Nonostante Persona 5, l’ultima iterazione numerata dello spin-off più conosciuto di Shin Megami Tensei, abbia venduto oltre due milioni di copie in tutto il mondo, classificandosi di fatto come uno dei migliori titoli della Atlus in assoluto in termini di ricavi, l’occidente ha da sempre relegato questa curiosa parafrasi delle persona e delle ombre di junghiana memoria in chiave ruolistica a gradevole produzione di nicchia, senza mai ritenerla davvero in grado di competere ad armi pari con i rappresentanti più blasonati del genere come Final Fantasy o, in tempi relativamente vicini, Dragon Quest. Discorso diverso per il Giappone, invece, dove la saga di Persona ha assunto connotati da autentico fenomeno culturale di massa, trascendendo i propri confini digitali per riversarsi in una moltitudine di altri mezzi espressivi come fumetti, romanzi, concerti, rappresentazioni teatrali e serie animate, l’ultima delle quali è destinata a concludersi il prossimo 30 dicembre con uno special per la TV. E così, un’opera nata come derivativa è riuscita a conquistare un’identità tutta sua ed ha generato di conseguenza un gran numero di titoli paralleli di buona qualità, dal dungeon crawler Persona Q che deve molto alla comprovata formula di Etrian Odyssey al picchiaduro Persona 4 Arena firmato Arc System Works: i concetti di ispirazione teologica e filosofica, la peculiare caratterizzazione dei personaggi e la formidabile direzione artistica riescono a spiccare anche nei titoli che non fanno parte della serie principale, ma anche i brani composti da Shoji Meguro hanno rappresentato negli anni uno dei tratti distintivi dell’epopea urban fantasy, con la sua corposa miscela di melodie orchestrali, sintetizzate e jazz con diversi influssi tendenti verso il rock e l’hip hop. E quale occasione migliore per enfatizzare il comparto acustico del gioco se non quella di realizzare un prodotto incentrato proprio su quest’ultimo? Anzi, facciamo tre titoli: la Endless Night Collection contiene infatti sia l’originale Persona 4: Dancing All Night, rilasciato tre anni fa su PlayStation Vita, che i successivi Persona 3: Dancing in Moonlight e Persona 5: Dancing in Starlight, nei quali i protagonisti dei rispettivi capitoli si scatenano sulla pista da ballo seguendo il ritmo di svariati estratti dalle colonne sonore, originali o riarrangiati, e mettendo a durissima prova i riflessi dei giocatori che inseguono le note giuste in giro per lo schermo. Oltre alla versione portatile, questa volta Persona Dancing si affaccia anche sulla console ammiraglia di casa Sony, per offrire proprio a tutti la possibilità di gustare questa curiosa reinterpretazione musicale dell’eterna lotta tra la luce e le tenebre: il contributo di Dingo Inc., autori di Hatsune Miku Project DIVA, dovrebbe garantire un certo livello qualitativo alla raccolta, perciò non resta che verificare se Atlus sia davvero riuscita a tenere il tempo.
Ovunque tu sia, ci incontreremo ancora
Come detto poc’anzi, l’idea di confezionare un gioco di ballo con i personaggi degli omonimi JRPG era stata messa in pratica da Persona 4: Dancing All Night, rilasciato su PSVita nel 2015, perciò quanti hanno avuto modo di cimentarsi con il gameplay di quest’ultimo sanno già cosa aspettarsi: i modelli tridimensionali dei ballerini sono riprodotti a regola d’arte, con il cast di Persona 3 che beneficia delle migliorie più consistenti (e fa quasi desiderare di poter mettere le mani su un rifacimento dotato della medesima cura), e possono esibirsi in una serie impressionante di acrobazie seguendo alcuni fra i passaggi melodici più (o meno, ma questo è un discorso che affronteremo tra poco) conosciuti delle tre avventure mentre le note di accompagnamento fluttuano dal centro dello schermo verso i bordi, e tenere il tempo è tutta una questione di premere i pulsanti giusti nel momento in cui si sovrappongono all’interfaccia grafica, che ricorda una sorta di esagono per via della disposizione dei comandi. Come tutti gli esponenti del genere, il primo impatto è abbastanza confusionario e già il livello di difficoltà intermedio potrebbe sembrare eccessivo per un neofita, ma pian piano la cadenza, i BPM e la melodia iniziano a diventare familiari e la distribuzione apparentemente casuale delle note acquista un senso, in particolar modo se conosciamo il contesto originario. Lo “scratch”, ovvero i battiti facoltativi da tenere con un movimento extra come una rapida scorsa del dito sul touchscreen/touchpad o sulla levetta analogica, che amplificano il punteggio ma non impattano sullo stesso se vengono ignorati, tradiscono la natura fondamentalmente portatile dello spin-off, che sembra cucito addosso al piccolo schermo della PSVita: sebbene infatti la versione PS4 può vantare una risoluzione e un livello di dettaglio maggiori rispetto alla sorellina (peraltro vero soltanto per Dancing in Moonlight e Dancing in Starlight, dato che Persona 4: Dancing All Night è un porting diretto con tanto di modelli a bassa densità poligonale, interfaccia grafica ingombrante e video sgranati), la grandezza dello schermo casalingo è in realtà uno svantaggio quando si tratta di inseguire i simboli colorati che accompagnano la melodia, fatto esacerbato ulteriormente in Dancing All Night perché la nuance dei simboli e gli effetti stroboscopici dei fondali spesso si intersecano impedendo di capire con chiarezza cosa stia succedendo a video.
La storia è sempre stata il fulcro vitale dei vari Persona, tanto da venire incorporata anche in Persona 4 Arena sotto forma di romanzo visivo interattivo che forniva corposi intermezzi fra un combattimento e l’altro: Persona 4: Dancing All Night ha tentato un approccio molto simile, con un racconto che costituisce a tutti gli effetti un prosieguo delle vicende narrate nel JRPG i cui contenuti rivaleggiano persino con i passaggi più oscuri della saga principale, ma l’eccessiva lunghezza delle sequenze non interattive e l’assoluta mancanza di ascendente delle scelte operate nel corso dei dialoghi lo rende più un male necessario che un valore aggiunto. Per questo motivo, sia Moonlight che Starlight hanno evitato prudentemente qualsivoglia legame con gli eventi “ufficiali” ed abbracciato la ben più confortevole strada della non canonicità, con una trama molto leggera che vede tutti i personaggi coinvolti all’interno di un sogno comune nel quale l’energia mentale di ciascuno gli consente di muoversi come meglio crede, mentre Elizabeth (nel caso di Persona 3) oppure Justine e Caroline (da Persona 5) supervisionano gli sforzi degli aspiranti ballerini farneticando di una certa competizione con la loro sorella maggiore (Margaret di Persona 4, chiaramente). Si tratta insomma di una scusa divertente che non ci costringe ad estenuanti maratone di testo per arrivare al nocciolo, ossia mettere alla prova i nostri riflessi in una grande sfida danzante.
Svegliati, alzati, esci!
Gli unici scampoli di storia presenti in Moonlight e Starlight sono brevi eventi sociali che imitano la porzione in stile simulatore d’appuntamenti dei Persona moderni, nella quale cerchiamo di rafforzare il legame con gli altri personaggi per sbloccare potenziamenti assortiti: in questo caso, gli scambi di battute con gli altri comprimari servono a regalare un po’ di doveroso fan service agli appassionati ed a sbloccare diversi capi di vestiario che potremo poi equipaggiare una volta saliti sul palcoscenico. I nostri compagni possiedono diverse conversazioni che vengono abilitate dal livello delle nostre performance, ulteriore incentivo ad affinare le nostre capacità ripetendo tutti quei passaggi nei quali non abbiamo brillato fino a padroneggiare ogni singola movenza. Purtroppo, tutti e tre i titoli soffrono di una certa ripetitività nell’offerta musicale: molte delle canzoni che compongono la colonna sonora sono infatti reiterate più e più volte con interpretazioni diverse, che siano remix oppure esibizioni live, e la presenza di pezzi strumentali privi di coreografia ma provvisti di montaggi che richiamano alcune scene distintive tratte dai corrispondenti giochi di ruolo può essere interpretata sia come una simpatica occasione per rivivere momenti già vissuti che come un pigro tentativo di allungare il brodo.
In aggiunta, come accaduto in Giappone, sono previsti un gran numero di contenuti cosmetici aggiuntivi sotto forma di DLC da pagare a parte, operazione commerciale che lascia sempre un po’ di amaro in bocca in questi casi. Se non altro, il pacchetto contiene nel complesso oltre 60 brani di qualità (quasi sempre) indiscutibile, in grado di fare la gioia tanto degli appassionati di lunga data quanto dei nuovi proseliti che si avvicinano alla saga con questa bizzarra iterazione, ulteriormente motivati dal fatto che il margine di errore è piuttosto generoso e le sequenze consecutive di comandi sono relativamente facili da immettere e da dominare con una certa sicurezza, almeno rispetto ad altri titoli simili e ben più ostici come Rhythm Heaven, Ouendan/Elite Beat Agents o lo stesso Project DIVA: è un peccato che il confronto con quest’ultimo sia a netto svantaggio di Persona Dancing, perché il titolo dedicato alle Vocaloid della Crypton Future Media offre allo stesso prezzo, nella sua versione completa Future Tone, circa 200 canzoni e un numero spropositato di abiti e accessori cosmetici da conquistare senza dover sborsare alcun costo extra.
Persona Dancing: Endless Night Collection è una bella variazione sul tema che tutti i fantici dello spin-off di Shin Megami Tensei dovrebbero provare, anche solo per l’occasione di ammirare il variopinto cast di personaggi in un contesto inedito e divertente. Questi ultimi possono tranquillamente alzare di un punto la valutazione finale, ma non è facile consigliarla con il medesimo trasporto a chi non ha alcun legame con la serie, per il semplice fatto che esistono molte altre produzioni di gran lunga superiori al lavoro svolto dai ragazzi di P-Studio. Ad ogni modo, se volete godervi gli splendidi passaggi acustici di Meguro e sgranchirvi le dita con un rhythm game tutto sommato accettabile, è un acquisto che potete fare tranquillamente ad occhi chiusi.