Andrew Stanton è un regista che, da quando è in Disney•Pixar, ha saputo esprimere bene la sua personalissima visione di lungometraggio animato: suoi sono infatti due tra i più noti film della compagnia, ossia Alla Ricerca di Nemo e Wall-E, a cui si aggiunge ora Alla Ricerca di Dory, sequel diretto del primo film sopra citato, con il retrogusto dello spin-off. La tematica dell’abbandono, tanto cara a Stanton, è il liet motiv che tiene salda anche quest’ultima avventura della smemorata Dory, messa nuovamente di fronte all’immensità delle distanze da percorrere. E se il primo film (Finding Nemo, per l’appunto) già poneva il protagonista alla ricerca del figlio, attraverso l’oceano (e non solo) pur di ricongiungersi a lui, Alla Ricerca di Dory si basa sul medesimo concetto di fondo, un’odissea attraverso distanze ritenute impossibili, specie per dei semplici pesciolini d’acqua salata. “Zitto e nuota, nuota e nuota”, ricordate?
Come accennato poche righe più in alto, il personaggio di Dory ha una singola caratteristica che la rende realmente differente da tutti i suoi simili: soffre di memoria a breve termine. Il film di Stanton gioca tutto su questa caratteristica, partendo da un flashback in cui la protagonista in tenera età smarrisce i suoi genitori proprio per colpa della sua singolare menomazione. Nonostante gli anni trascorsi, e lo sforzo di ricordare e di non dimenticare, un bel giorno Dory ha una visione che la convince a mettersi subito alla ricerca di mamma e papà, accompagnata da Nemo, suo padre ed alcuni nuovi amici incontrati strada facendo. Alla Ricerca di Dory è un sequel che compie salti carpiati dalla commedia al dramma, senza soluzione di continuità: la storia di Dory che ha perso tutto a causa della sua memoria bislacca è triste e struggente in perfetto stile Pixar Animation Studios, ma a volte inutilmente diluita e lenta nel narrare momenti chiave, i quali avrebbero potuto tranquillamente essere più incisivi (e commoventi) di come in realtà sono.
Alla Ricerca di Dory è un sequel che compie salti carpiati dalla commedia al dramma
La seconda parte del film, ambientata in un istituto oceanografico, risolleva leggermente le sorti del tutto grazie all’entrata in scena di uno dei personaggi più riusciti dell’intera pellicola, e forse anche della filmografia Pixar tutta: il polpo Hank. Ogni sequenza del mollusco, che in più di un occasione aiuterà la pesciolina smemorata a ritrovare i suoi genitori, è perfettamente costruita e strutturata, incluso il rocambolesco e assurdo finale (degno di una pellicola di Justin Lin, alla massima potenza). Quindi, ad eccezione di qualche sequenza e di qualche risata sparsa qua e la, la visione de Alla Ricerca di Dory fugge via senza infamia e senza lode, piazzandosi in quella fascia intermedia di prodotti destinati rigorosamente ai più piccoli o ai fan sfegatati di Pixar e dintorni (come ad esempio Cars 2, film pensato solo ed esclusivamente per il merchandising ad esso collegato). La speranza è che con i prossimi sequel diretti, tra cui gli ormai prossimi Toy Story 4 e Gli Incredibili 2, Disney•Pixar torni a puntare maggiormente sulla qualità, piuttosto che sul freddo effetto marketing.