Caro visitatore di GamesVillage.it, se stai leggendo questa recensione probabilmente sono morto. I pesantissimi colpi di Michael Bay, Bumblebee, Optimus Prime e di tutto Transformers – L’Ultimo Cavaliere mi hanno mandato in un posto migliore. Un mondo in cui la saga di Transformers non è mai esistita e Michael Bay è il curatore di un parco divertimenti e non un regista.
È probabile che, a un giorno dall’uscita nelle sale italiane, tu ti stia documentando su internet per decidere se spendere o meno dei soldi per il film oppure andare a prendere un hamburger con una pinta di birra fresca in queste torride giornate di giugno. Se avevate qualche dubbio su una scelta ovvia, proverò a fugarli e a consigliarvi la salsa migliore per le patatine.
Dove eravamo rimasti? Questa è la prima domanda che salta in mente all’inizio del film, in quanto i riferimenti alle pellicole passate sono davvero pochini. Non che ci fosse bisogno di uno spiegone o di un riassunto (se volete farvi un recap, vi affido a Screen Junkies), ma magari qualche raccordo in più avrebbe fatto comodo. Il film si apre con una nota storica: centinaia di anni fa, Re Artù e i suoi prodi cavalieri combatterono una battaglia che non sembravano in grado di poter vincere, finché l’ubriacone Merlino non è entrato in possesso di un bastone magico, donatogli dai Transformers già nascosti sulla Terra. Alla morte di Merlino, il bastone viene seppellito insieme a lui e i cavalieri della tavola rotonda e i loro corrispettivi Transformers giurano di proteggerlo e nasconderlo. Arriviamo poi ai giorni nostri in cui i Transformers sono stati dichiarati illegali e sono in lotta con gli umani. Non tutti, però. Ritroviamo infatti il fuorilegge Cade Yeager (Mark Whalberg aka Grazie A Dio Non Shia LaBeouf) sempre alla ricerca di Transformers da riparare, perché lui gli amici li preferisce di metallo. Nel frattempo Sir Anthony Hopkins, nei panni di se stesso a caccia di soldi e massimo esperto di Transformers e di tutto lo scibile (sapevate che Hopkins ha composto anche un valzer?), sta cercando di reclutare Yeager e la bellissima professoressa, filosofa, veggente, astrologa, Madre Natura di Oxford, Vivian Wembley (Laura Haddock), per ritrovare il bastone di Merlino e scongiurare il pericolo derivante da una terribile profezia: Cybertron, il pianeta dei Transformers, distruggerà la Terra. Ovviamente ad aiutarli ci saranno gli amati giocattoloni e il sempre meno mascherato product placement.
Ci avete capito niente? Nemmeno io. Con gli anni ho imparato che domandarsi perché accadano le cose nei film di Michael Bay è sostanzialmente inutile. Filo logico ce n’è molto poco anche in Transformers – L’Ultimo Cavaliere e non solo nell’intero film, ma anche nelle singole scene, tanto da domandarsi “a chi diavolo stavano sparando ora?” o da sbadigliare durante le scene più frenetiche. Perché, caro Michael, gli effetti speciali, i combattimenti di robot in slow motion e tutti quei ghirigori costosissimi in CGI, in realtà sono come un assolo di chitarra: se non c’è il resto della canzone, non funzionano. E il resto della canzone qui non c’è, ma non me lo aspettavo nemmeno e sarei stato folle ad aspettarmelo. Avete presente Armaggedon, no? Ora immaginate il Codice Da Vinci e Independence Day se fossero stati diretti da Michael Bay, poi prendeteli tutti e tre, metteteli in un frullatore all’ennesima potenza e otterrete Transformers – L’Ultimo Cavaliere. Ma guardiamo il lato positivo, almeno Michael Bay ha avuto la decenza di non mettere Bill Pullman come presidente degli Stati Uniti.
Non sono un grande fan del 3D, quindi se dicessi che in questo caso è più inutile del solito potrei essere di parte, ma è un grosso problema del film se unito ad altri due aspetti: la lunghezza e il rapporto d’aspetto. Per chi non lo sapesse, il rapporto d’aspetto è il rapporto matematico tra la larghezza e l’altezza di un’immagine. In Transformers – L’Ultimo Cavaliere ce ne sono ben tre, il che significa che sullo schermo la grandezza dell’immagine varia quasi in continuazione. Unite questo effetto ottico agli occhialini 3D e potete capire il fastidio che si genera. Per quanto riguarda la lunghezza del film la risposta che ci si può dare è sempre la stessa e dipende sempre da lui: è un film di Michael Bay. Le parti morte, quelle inutili e i combattimenti senza senso si sprecano, rendendo il film appena sopportabile e ringraziamo il cielo quando dopo due ore e mezza riusciamo finalmente a leggere il vero titolo del film, ovvero “Directed by Michael Bay“.
Come un attore del calibro di Anthony Hopkins sia finito in un film del genere come Transformers – L’Ultimo Cavaliere è un mistero universale. No, non è vero, non lo è. “So$$oldi” direbbe se fosse Maccio Capatonda e noi potremmo obiettare a Sir Hopkins “ma Sir, è un film terribile” e lui ribatterebbe “Soccomunque$oldi“. Nonostante tutto l’attore britannico, così estraniato dai soliti contesti, regala gli unici sorrisi del film insieme al suo robot Cogman, un C-3PO sociopatico. Anzi proprio Cogman ci offre il momento migliore del film e l’unico barlume di lucidità di Michael Bay, che dimostra di sapersi prendere in giro. Durante una scioccante rivelazione di Hopkins a Whalberg e Haddock, Cogman suona l’organo e canta in sottofondo per rendere più epico il momento, in pieno stile Bay. Chapeau.
In fondo però quella di Bay è una sorta di foga bambinesca che lo spinge sempre oltre il limite per cercare di sbalordire lo spettatore e non si può dire che in questo non sia generoso. Un vecchio maestro, però, mi disse che nel cinema l’importante non è che il pubblico abbia di più, ma che ne voglia di più. Con la saga di Transformers, Michael Bay ha fin qui incassato 3 miliardi e 772 milioni di dollari, mentre io sto qui a scrivere dei suoi film. Forse ha ragione lui.