Dietro al nome Resting Relic c’è Joe Winter, unico dev del team, che ha sviluppato in solitaria Song of Iron. Winter, nell’industria da 15 anni, ha deciso di dare vita al suo primo titolo indipendente, nato inizialmente come progetto secondario, ma poi diventato un prodotto vero e proprio. Partendo da questo presupposto, si può meglio inquadrare il gioco, che già ad una prima occhiata risulta comunque estremamente gradevole. Testandolo “sul campo” si trovano alcuni difetti, ma giocarlo nell’ottica dello sviluppatore solo può far comprendere meglio l’idea di quello che è il sogno di tante persone che lavorano nell’industria del gaming: fare un gioco totalmente proprio. E qualche giorno fa il sogno di Winter si è realizzato, con l’uscita a fine agosto su PC, Xbox One e Xbox Series X/S. Noi lo abbiamo testato nella versione PC.
Song of Iron: una corsa in cerca di vendetta
Ma cos’è nel concreto, Song of Iron? Un action/adventure, con elementi platform e qualche semplice rompicapo, ambientato in terre ispirate alla mitologia nordica. E fino a qui, descrizione base. Ma ovviamente in mezzo a queste parole c’è il carattere e la voglia messe da Winter. La storia, a grandi linee, racconta qualcosa di già visto, ma lo fa con una certa personalità. Nel villaggio del nostro protagonista (potrete scegliere la versione maschile o femminile, cambierà solo a livello estetico) è scoppiato il caos, il re Wolfrick ha deciso di dare fuoco, fare razzie e uccidere gli abitanti. Tra questi, la persona amata dal protagonista, che in punto di morte donerà un ciondolo, con la promessa di partire per la vecchia foresta e trovare la “god stone”. Da quel momento inizierà un viaggio che, simbolicamente da una pira, vi porterà con il fuoco della vendetta a correre lungo tanti ambienti diversi con l’unico scopo di fare fuori gli uomini del clan, più qualche mostro non troppo amichevole. La storia si svilupperà poi all’interno del gioco con alcuni incontri e dialoghi, anche con personaggi noti della mitologia del nord. E per come è strutturato il gioco, la storia è raccontata nel modo giusto: pochi dialoghi, brevi, essenziali.
Anche perché di suo, il gioco risulta essere piuttosto breve. Un bravo giocatore può finirlo anche in una run di un paio d’ore. Certamente però, mediamente, potrete ritrovarvi a morire spesso e ripetere più volte gli stessi punti, andando ad aumentare inevitabilmente il tempo di gioco. Questo, oltretutto, si va anche a fondere con l’elemento della corsa che traspare nel gioco. Sembra abbastanza evidente che lo sviluppatore abbia voluto sottolineare l’importanza del volere arrivare a destinazione il prima possibile, avendo messo delle parti, anche piuttosto lunghe, che sono però vuote di nemici ed enigmi, dove godersi dei bei scatti veloci. Allo stesso tempo, queste lunghe corse vi faranno apprezzare i vari scorci ambientali, con paesaggi che sottolineano il buon lavoro dell’Unreal Engine sotto questo punto di vista. Proprio per quanto riguarda gli ambienti, ne troverete di vari tra interni ed esterni, da foreste a grotte, con attenzione ai dettagli e a ciò che è sullo sfondo, con in più delle scelte audaci che possono essere molto apprezzate, come fortemente criticate. Noi optiamo per la prima.
Asce, spade, scudi da spezzare e da raccogliere
Andando ad analizzare in modo più approfondito il gameplay, partiamo con il dire che l’approccio con il pad può risultare più comodo rispetto a mouse e tastiera. In ogni caso, la prima parte del gioco funzionerà come tutorial, che vi farà apprendere le basi. Il fulcro del gioco gira attorno ai combattimenti che il nostro/a protagonista si troverà lungo la strada. Sarete muniti di un arma corpo a corpo, uno scudo e un arco per l’attacco a distanza. La potenza dell’attacco corpo a corpo può essere dosata con la pressione del tasto. Winter paragona il combattimento di Song of Iron ad un vecchio combattimento da bar western, con sedie che volano, lanci di bottiglie e nemici che finiscono fuori dalle finestre del saloon. E in effetti, la sensazione da rissa da bar non è lontana dalla realtà, ma presenta comunque un certo ragionamento da mettere in atto. Dovrete saper alternare la parata dello scudo all’attacco, senza fiondarvi a testa bassa, poiché in molte situazioni compariranno diversi nemici a schermo che vi potranno attaccare da entrambe le direzioni. E vi ritroverete omoni che vi saltano addosso con l’ascia, mentre dalla distanza qualcuno vi spara frecce. Spesso, la fuga con la capriola e lo scatto possono risultare la migliore delle soluzioni.
Perché bisogna conoscere anche i nemici stessi e i loro movimenti, sapere ad esempio che contro gli arcieri è meglio andare subito contro e sbarazzarsene velocemente, per poi pensare ai nemici muniti di ascia e scudo. Nemici che, una volta morti, dropperanno le loro armi. Caratteristica di Song of Iron è infatti quella di recuperare e cambiare molto frequentemente l’arma e soprattutto lo scudo, in quanto si romperà con facilità. Le armi stesse poi, potranno essere lanciate contro gli avversari, uccidendoli sul colpo, ma ciò vi farà restare momentaneamente disarmati. In quel caso vi rimarrà un sempre sano pugno, o il potente calcione, che farà cadere gli avversari. Se per alcuni nemici è molto telefonata la scelta di scagliargli contro ascia, spada o quant’altro, durante alcuni combattimenti può risultare più dannoso che altro. L’utilizzo dell’arco risulta un po’ più meccanico, e sono poche le situazioni in cui si dimostra veramente efficace: le frecce potranno essere raccolte anche dopo averle utilizzate. Durante i combattimenti ammetto di aver avuto qualche problema ed essermi imbattuto in qualche bug, a tratti irritante, che hanno un po’ inficiato l’esperienza di gioco. In particolar modo qualche volta non arrivava l’input dell’attacco, oppure partiva l’attacco caricato anche con poca pressione, tramutando il tutto in un irrimediabile serie di travolgenti fendenti nemici. Per quanto riguarda l’intelligenza artificiale, in alcune situazioni gli avversari sembrano leggere perfettamente le mosse del giocatore, in altre invece risultano quasi spaesati, tanto da restare inermi anche quando gli starete a due passi. Un mix bilanciato, si potrebbe pensare, ma non so quanto voluto. In ogni caso, ricordatevi che i nemici possono colpirsi tra di loro, e potrete sfruttare questa caratteristica a vostro favore.
Abilità, boss fight e nemici che entrano dallo sfondo
Le armi non hanno un valore di forza numerico, si differenziano per tipo, ma dovrete capire voi con quale vi sentirete meglio. L’unica progressione che c’è in Song of Iron viene data da alcuni oggetti speciali che troverete e che vi faranno sbloccare delle abilità, che vi permetteranno di variare il tipo di gioco. Ad intervalli più o meno regolari, ci saranno delle boss fight, alcune delle quali potranno darvi anche una certa soddisfazione. Potrebbero non risultare profondissime in quanto a pattern e strategie da seguire, ma non devono neanche essere sottovalutate. Ho trovato che si incastrano molto bene nel flow generale del gioco. A spezzare la parte core sui combattimenti, oltre alle corse, ci saranno degli enigmi ambientali, ma che non saranno mai troppo complessi per la risoluzione. Servono più che altro a far “respirare” il giocatore con qualcosa di più vario. Il titolo mostra un interfaccia veramente essenziale: l’unica cosa che vedrete a schermo sono le barre di vita e stamina, e poco altro, come il segnale di armi, scudi e frecce a terra. A proposito di stamina: corse, scatti e arrampicate la faranno diminuire. Occhio soprattutto a quando state scalando, potreste scivolare senza capirne il motivo.
Abbiamo già fatto capire che graficamente il gioco fa il suo, così come la fluidità, e per essere un prodotto con questo tipo di produzione, risulta ancora più sorprendente. Le scelte stilistiche passano da alcune parti in cui l’uso delle ombre ricorda un’escamotage alla Limbo, ad altre in cui cui si aprono bei varchi di luce, che giocano su alberi e colonne nei diversi piani visivi. A tal proposito, vedrete spesso nemici presenti sullo sfondo arrivarvi addosso per combattervi, facendo risultare l’ambiente intorno a voi ancora più vivo. Anche la forte presenza, quasi simbolica, delle statue vi farà comprendere meglio, quasi inconsciamente, l’universo di gioco. La parte musicale, affidata a Will Goss, punta più ad un fondo continuo, ma ha dei picchi che giocano sulle percussioni quasi tribali, quando serve mettere ritmo nelle situazioni più pericolose. Alcune melodie ritornano ricorrenti in determinate circostante.
Piattaforme: PC, Xbox One, Xbox Series X/S
Sviluppatore: Resting Relic
Publisher: Resting Relic
Song of Iron è un buon titolo! Con diversi difetti, ma che mostra l’anima del suo unico sviluppatore e gli dà una forma concreta. Può risultare una sfida, relativamente breve, che gli amanti delle leggende del nord e dei mondi vichinghi, ma non solo, possono apprezzare, e che vi porterà qualche ora in compagnia di un mondo ben progettato.