro interazioni. Il posizionamento è quindi cruciale per controllare il flusso della battaglia, per esempio provando a usare degli ostacoli presenti nell’arena proprio come se fossero delle coperture. In realtà, a uno sguardo più attento, ci si rende conto di come l’introduzione di un sistema di battaglia a turno sia solo la punta dell’iceberg di un gioco che è diventato ancora più folle dei predecessori, il che è davvero un risultato notevole se consideriamo che i giochi precedenti sono, ancora oggi, gli esempi più smaccati del livello di assurdità ai quali può giungere il gaming alla giapponese.

 

Difficile che vedremo mai dei veri incantesimi lanciati da Ichiban, ma certo che tra lui che lancia una molotov creando un turbine di fuoco e un qualunque attacco legato all’elemento fuoco in Final Fantasy XV, la differenza sembra davvero minima. La volontà di sfondare con prepotenza tutti i limiti del surreale, già tuttavia ampiamente superati nei capitoli precedenti della saga, si manifesta alla perfezione nella scelta del nuovo setting, Yokohama, un’area che gli sviluppatori promettono essere tre volte più grande rispetto al passato. Non escludendo, tuttavia, la possibilità per i giocatori prima o poi di tornare a Tokyo. Ma se le premesse saranno esplosive almeno la metà di quanto sembrano essere al momento, Yakuza Like a Dragon, Yokohama e le sue follie sapranno rapirci così tanto da non farci rimpiangere neanche un po’ le ormai leggendarie gesta di Kazuma Kiryu in quel di Kamurocho.

Proviene da un lontano pianeta, ma ha deciso di stabilirsi sulla Terra perché qui ci sono i videogiochi più belli. Ama la Nintendo e i JRPG (più sconosciuti sono meglio è), e aspetta il giorno in cui potrà trasferire la sua coscienza in un essere sintetico.