Diversi anni prima che le sale giochi si riempissero di imponenti cabinati, logori arcade stick e videogame di ogni risma, i ragazzi erano soliti immolare i pochi spiccioli di cui disponevano su un altare del divertimento ben diverso, che molti giovani d’oggi rischierebbero di confondere con una qualche mostruosità steampunk.

Chi era avvezzo al suo culto, non esitava a definire questo spigoloso costrutto meccanico come una vera e propria filosofia di vita, e alcuni giuravano di provare sensazioni quasi erotiche nell’interagire con esso. Sebbene nessuno possa garantire che il buon Harry Mabs avesse davvero in mente il sesso quando, nel 1947, inaugurò la produzione di Humpty Dumpty, il primo prototipo di Flipper ufficialmente denominato come tale, è senz’altro innegabile che esso abbia ridefinito quantomeno radicalmente il concetto di entertainment giovanile.

Non a caso, a tutt’oggi, i sociologi di mezzo mondo continuano ad elaborare teorie piuttosto affascinati sul ruolo svolto da questo gioco nel processo di emancipazione che caratterizzò la gioventù del dopoguerra. Elucubrazioni teoriche a parte, quel diabolico groviglio di molle elastiche, calamite a scatto, lustrini stroboscopici e pinne ben oliate, non era poi così diverso dai nostri beneamati videogame: risolvendosi essenzialmente nella mera ricerca del punteggio più alto possibile, la “flipping experience” viveva in effetti della sola esaltazione di chi ne usufruiva, senza avere uno scopo ben preciso.

Da questo particolare punto di vista, il Flipper smette pertanto di rappresentare un universo totalmente slegato dalla sfera dell’intrattenimento elettronico, trasformandosi di colpo nell’antesignano del più puro concetto di videogioco: quello dei Pong, degli Space Invaders e dei Pac-Man. O, per meglio dire, la filosofia del giocare, per il solo, matto gusto di farlo!
C’ERA UNA VOLTA LA BAGATELLE…
Al contrario di quanto si possa supporre, il Flipper vanta radici ben più antiche di quelle attribuitegli per convenzione dai mass media, come pure dei trascorsi alquanto turbolenti che lo videro più volte equiparato al Gioco d’Azzardo e, conseguentemente, oggetto di campagne di diffamazione da parte dei benpensanti. Sia come sia, la lunga storia di questo meraviglioso macchinario ebbe idealmente inizio nell’unico luogo che, a ben pensarci, poteva battezzare una rivoluzione di questa portata… Vale a dire il solito, meraviglioso, inevitabile Giappone.
A seguire, un romantico viaggio nella cultura pop occidentale che vale senz’altro la pena di gustarsi tappa per tappa…
1750 – Si tende ad inquadrare l’antico Biliardo Giapponese come il primo, effettivo antenato del nostro Flipper. Questa versione alternativa del più antico Pachinko montava già una leva elastica grazie alla quale era possibile proiettare la sfera su un tabellone costellato da intricati schemi geometrici costituiti da chiodi in ferro.
1780 – I salotti bene di mezza Francia salutano l’avvento della propria versione del Bliardo Giapponese, la “Bagatelle”. Scopo del tutto è quello di lanciare una biglia su una larga tavola di legno bucherellata nel tentativo di centrare fori disseminati sul tavolo da gioco. Onde preservare la tradizione del biliardo occidentale, i gentiluomini dell’epoca preferivano servirsi della classica stecca, piuttosto che del meno “romantico” dispositivo a molla utilizzato dai “colleghi” nipponici.
1870 – Una compagnia specializzata nella manufattura di giochi da tavola, la Montague Redgrave di Cincinnati (USA), modifica l’architettura di base della Bagatelle applicando ad essa una molla elastica adibita al lancio della biglia. Questa soluzione richiese l’istallazione completa della superficie di gioco su una base solida, eliminando così la possibilità di inclinarla.
1931 – Le bettole di Chicago si riempiono di “Bagatelle all’Americana”: è l’inizio della produzione industriale degli antenati del Flipper. Secondo gli intellettuali dell’epoca, questo gioco “aiutava il popolino a combattere lo stress accumulato a seguito della grande crisi economica del ’29”.
1935 – Gli imprenditori David Gottlieb e Ray Moloney commissionano l’istallazione di postazioni da gioco nei parchi di divertimento. Nel gergo poplare inizia timidamente a diffondersi il termine “Pinball”. Poco dopo Mr. Moloney fonderà la Bally Manufacturing.
1942 – L’ingegnere Harry Williams introduce il meccanismo noto come “tilt” nelle nuove macchine da gioco: questo stratagemma interrompeva automaticamente la partita nel caso in cui il giocatore colpisse troppe volte il rispettivo chassis nel tentativo di influenzare il percorso della biglia.

1946 – Steve Kordek brevetta le classiche pinne da flip atte a colpire ripetutamente la biglia per rispedirla sull’area di gioco, ribattezzando questa variante del Pinball col nome di “Triple Action”.

1947 – Dopo aver apportato alcune modifiche minori al progetto di Kordek, Harry Mabs inaugura la produzione di Humpty Dumpty, una nuova serie di macchine a tema, registrando ufficialmente il nome di Flipper.
1950 – Esplode negli States il fenomeno “Flipper”, anche se gli americani continueranno per sempre a far riferimento ad esso come “Pinball”.
1975 – La Micro Games produce The Spirit of ’76, il primo Flipper dotato di microprocessori e Display elettronico: si tratta dell’ultima, radicale evoluzione strutturale registrata nel settore.