1994 – A vedere le modeste conversioni Amiga dei vari capitoli di saghe quali Mortal Kombat e Street Fighter verrebbe da pensare che il super computer Commodore avesse un vero e proprio problema coi picchiaduro a incontri. A dispetto di ogni eventuale perplessità, il Personal più amato di sempre poteva invece sfoggiare un discreto parco di titoli a tema, molti dei quali sviluppati in relativa economia da giovani sviluppatori ansiosi di regalare ai suoi possessori un titolo che sapesse regalare ai suoi possessori l’ebbrezza dell’Hadouken.

Tra i vari progetti legati a questa coraggiosa fascia di produzioni spicca senz’altro per efficacia il possente Shadow Fighter dei NA.P.S. di Messina e credeteci quando sottolineiamo che detta affermazione non sia figlia ad alcuna forma di campanilismo. Assieme al leggendario Body Blows del Team 17 il lavoro firmato da Domenico Barba e Fabio Capone può essere difatti considerato come il miglior esperimento di genere ad aver mai calcato l’hardware di un home computer a 16Bit. A trasformare un codice che, almeno inizialmente, era lecito definire sperimentale in un’opera di valore assoluto sarebbero intervenuti diversi fattori concettuali, come ad esempio il notevole impatto visivo favorito da sprite imponenti e scenari caratterizzati da molteplici layer di parallasse.

Dovendo tuttavia individuare il punto forte dell’intero lavoro, saremmo in ogni caso propensi ad attribuire meriti ancor maggiori alla robusta intelaiatura strutturale alla base gameplay. Oltre a rivelarsi assai performante, l’interfaccia di comando pareva in effetti non patire il vincolo che legava l’esecuzione di qualsiasi colpo alla pressione dell’unico tasto “fire” a disposizione dei Joystick. E questo è davvero un record se si considera che ognuno dei 16 personaggi disponibili disponesse di ben 25 mosse differenti!

Apprezzato pressoché incondizionatamente da tutti gli appassionati dell’epoca, Shadow Fighter ottenne numerosi riconoscimenti anche dalla stampa specialistica internazionale, che non mancò di estendere le lodi espresse anche ad aspetti di contorno quali il ricco comparto sonoro curato da Fabio Cicciarello.

Alla luce dei traguardi raggiunti illo tempore, ma anche in virtù del coriaceo stuolo di appassionati che il gioco vanta a tutt’oggi in ambito retrogaming si può in tal senso riconoscere al team NA.P.S. il merito di aver contribuito a sfatare i più odiosi cliché legati al movimento del game design italiano, nonché a rimarcare che, se messi nelle condizioni di operare con serenità, anche “noi” sappiamo farci valere ai tool di sviluppo!