1997 – Mentre fuori dal Vault impazza il “76-Gate” e un’intera generazione di indignati si appresta a piazzare la propria Jihad sul brand di Fallout, la mente torna prepotente agli antichi fasti del brand in cerca della perduta strada. Per rintracciare il fatidico chilometro 1 occorre spostarsi in California e tornare al settembre del 1997, anno in cui Tim Cain, Brian Fargo e soci ultimarono lo sviluppo del primo episodio della saga.

Il primo Fallout che la storia ricordi presentava un’impostazione concettuale senz’altro simile a quella adottata da Bethesda in seguito all’acquisizione del brand: oltre a condividerne il setting distopico e a presentare un’embrionale struttura sandbox, il codice avrebbe ad esempio sfruttato la medesima interfaccia S.P.E.C.I.A.L. (Strength, Perception, Endurance, Charisma, Intelligence, Agility, and Luck) per regolare gestione del personaggio principale, lasciando inoltre al giocatore un sensibile potere decisionale sulla conduzione dei rapporti con i PNG e la coordinazione delle quest.

Le differenze maggiori sarebbero in tal senso emerse negli ambiti strutturale e visivo, dove un sistema di combattimento dichiaratamente ispirato a parametri tattici dei primi X-Com andava abbinandosi ad eleganti isometrie prospettiche tese ad esaltare lo straordinario coefficiente di dettaglio proprio degli scenari. Ispirata come sempre, la trama portante si sarebbe quindi distinta per spessore e complessità, finendo per anticipare molti degli elementi cardine dell’intera serie, quali ad esempio il ruolo svolto dai Vault e dai microcosmi sviluppatisi al loro interno nella quotidianità del mondo post-atomico.

Costato circa 3 milioni di dollari dell’epoca e sviluppato nell’arco di 3 lunghi anni, Fallout piombò sul mondo dei GdR con una potenza notevole, ritagliandosi subito un posto d’onore ai vertici della categoria. Osannato dalla critica e supportato da un coriaceo stuolo di appassionati, il progetto poté pertanto beneficiare di un repentino sequel (Fallout 2, 1998) che ne avrebbe esaltato ulteriormente le qualità tecniche e c’è da scommettere che Interplay avesse la seria intenzione di chiudere il cerchio intorno ad una sontuosa trilogia…

Le vicissitudini economiche che coinvolsero i vertici della compagnia all’inizio degli anni duemila spinsero tuttavia i vertici della stessa a ripiegare sul varo di due inconsistenti spin-off. Il primo di questi, Fallout Tactics venne distribuito nel 2001 in solo formato PC e andò a lambire un genere più settoriale quale quello degli RTS tattici a squadre; il secondo, Fallout: Brotherhood of Steel, approdò invece su Xbox e Playstation 2 nel 2004 con la chiara intenzione di stuzzicare i gusti più dinamici dell’utenza console.

Accolti con una certa freddezza dal pubblico e stroncati dalla critica, entrambi i progetti lasciarono intravedere un futuro piuttosto cupo per il brand: non a caso, quasi tutti ritengono che, senza il coraggioso intervento di Bethesda, quest’ultimo avrebbe finito col naufragare in un mare di mediocrità da cui sarebbe stato davvero difficile recuperarlo.