The Saboteur – Recensione PC/PS3/Xbox 360

Il sabotatore, ovvero quando il free roaming cammina a braccetto con la Seconda Guerra Mondiale.

Può un gioco essere originale e banale al tempo stesso? Assolutamente sì, e The Saboteur, nel genere dei giochi in free roaming a cui appartiene, ne è un esempio. È originale perché immerge la tipica mappa in cui scatenare il libero arbitrio umano in un contesto storico in cui di solito si riconoscono gli sparatutto: la Seconda Guerra Mondiale. Ed è banale perché, tra tutti i free roaming visti ultimamente (facciamo dei nomi: Assassin’s Creed II, inFamous su PS3, Red Faction: Guerrilla) propone missioni e situazioni che sembrano una rimasticatura di cosa già viste, molto più di quanto succede negli altri titoli appena citati.

Scendiamo nel dettaglio: voi impersonate Sean Devlin, un “partigiano” irlandese che si è unito alla resistenza parigina, e proprio nella capitale delle baguette e del brie dovrà procurare qualche “fastidio” dinamitardo alle milizie hitleriane che l’hanno appena invasa. Si parla di imboscate, attentati, sabotaggi, che implicano fughe in macchina, corpo a corpo, scontri a fuoco, pedinamenti, infiltrazioni furtive e altro ancora. Il tutto con la possibilità di scalare tranquillamente la facciata di qualsiasi costruzione parigina (Torre Eiffel compresa) sfruttando le verande delle finestre, i balconi, i cavi elettrici che corrono da un edificio all’altro. Le possibilità di movimento sono molteplici e ricalcano senza troppi veli il già citato Assassin’s Creed II.

Quello appena descritto non è l’unica variabile in grado di garantire possibilità al buon Sean, vista l’ampia possibilità di sfruttare risorse “offensive”. Se all’inizio del gioco si ha a disposizione una semplice pistola, lungo il corso dell’avventura ci si ritroverà ad utilizzare armi e ordigni che non solo saranno sempre più vari (fucili di precisione, esplosivi a tempo, doppiette etc.) ma beneficeranno di una gamma sterminata di migliorie relative a precisione, potenza e molto altro.

Insomma, The Saboteur è un free roaming ben attrezzato in cui non si può dire che non si avverta un bel senso di progressione, grazie alla costante evoluzione di armamentario e repertorio di iniziative del protagonista. Anzi, a dirla tutta, il gioco ha un’attenzione particolare anche per la fase stealth: il “livello di attenzione” delle sentinelle naziste passa per tre livelli di allarme, esistono “aree di ricerca” che sorgono dopo che scatta la caccia all’uomo e ci sono persino dei rifugi che, una volta raggiunti, azzerano il livello di allarme dei nazi.

Il problema è che tra azione sparacchina, motorizzata o circospetta, ci sono sensazioni di deja-vu molto più forti che nei giochi analoghi succitati: si trafuga una macchina, si assassina un alto ufficiale, si scappa, si attende dietro un riparo che una guardia vi volti le spalle e via così, senza che ci siano contromisure o iniziative particolari che distinguano The Saboteur dalla massa. Nulla che che dia alle missioni qualcosa di caratterizzante o che vivacizzi un po’ le dinamiche stealth. Il tutto in un momento in cui Assassin’s Creed II sta facendo vedere ottime cose proprio in questo senso.

Rimane insomma impresso più lo scenario che altro: un po’ perché, come detto, è una novità per il variopinto mondo del free roaming, un po’ perché gli sviluppatori hanno fatto un buon lavoro nel ritrarre locali e monumenti storici parigini, situazioni disturbanti tipo fucilazioni o i rastrellamenti per le strade. Non che a livello tecnico il motore grafico brilli particolarmente, ma alla fine l’ambientazione ha comunque il suo bell’effetto contestualizzante.

Non ci resta che ripetere quanto scritto poc’anzi: The Saboteur è un gioco attrezzato, che piacerà ai patiti del free roaming, contenti di immergersi in uno scenario tutto da sviscerare in piena libertà (le sotto-missioni collezionistiche ed esplorative non mancano), ma allo stesso tempo sembra un titolo che si accontenta di soddisfare lo “zoccolo duro” (che in questo caso è amplissimo, per carità) di patiti del genere, attenendosi a dinamiche e situazioni già ultrasperimentate in vari altri prodotti della medesima tipologia. Nonostante l’ambientazione particolare, alla fine tutto pare molto più derivativo che in altri concorrenti diretti.