L’eredità storica di Square Enix è impressionante, a ben pensarci. Generalmente si tende a pensare subito a Final Fantasy e Dragon Quest, naturalmente, con tutte le loro possibili iterazioni e appendici, ma in realtà la quantità di titoli, IP e franchise importanti(ssimi) o quantomeno storici è enorme, soprattutto nel genere jrpg, dove regna incontrastata per quantità e qualità media.
Negli ultimi anni stiamo vedendo, per fortuna il recupero di questa memoria storica, tramite remastered e remake di alcuni titoli e saghe relativamente minori, come SaGa e Seiken Densetsu, ovvero Mana. E se abbiamo avuto una imperdibile collection dei primi tre titoli della serie (rimasterizzati e, il terzo, per la prima volta in versione occidente) oltre a un vero e proprio remake moderno 3D del secondo –Secret of Mana– e del terzo, Trials of Mana, la saga della Spada Sacra e dell’Albero di Mana ha ancora tanto da raccontare, ancora e ancora. Ecco dunque l’occasione per riscoprire Legend of Mana.
Legend of Mana: “Ricordati di me”.
Tutti i giochi della saga di Mana hanno in comune un setting da fiaba high fantasy, trasognato, ricco di buffe creature e colori pastello, con storie leggendarie che affondano nella notte dei tempi, ricollegandosi a strutture basilarie leggendarie come, per l’appunto, l’Albero di Mana, fonte primogenia di potere. Legend of Mana, sebbene si distacchi in più punti nel gameplay rispetto ai suoi predecessori, mantiene quest’aspetto tematico: l’avidità dell’uomo, ma anche il suo eroismo, verranno attratte dalle radici del mistico arbusto, in un’avventura incredibile e incantata.
Quarto gioco della saga, dicevamo, ma col senno di poi è divenuto un effettivo spin-off: il quarto capitolo della serie regolare è difatti Dawn of Mana, uscito originariamente su PlayStation 2. Sebbene mantenga un tono avventuroso e una trama che si svolge con varianti (o, perlopiù, aggiunte) a seconda delle scelte del giocatore, la gestione del party fa un passo indietro rispetto a Trials of Mana, presentando un unico protagonista e una serie di comprimari, con tantissime storie secondarie da scoprire e intrecciare ma con un fattore rigiocabilità inevitabilmente diverso.
È lo svolgimento, il flow stesso del gioco a essere diverso, e quanto mai libero: le zone che compongono il “mondo” di gioco potranno essere affrontate in modo sempre diverso a ogni playthrough, perché dipendono non solo da come e in che ordine il giocatore vorrà esplorarle, ma anche da come vorrà “disporle”. Il cosiddetto Land Creation System, difatti, vi pone nei panni di un vero e proprio demiurgo, creando opportunità e situazioni sempre nuove a seconda degli artefatti che scoprirete e che vi permetteranno di aggiungere un tassello alla vostra mappa.
“Abbi bisogno di me.”
Si tratta di un sistema che dona una gran libertà d’azione, ma al contempo potrebbe rendere l’esperienza dispersiva e ostica se non si riesce a entrare nel meccanismo; meccanismo che, comunque, potrebbe risultare fin troppo machiavellico nelle sue svolte più intricate. Riuscire a scoprire tutte le combinazioni migliori in una sola run è praticamente impossibile, e farne di successive è un’impresa riservata solo a coloro che si sono ambientati a dovere nel mondo di Fa’Diel. C’è il rischio, insomma, di concludere la propria avventura anzitempo e in maniera non troppo soddisfacente, a seconda delle proprie scelte, e doversi “accontentare” di un’esperienza incompleta. Legend of Mana è un titolo che richiede dedizione e la volontà di lasciarsi andare a ritmi di gioco e scelte di design non convenzionali, che non vanno tanto capite quanto assecondate. Anche se volesse dire perdersi (letteralmente) in un’avventura apparentemente a tratti insensata o dai toni troppo dispersivi. Per la maggior parte del gioco vi sembrerà di non seguire neanche una vera e propria traccia di sottofondo, una macrotrama, quanto di vivere un sottobosco di infinite storie intrecciate tra loro. Sapersi lasciar coinvolgere non sarà facile, a volte, ma sarà molto gratificante se (ma solo se) si riuscirà a entrare nel mood.
“Trovami, e camminami a fianco.”
Mood (e atmosfera) che sono il cuore dell’esperienza di gioco, quello che vi porterà a spendere decine di ore anche solo a esplorare, craftare o anche solo provare a ottenere il meglio dal minigioco Ring Ring Land, che approda per la prima volta in occidente dopo il suo originale exploit sulla mini-console/accessorio portatile Pocket Station. Una sorta di boardgame esplorativo molto interessante da un punto di vista dell’archeologia videoludica, e probabilmente unico “sopravvissuto” ufficiale di questa sfortunata piattaforma accessoria alla PSX, che Square all’epoca supportò più di tutti.
L’esplorazione, o meglio, il “vivere” gli ambienti in cui ci immergiamo, sarà un’esperienza per certi versi unica e che ci trasporterà in un mondo da sogno, saltuariamente (o anche spesso, a seconda della propria indole) interrotto da combattimenti in tempo reale che vorrebbero essere il potenziamento del combat system dei precedenti giochi ma che, in realtà, assomigliano per certi versi più a dei picchiaduro a scorrimento non proprio raffinati, nonostante le enormi varianti e possibilità. L’esperienza di gioco in queste sezioni suona davvero retrò e potrebbe non incontrare i gusti di tutti, tanto che Square Enix ha deciso di aggiungere un’opzione con cui i combattimenti diventano perlopiù ozpionali. Un cambiamento non da poco, e non è il solo. La volontà, difatti, è stata chiaramente quella di svecchiare il titolo senza snaturarlo, inserendo così diversi potenziamenti dal punto di vista della quality of life: tra questi anche un pieno supporto ai controlli per mouse e tastiera nella versione PC e i salvataggi automatici. Un livello d’attenzione e cura che siamo davvero ben lieti di notare: esattamente quello che vorremmo vedere in una remastered di pregio come questa.
Piattaforme: PlayStation 4, PC, Nintendo Switch
Sviluppatore: Square Enix
Publisher: Square Enix
Legend of Mana è un titolo in cui vive (e perdura) un’anima classica, che Square Soft ha cercato di perpetrare smussandone gli spigoli, ma lasciandone intatto lo spirito. Lo si può notare anche nella gestione artistica, che vede arrangiamenti magistrali dei temi musicali che, ad ogni modo, non li stravolgono, e ancor di più nell’aver ripulito in maniera a dir poco squisita gli sfondi di gioco, lasciando però gli sprite in pixel art, creando un curioso connubio che risulta letteralmente adorabile su schermi ridotti (come può essere quello della Switch Lite) ma stona tantissimo su pannelli televisivi di dimensioni anche solo medio-grandi.
Il problema principale, ad ogni modo, è che Legend of Mana è un titolo di enorme atmosfera ma già all’epoca dell’uscita non adatto a tutti i palati, nemmeno a tutti i fan dei precedenti giochi della saga, da cui si allontana quel tanto che basta nel gameplay e nella gestione della storia per farne un’adorabile “pecora nera” che si ama o si detesta cordialmente. Se si riesce a “stare al gioco” ed entrare nel mood potrebbe essere il titolo con cui giocherete di più nei prossimi mesi; se, invece, nonostante la cura di SE nella ricalibrazione di certe meccaniche non riuscirete a entrarvi in sintonia, potreste presto abbandonarlo.
Se cercate un JRPG dalle solide meccaniche di combattimento e una trama molto coesa, cercate altrove. Se invece non vedete l’ora di perdervi letteralmente in uno sconosciuto mondo di fiaba, accomodatevi: Mana “vi darà tutto quel di cui avete bisogno”.