Uno dei miei primissimi ricordi legati ai videogiochi è la demo di Broken Sword su PlayStation. Ero poco più che un bimbo e la prima scena mi rimase talmente impressa da ricordarla perfettamente nonostante siano passati più di vent’anni. George, il biondo protagonista, seduto a un tavolino di un bistrot francese, la Tour Eiffel alle spalle, un pagliaccio orribile e malvagio che faceva saltare in aria il ristorante. In un certo senso quindi sono affettivamente vicino alla saga di Broken Sword. Di certo però non sono uno di quei fan che si sono stracciati le vesti nel momento in cui Revolution ha annunciato l’apertura del Kickstarter dedicato al quinto capitolo. Broken Sword 5: La maledizione del serpente, segue una filosofia simile a quella che ha animato Broken Age di Tim Schafer: esaudire i desideri, anche demodé, di una certa fetta di pubblico.
Condividono la stessa provenienza (anche Broken Age è saltato fuori da Kickstarter) e una certa rivendicazione di dignità da parte di queste avventure grafiche che, a costo di concedersi momenti strampalati e non perfettamente logici, si discostano dalle ultime produzioni del genere. In un certo senso mi hanno aperto gli occhi su una situazione: esiste ancora un mercato per questi titoli che oggi sono sostituiti dai parenti più prossimi, ossia i lavori di Telltale o Quantic Dream o, come nel recentissimo passato, da esperimenti come Until Dawn. Broken Age e Broken Sword non passano forzatamente attraverso una lente che è quella della cinematograficità o del linguaggio seriale della televisione. Con questa idea forte in testa, e dopo un anno dall’arrivo su PC, La Maledizione del Serpente giunge in una nuova edizione dedicata alle console PlayStation 4 e Xbox One, con una serie di aggiustamenti grafici e in forma completa, racchiudendo entrambi gli episodi usciti in precedenza su computer.
PARIGI VAL BENE UNA MOSTRA
Questa quinta avventura diventa un’occasione per rimettere in gioco tutti gli elementi che i fan della saga hanno sempre amato. L’incipit è proprio ambientato a Parigi, con uno scorcio che ricorda esattamente l’inizio del primo Broken Sword. Il mistero è nelle mani di George e Nico, la bellissima giornalista francese, ma i personaggi ricorrenti della serie faranno la loro comparsa nel dispiegarsi dell’avventura.[quotedx]i dialoghi, pur concedendosi spesso parentesi sopra le righe, sono scritti in modo semplice ma efficace[/quotedx] I due protagonisti si trovano impelagati nell’ennesimo caso da risolvere: durante una mostra in una galleria d’arte, un uomo, con un casco in testa a coprirne il viso, entra, uccide il gallerista e ruba La Maledicciò, un’opera che ha strani collegamenti con i vangeli gnostici. Di lì la questione si sviluppa in prima battuta come un thriller molto classico, con la solita frode da parte di un uomo ricco e senza scrupoli, ma poi arriva a mescolare elementi sovrannaturali come in un Indiana Jones o, più propriamente visto l’argomento, un libro di Dan Brown. Il livello di scrittura è sempre buono, i dialoghi pur concedendosi spesso parentesi sopra le righe, sono scritti in modo semplice ma efficace e hanno l’ottima intuizione di non prendersi mai troppo sul serio. Questo permette ai momenti che lo richiedono di mantenere un tono grave ma senza eccedere, grazie allo sguardo colorato e al lavoro di caratterizzazione dei personaggi. Da un certo punto di vista questo si traduce in comprimari che spesso sono poco più che macchiette, ma i loro tratti così rozzi e stereotipati danno comunque un’idea forte dei caratteri con cui si interagisce e risultano quindi funzionali al racconto.
COME SI FACEVA UNA VOLTA
Broken Sword 5 è un regalo ai fan di vecchia data della serie. L’equivalente delle avventure grafiche odierne, proprio per voler assecondare l’andamento da montagna russa del cinema e la struttura delle serie TV (con episodi brevi e caratterizzati dal colpo di scena finale), risultano profondamente diverse da quest’ultima fatica di Revolution. La Maledizione del Serpente scorre in maniera placida, a volte fin troppo compassata. Interagire con un oggetto significa dover aspettare che George, con la sua andatura ciondolante, lo raggiunga e quindi lo analizzi, con attese che spesso sono anche di diversi secondi.[quotesx]Broken Sword 5 è un regalo ai fan di vecchia data della serie[/quotesx] Perfino le battute all’interno dei dialoghi sono spezzate dalle animazioni dei personaggi. La struttura poi si concede spesso anacronistiche ellissi temporali in cui, su schermo nero, appaiono riferimenti come: “Il giorno successivo…” e “Dopo un lungo racconto…”. Insomma, questa nuova iterazione della serie è nel bene e nel male un’opera che ricalca un passato un po’ lontano ma che, con le giuste misure, ancora oggi sa offrire grande divertimento. Gli enigmi sono tanti e spesso non così banali da essere risolti nel giro di qualche minuto. Qualche volta bisognerà ricorrere al sistema di aiuti del gioco (ottimo, davvero ben studiato, con la possibilità di ottenere indizi sempre più consistenti sulla soluzione) perché quello che succede sembra non avere nessun senso e al giocatore è richiesto di provare a utilizzare ogni oggetto nell’inventario, sperando che accada qualcosa. Altri enigmi invece sono davvero riusciti e piacevoli da risolvere e risvegliano quel tipo di intelligenza laterale che ormai è bella che arrugginita. Ahimé.
Primo e secondo capitolo insieme vi terranno occupati per poco meno di otto ore. Considerando l’ottima conversione e il bellissimo lavoro a livello grafico, con gli sfondi davvero piacevoli disegnati a mano e i personaggi animati in un cel shading delizioso, Broken Sword 5: la Maledizione del Serpente merita assolutamente tempo e attenzione da parte di chi cerca un’avventura grafica ancorata al passato, quanto assolutamente moderna dal punto di vista stilistico. A questo si aggiunge la gradita presenza del doppiaggio in italiano, sebbene non sempre brillante perché spesso caricaturale: fortunatamente è possibile selezionare in ogni momento quello originale, pur mantenendo i sottotitoli nella nostra lingua.