Se siete rimasti indietro con i precedenti episodi, potete leggere la recensione del primo episodio qui, del secondo qui e del terzo qui.
L’opera di DONTNOD ha già stregato il mondo. Il fatto che non sia ancora terminata è solo qualcosa di marginale: accompagnare la giovane Maxine in giro per Arcadia Bay ha fatto gioire, preoccupare e commuovere migliaia di videogiocatori fin troppo abituati a killer spietati, tombe da razziare e granate sacre. È proprio per questi motivi che attendevo questo quarto episodio con un’ansia di proporzioni epiche, ma nel contempo ero anche orribilmente preoccupato per il futuro della serie: Chaos Theory, il terzo capitolo di Life is Strange, è stato una vera e propria bomba di emozioni e lacrimuccie strozzate sul nascere, e la paura di trovarmi di fronte a una caduta di stile da parte di DONTNOD era altissima. Purtroppo i miei sensi di Astro avevano ragione.
UNA LACRIMA SUL VISO
La prima mezz’ora di Dark Room è magistrale. Non ho memoria di altri titoli che mi abbiano sbattuto in faccia con tale crudezza le difficoltà della vita quotidiana: l’importanza di una vera amicizia e le sue mille sfaccettature, la fatica nel mandare avanti una famiglia e soprattutto il modo in cui la malattia può logorarti il corpo e l’anima. La casa francese qui ha davvero fatto il botto, regalandoci dialoghi mai scontati ma dannatamente veri, accompagnati da un furbo – e geniale – silenzio assoluto: nessuna dolce colonna sonora accompagna questi momenti drammatici, facilitando enormemente la nostra immersione. Mai prima d’ora, davanti a una difficile decisione morale, ho mollato tutto per uscire di casa e prendere una boccata d’aria, rimandando il più possibile l’inesorabile scelta. Questa è la vera magia di Life is Strange: metterci in crisi per un pugno di script e poligoni. Se ci ripenso mi commuovo nuovamente, mannaggia al mio cuore barbuto.
MASTERCHEF
Ahimè, dopo tale meraviglia, DONTNOD volterà pagina abbastanza brutalmente, tornando nei ranghi e offrendoci ciò a cui ormai ci siamo abituati da inizio anno. Ciò è più che normale, anzi: sarebbe proprio da folli aspettarsi importanti novità ogni paio di mesi. Purtroppo però non ho affatto digerito qualche infelice idea da parte della casa francese: per cominciare, il potere di Maxine non è affatto sfruttato a dovere, tanto che lo useremo solo un paio di volte per risolvere qualche facile enigma, rendendolo di fatto una veloce scorciatoia per evitare di ricaricare un vecchio salvataggio in caso qualcosa vada storto.[quotedx]La prima mezz’ora di Dark Room è magistrale[/quotedx]I dialoghi diventano sempre meno ispirati minuto dopo minuto, fino a raggiungere l’apoteosi della noia nelle parti finali dell’avventura. Infine DONTNOD gioca sul sicuro, aggiungendo nuove variabili all’equazione invece che cominciare a darci qualche risposta concreta. Ormai manca un solo episodio per poter mettere la parola “fine” all’opera, e temo vivamente che ci sia troppa carne sul fuoco per poter servire un buon piatto non bruciacchiato o crudo, ma confido con tutto il cuore sulle capacità “culinarie” della casa francese.
L’OSCURA CAMERA OSCURA
La cosa che più mi ha dato fastidio, come già accennato sopra, è l’aver parcheggiato i poteri di Max in secondo piano: proprio come temevo nel primo episodio, i dialoghi a scelta multipla, vera e propria anima di Life is Strange, ora sono delle odiose sessioni trial and error in cui riavvolgere il tempo più e più volte con lo scopo di “azzeccare” le risposte giuste. Tale espediente, insieme a una quantità spropositata di dialoghi fini a sé stessi, non fa altro che allungare fin troppo il brodo. Mi piange il cuore, perché reputo l’opera DONTNOD uno dei titoli più importanti dell’anno, e spero vivamente che con l’ultimo capitolo la casa francese si redima da ogni svista compiuta in questo Dark Room, che seppur sia nel gradino più basso della mia classifica personale dei vari episodi, rimane un signor titolo capace di farci commuovere e gioire come solo pochi altri prima di lui. Non dobbiamo fare altro se non aspettare ottobre e, finalmente, tirare le somme con la dovuta calma. Max, non deludermi.