La trilogia di E.D.N. III troverà finalmente la sua giusta conclusione?
Lost Planet è stato un franchise alquanto altalenante e parecchio discusso. Il suo esordio ha corrisposto quasi a quello di Xbox 360, tanto da essere ritenuto uno dei primi titoli davvero next-gen, soprattutto per via dell’eccellente impatto grafico. Il gameplay aveva i suoi difettacci, inutile negarlo, specialmente legati a un sistema di controllo inutilmente complicato per uno shooter, in particolare se paragonato all’apparente semplicità di un Gears of War. Però l’atmosfera originale e le varie trovate, come i mezzi trasformabili, fecero registrare un notevole apprezzamento da parte di pubblico e critica. Il seguito invece credo non l’abbia davvero compreso nessuno, nemmeno Capcom stessa che lo ha sviluppato: uno strano mix di elementi online e offline incapaci di concretizzare qualsiasi idea con particolare successo. Un pastrocchio talmente indigesto da aver messo la saga a riposo per oltre tre anni. Ora siamo in dirittura d’arrivo con questo terzo (e conclusivo?) capitolo, per il quale i giapponesi hanno preferito adottare una politica esterofila: esattamente come per Devil May Cry, si è preferito affidare la produzione a un team al di fuori dai confini nazionali, in questo caso particolare parliamo dei californiani di Spark Unlimited. Il loro non è un curriculum da Premio Oscar, dato che negli ultimi anni si sono fatti notare solo per Turning Point: Fall of Liberty e Legendary, non esattamente dei capolavori.
A onor del vero attualmente sono impegnati sull’interessante Yaiba: Ninja Gaiden Z, affiancati da quel geniaccio di Keiji Inafune. Insomma, meritano sicuramente una possibilità e non è detto che un punto di vista differente non possa far riemergere Lost Planet dal suo torpore.
Qualcuno ha un paio di tonnellate d’insetticida?
Sarà anche per questo che il team americano ha preferito distaccarsi dall’evoluzione tropicale del secondo capitolo, andando piuttosto a esplorare le radici di E.D.N. III, l’immenso pianeta ghiacciato, teatro degli eventi di gioco: una terra inospitale quanto ricca di preziosa energia, essenziale per la sopravvivenza del genere umano. Il giocatore si ritrova così a impersonare il ruolo di un colono affiliato alla potentissima NEVEC, tale Jim Peyton: un lavoratore che potremo assimilare agli odierni operai delle piattaforme petrolifere, costretti a turni massacranti, lontani dalla famiglia per mesi, per svolgere compiti ben pagati quanto mortalmente pericolosi. Peyton infatti si troverà a esplorare la gelida superficie del planetoide per recuperare l’Energia Termica, affrontando nel contempo un clima a dir poco ostile e tutte quelle amabili bestiole note come Akrid. Queste specie di chimere, un mix di creature che sembrano uscite da un incubo di un entomologo ubriaco, mal sopportano la nostra presenza e tenteranno di farci la pelle praticamente in ogni occasione. In mezzo a questo delirio ci sono i Pirati delle Nevi, che a quanto pare vivono da quelle parti da molto più tempo e non hanno intenzione di stare a guardare mentre la NEVEC bucherella la loro amata palla di ghiaccio.
Adesso che sono sul mio gigantesco RIG non fai più tanto il grosso, eh?
La trama insomma si prevede ricca di colpi di scena, anche per via della notevole attenzione che gli sviluppatori hanno posto sulla narrazione (il gioco sarà doppiato tutto in italiano, quindi non dovrete affidarvi ai sottotitoli per capirci qualcosa), ma ovviamente è il gameplay quello destinato a fare la differenza. L’impatto, pad alla mano, è decisamente meno complesso rispetto al passato e ora si ha la percezione di controllare il proprio personaggio senza doversi ricordare bizzarre combinazioni di tasti. È un bel passo avanti, anche perché non mancano i mech che da sempre contraddistinguono la serie, questa volta rappresentati sotto il nome di Rig, enormi bipedi da lavoro, potenti ma completamente disarmati. Il loro ruolo è fondamentale per la difesa della base NEVEC e ci permetteranno di spostarci nelle aree esterne, pur con dei limiti: non di rado infatti toccherà scendere dal mezzo e darci da fare armati di pistole, fucili, mitra, bombe e via discorrendo. Come da copione, armi e potenziamenti assortiti non mancheranno proprio, l’importante è avere il denaro sufficiente per acquistarli. Conviene non lesinare, dato che gli Akrid sono tanti e parecchio resistenti, per non parlare del fatto che se non li colpite nel loro punto debole, siete destinati a sprecare solo un gran numero di proiettili. Insomma gli scontri si presentano alquanto impegnativi e uscire vivi dal confronto con alcuni di questi esseri non sarà per nulla una passeggiata.
Per quanto piccoli, è meglio non sottovalutarli.
Per quel che concerne il contorno, e mi riferisco all’aspetto più tecnico, devo dire di aver riscontrato decisi passi avanti rispetto alla prima build testata qualche mese fa. Spark Unlimited ha preferito utilizzare il buon vecchio Unreal Engine 3, piuttosto che l’MT Framework di Capcom, ma il risultato, in particolare lo stile, non si discosta poi molto da quello del primo Lost Planet. Il tutto risulta piuttosto fluido (la versione provata era quella Xbox 360), con una buona resa generale delle ambientazioni e dei vari mostri, mentre ho trovato un po’ troppo lunghi i caricamenti fra una sezione e l’altra. Mi auguro che questo aspetto venga sistemato prima che il gioco sbarchi nei negozi, anche perché è davvero noioso dover attendere una ventina di secondi ogni volta che si perde una vita.
In ogni caso mi sento di rassicurare (o meno, dipende dai punti di vista) quelli che temevano una contaminazione di Dead Space in Lost Planet. Da quanto ho visto i due titoli non potrebbero essere più distanti e a parte un’ambientazione vagamente simile e la visuale in terza persona, ben poco li accomuna.