Code Vein è uno dei titoli che, negli ultimi mesi, meno ha fatto parlare di sé. L’ultimo nostro hands on, come ricorderete, risale infatti alla scorsa gamescom 2019, dove abbiamo potuto mettere le mani sul titolo. Il nuovo soulslike di Bandai Namco, che fa il suo debutto oggi su PC, PlayStation 4 e Xbox One, complice anche l’effetto dirompente dello tsunami Sekiro, è stato lontano dai riflettori per settimane, lasciando i giocatori a chiedersi che cosa la software house nipponica potesse aver escogitato per metterli, nuovamente, alla prova. Ebbene, negli scorsi giorni abbiamo passato ore in compagnia dei Revenant, i protagonisti di Code Vein, e siamo pronti a raccontarvi il nostro viaggio nel mondo piagato e corrotto di Vein, dove la sanità mentale e i ricordi sono l’unico tesoro per cui valga la pena spargere sangue.
I boss saranno veri ossi duri, pronti a banchettare con la vostra stessa umanità
Una storia articolata e coinvolgente per Code Vein
Non gireremo troppo intorno al punto, la trama e la narazione che Bandai Namco ha confezionato per Code Vein sono uno dei punti di forza del titolo: un anime interattivo, a finale multiplo, nel quale avremo a che fare con molti NPC, amici e nemici, ognuno con la sua storia. Ma andiamo con ordine, cercando di dare un senso a quanto vivremo sullo schermo, e parliamo del mondo di gioco: devastato, corrotto, percorso in lungo e in largo da orde di Revenant divenuti Corrotti, esseri sovrannaturali che hanno perso il senno, ridotti ad uno stato ferino e feroce. I Revenant sono esseri resistenti, praticamente immortali finchè il loro cuore non subisce danni e in grado di tornare dalla morte indefinite volte; attenzione, però, perchè ogni volta che un Revenant resuscita perde parte della propria memoria. Questi vampiri, per mantenere il proprio senno, devono costantemente nutrirsi di Gocce di Sangue, risorsa essenziale che sgorga laddove le propaggini della Sorgente, emergono dal terreno devastato. Recuperarle, in mezzo a tanti corrotti, è praticamente un suicidio ed ecco che i Revenant spesso vengono ridotti in schiavitù dai propri simili per ottemperare a questo gravoso compito. In questo scenario apparirà il nostro protagonista, un Revenant diverso dagli altri: ogni vampiro ha, infatti, il proprio personale Codice di Sangue, l’equivalente delle tradizionali classi, unico per ogni personaggio. Noi, in virtù delle nostre peculiarità, saremo invece in grado di assimilare e padroneggiare ogni Codice di Sangue in cui ci imbatteremo. Questa capacità, comune a pochissimi altri Revenant, ha una rilevanza sempre più pregnante con l’avanzare della storia e man mano che, attraverso battaglie, dialoghi e soprattutto viaggiando nei ricordi dei nostri compagni d’avventura impareremo a conoscerli, scopriremo come il nostro dono abbia un valore e un significato diverso per ognuno dei protagonisti delle vicende in gioco. Lasciamo a voi l’onore di scoprire per intero la trama di Code Vein, dopotutto la longevità del gioco è abbastanza elevata e non sarebbe molto carino farvi spoiler di sorta. Vi diciamo però che la narrazione degli eventi in gioco è, praticamente, costituita da un flusso ininterrotto di informazioni che ci vengono fornite attraverso mille espedienti diversi, non ultimo l’osservazione del mondo di gioco. Dialoghi, cut scene, viaggi nei ricordi dei nostri alleati e nemici: ogni nuova area, ogni scontro, ci darà qualche nuovo tassello del puzzle e, in più di un’occasione, quello che scopriremo cambierà le carte in tavola: come vi dicevamo ogni personaggio, in Code Vein, ha i suoi motivi e le sue aspirazioni e non è detto che tutti i Revenant amichevoli non lo siano per esclusivo tornaconto.
Sangue, memoria, tutto è legato in Code Vein. La perdita è sempre dura, anche per un Revenant
Spietato, vasto e labirintico: ecco il mondo di Code Vein
Il mondo di gioco, Vein, è una piccola opera d’arte per quanto riguarda il level design: vario, articolato su più livelli interconnessi da scorciatoie e scale, spesso attivabili risolvendo degli enigmi ambientali dalla soluzione non sempre scontata. Girovagando nel mondo di Code Vein incontreremo molti nemici diversi, Corrotti che hanno assunto le più svariate forme e che ricorrono ai più tremendi artifici e inganni per tenderci letali imboscate. Se, da un lato, la varietà delle ambientazioni che andremo ad esplorare -zone più o meno estese che spaziano da picchi innevati a torride città percorse da tempeste di sabbia- è sicuramente un punto a favore di Bandai Namco, lo stesso non si può dire di molti dei nostri avversari: la varietà di questi è limitata ed è molto frequente incontrare nemici già apparsi in aree precedenti e che differiscano da questi solo in virtù delle proprie debolezze o resistenze a determinati effetti di stato. L’utilizzo spregiudicato di asset, dalle texture ai modelli fino alle animazioni, è palese e in un certo modo “spezza” l’incanto di Bandai Namco, trasformandosi in un difetto abbastanza fastidioso. Le aree di gioco, tutte interconnesse tra loro, variano non solo per tipo di ambiente ma anche per vastità e, in alcuni casi, si trasformano in veri e propri incubi labirintici. Per fortuna Code Vein ci dà tutti gli strumenti per navigare sicuri, compresa una minimappa -inspiegabilmente non navigabile- e alcuni oggetti utili per marcare il nostro cammino. Un tratto distintivo della minimappa è la possibilità di ripercorrere i nostri passi, che vengono tracciati in tempo reale da una scia sulla mappa di gioco, consentendoci di barcamenarci tra i molti bivi e deviazioni che caratterizzano il mondo di gioco. Le sessioni di esplorazione, durante le quali potremo guadagnare non solo molta Foschia -la valuta di gioco che ci consente di aumentare il nostro livello, acquistare oggetti dai mercanti e così via, ottenibile uccidendo nemici- ma anche moltissimi materiali utili per il crafting nonchè Vestigi -particolari cristalli cremisi che ci consentiranno di navigare nei ricordi di altri Revenant e assorbirne, così, il Codice di Sangue e apprenderne le relative abilità– e armi e armature uniche, possono essere davvero impegnative. Non è inoltre difficile notare moltissime somiglianze con Dark Souls o Bloodborne: dove, prima, ci trovavamo a vagare di falò in falò o di lanterna in lanterna, adesso dovremo aprirci la strada tra un Vischio e l’altro, che assolvono la stessa funzione. Presso un Vischio, infatti, non solo ci riposeremo e recupereremo energia e icore, ma potremo anche teletrasportarci verso ogni altro Vischio sbloccato sul nostro cammino. I boss, noti anche come Corrotti Superiori, sono tra i nemici più letali del mondo di Code Vein. Questi formidabili avversari saranno spesso posti a guardia tra un’area e la successiva, ognuno pronto a trasformare in cenere il nostro Revenant al primo passo falso. Purtroppo, per quanto sia dura da ammettere, spesso le boss fight di Code Vein sono deludenti: a fronte di alcuni Corrotti Superiori davvero ben realizzati e caratterizzati, la maggior parte di questi ostici opponenti sarà piuttosto anonima e facile da eliminare -tratto, quest’ultimo, comune a praticamente ogni boss fight del gioco, con le poche e dovute eccezioni-, con pattern d’attacco abbastanza leggibili già dopo il primo tentativo. Spesso, anzi, potrebbe capitare di sconfiggere uno di questi esseri potentissimi in pochi secondi, quasi alla stregua di un Corrotto qualunque; insomma, se cercate boss fight epiche e memorabili non le troverete qui. Il design dei vari Corrotti Superiori è molto vario, seppur non particolarmente ispirato, anche se alcuni di questi sembrano un po’ fuori contesto rispetto all’area -e alle informazioni che reperiremo su di loro durante la storia- in cui li affronteremo.
Un mondo di gioco vasto e variegato, con ambientazioni meritevoli
Un gameplay ragionato e profondo
Il gameplay di Code Vein è il suo vero fiore all’occhiello. Al netto di alcuni difetti più o meno grandi, tra cui una intelligenza artificiale dei nemici a tratti imbarazzante -ci è, per esempio, capitato svariate volte di approcciarci a nemici più propensi a ignorarci che a prenderci a mazzate- e una gestione delle collisioni decisamente troppo generosa, il combat system e l’economia di gioco riescono a lavorare sinergicamente per offrire un’esperienza davvero appagante. Lo schema d’attacco del nostro Revenant è molto semplice: avremo due attacchi, pesante e leggero, la posizione di guardia -che ci consentirà di deflettere la maggior parte del danno in arrivo in caso non riuscissimo a schivare i colpi diretti alle nostre gengive-, una schivata e un attacco speciale in grado di prosciugare icore, il “carburante” che rende possibile l’attivazione dei nostri talenti attivi, ossia le tecniche che impareremo sbloccando nuovi Codici di Sangue. A questi comandi si aggiungono ben otto talenti attivi, attivabili -premendo una combinazione di pulsanti che varia in base alla piattaforma- a patto di avere abbastanza icore per il loro utilizzo. Come già accennato i Codici di Sangue sono nient’altro che le classi che abbiamo potuto imparare a conoscere in ogni action RPG delle ultime decadi. Ognuno di questi Codici è bilanciato in modo diverso da ogni altro, con una distribuzione delle caratteristiche sempre diversa. Ad esempio equipaggiando il Codice di Sangue di tipo Ranger il nostro personaggio avrà un valore più alto di Destrezza a scapito di Forza e Vitalità, due caratteristiche decisamente più marcate in archetipi come Berserker o Guerriero. Ogni Codice di Sangue, inoltre, è caratterizzato da un esclusivo set di abilità, note come Doni. I Doni, divisi tra passivi e attivi, determineranno il nostro stile di combattimento e potremo equipaggiarne fino a otto attivi e quattro passivi. Il sistema di doni e le loro peculiarità ci hanno piacevolmente sorpreso per le innumerevoli possibilità di creazione delle nostre build che ci vengono offerte. I Doni, inizialmente, possono essere infatti utilizzati solo da un Revenant che sia dotato del Codice di Sangue corrispondente. Man mano che li utilizzeremo, però, avremo la facoltà di padroneggiarli, rendendo questi Doni disponibili per ogni classe. Ecco quindi che nulla ci vieta di creare un nostro archetipo personalizzato, che prenda le statistiche base di resistenza e vitalità del Guerriero e le unisca ad attacchi a distanza propri di un Ranger o Occultista e l’unica limitazione in questo senso -peraltro in parte aggirabile grazie appunto ad alcuni Doni passivi in grado di alterare le statistiche di base della nostra classe d’elezione- è data dal rispetto dei requisiti minimi per ogni Dono. Alcuni di essi, infatti, necessitano di statistiche abbastanza elevate e, ad esempio, gli attacchi a distanza più potenti non potranno essere lanciati da Revenant con un livello di volontà non particolarmente elevato.
Il sistema di progressione del personaggio, molto semplificato, non ci dà la possibilità di investire punti in ogni singola statistica ma, di fatto, spendendo foschia potremo aumentare il nostro livello generale, andando a ritoccare in positivo -con efficacia sempre minore con l’avanzare dei livelli- più o meno ogni statistica. La commistione del saggio utilizzo di Doni e di questa peculiarità nella progressione del nostro Revenant in Code Vein rende la creazione di una build che sia perfetta per il nostro stile di gioco un abile esercizio di equilibrio tra i vari Doni passivi che, insieme al Codice di Sangue che utilizzeremo come base, diventano il vero fulcro del nostro personaggio e delle sue potenzialità in combattimento o in esplorazione. Il tutto si traduce in una flessibilità senza precedenti, data anche dalla possibilità di cambiare in tempo reale non solo il nostro Codice di Sangue ma anche i Doni ad esso associati, persino durante il combattimento; praticamente una sorta di respec attuabile in qualsiasi momento e in grado di stravolgere l’esplorazione di un’intera area. L’esplorazione è un altro dei capisaldi del gameplay di Code Vein. Ve lo diciamo subito, preparatevi, perchè il backtracking potrebbe comodamente portarvi via molte ore: diverse aree sono molto estese e, come già vi abbiamo accennato, molto complicate. Esplorandole, però, potremo garantirci l’accesso a nuovi, diversi e spesso devastanti Doni, che potremo trovare cristallizzati dei ricordi dei Revenant sparsi qua e là per il mondo di Vein. Insomma, per farla breve, esplorare non è solo il metodo migliore di aprirsi vie sicure verso aree altrimenti irraggiungibili e progredire, così, nella trama di Code Vein, ma anche l’unico modo che avremo per poter disporre di ogni Dono presente nel gioco. Inoltre, esplorando senza tralasciare nulla, sarà possibile scoprire e completare alcune piccole subquest affidateci da alcuni Revenant pronti a ricompensarci profumatamente in termini di foschia e materiali per il crafting.
Il crafting è un altro punto a favore della produzione Bandai Namco: facile da comprendere e accessibile in termini di risorse, praticamente tutte farmabili anche senza dover progredire troppo nel gioco, ci consentirà non solo di potenziare le nostre armi -divise in spade a una mano, spade a due mani, armi pesanti, alabarde e baionette– e armature -qui chiamate Veli di Sangue e divise in Spine, Veli, Artigli e Segugi– ma anche di infonderle con poteri particolari tramite alcuni rari materiali chiamati mercuri, ognuno dei quali è legato a un particolare Codice di Sangue dal quale richiama le proprie peculiarità. Potenziando un’arma con un mercurio legato al Codice di Sangue Atlante, ad esempio, basato su forza e resistenza, otterremo un’arma più pesante ma con un migliore danno base grazie a questo peso extra. Questo, ovviamente, si applica ad ogni tipo di mercurio che potremo reperire nel mondo di Vein. L’ultimo aspetto del gameplay sul quale è doveroso soffermarsi è forse il più peculiare: i companion e il loro apporto alle nostre battaglie. In Code Vein, infatti, avremo la possibilità -più l’obbligo, ma ci arriveremo- di portare con noi un altro Revenant in ogni nostra esplorazione. Inizialmente potremo scegliere tra diversi alleati: Louis, Mia e Yakumo, ognuno dotato di abilità e un Codice di Sangue unico e in grado di aiutarci a liberare le aree più popolate dai Corrotti. Andando avanti con la storia, oltre a sbloccare nuovi alleati, potremo rinsaldare i nostri rapporti con i vari companion. Per farlo dovremo, trovandoli nel mondo i gioco o acquistandoli presso alcuni specifici mercanti, consegnare loro alcuni oggetti particolari che, quando donati, verranno scambiati con dei preziosi punti scambio. Utilizzando questi punti potremo ottenere dai nostri alleati alcuni consumabili, risorse per il crafting e finanche armi uniche. La cura del dettaglio, in questo caso, è stata quasi maniacale e capire quale oggetto possa piacere ad uno dei nostri alleati è molto semplice, a patto che si sia osservato bene e ascoltato ogni dialogo.
Ogni nostro compagno d’avventura ha un vissuto unico, che ci porterà al culmine della storia in un tripudio di rivelazioni
Un comparto tecnico migliorabile per Code Vein
E qui casca l’asino, o il Revenant. Al netto di una buona trama e un comparto narrativo di tutto rispetto, suffragati da una colonna sonora decisamente orecchiabile e ben contestualizzata, Code Vein patisce alcuni problemi di ordine tecnico più o meno trascurabili. Il primo, più evidente, è una certa titubanza nel frame rate, che crolla in alcune aree specifiche con buona pace dell’ottimizzazione e del buon uso complessivo di Unreal Engine 4 da parte di Bandai Namco. Le palette cromatiche di alcune aree, inoltre, feriscono gli occhi come lame al neon, costringendo il giocatore a pagare il prezzo di una saturazione troppo marcata di alcuni colori e dell’eccessiva luminosità di alcuni effetti di luce -peraltro migliorabili, specialmente nelle aree più chiuse-. Buoni, nel complesso, gli effetti particellari, che riescono a non far storcere troppo il naso di fronte ad alcune animazioni piuttosto legnose e a un tracking dei nemici eccessivo ed estremamente generoso; in alcuni casi certi attacchi avversari piegano il continuum spazio temporale per riuscire a cogliere il nostro avatar a distanze e angolazioni impossibili. Piuttosto confusionario il sistema di puntamento dei nemici che, a volte, decide per conto suo quale nemico agganciare nel mucchio, rendendo di fatto inefficaci -o peggio: facendoci sprecare utili risorse!- i nostri attacchi a distanza. Per contro la gestione della telecamera non patisce particolari problemi, riuscendo a non essere troppo caotica anche nelle sezioni più claustrofobiche. Texture e modelli dei vari personaggi, amici o nemici, sono invece di buon livello e riescono ad essere convincenti anche se ci è capitato di assistere, in aree di più ampio respiro, a un fastidioso effetto pop up di alcuni elementi dello scenario.
La menzione d’onore, in questo caso, va all’editor di personaggi. Vasto, vario, pieno di opzioni per i più pignoli e certosini tra i giocatori, l’editor di Code Vein è uno strumento potente e in grado di darci la possibilità di creare il Revenant dei nostri sogni. Oltre alla possibilità di personalizzare praticamente ogni aspetto del nostro avatar, dal sesso fino al colore delle extension sulla sua capoccia, avremo a disposizione un quantitativo davvero pantagruelico di accessori con cui agghindarci per le nostre ronde in giro per il mondo di Vein. In questo, in un’epoca caratterizzata dal -doveroso, per alcuni versi- politically correct, è stato inoltre bello constatare come non ci sia stata una eccessiva sessualizzazione dei personaggi femminili da parte degli sviluppatori che, a parte alcuni casi lampanti, sono mediamente proporzionati e non vestiti di sole buone intenzioni. Insomma, nonostante alcuni difetti più o meno marcati, il comparto tecnico di Code Vein riesce a convincere, anche se si sarebbe potuto fare un pochino meglio.
Code Vein è, al tempo stesso, una naturale evoluzione del filone degli ormai celebri soulslike e una sua piacevole deriva. Abbandonata quasi del tutto la matematica dei Souls che accompagnava le precedenti opere di Bandai Namco, a eccezione di Sekiro che già prototipa una progressione più semplice del nostro personaggio, quello che rimane è un gameplay che fa della personalizzazione e della flessibilità i suoi punti di forza. La trama, dapprincipio apparentemente piatta e lineare, esplode progredendo nel gioco, in un susseguirsi di rivelazioni e colpi di scena -alcuni telegrafati, ma altri decisamente inaspettati e sconvolgenti- che riusciranno a tenere incollato il giocatore fino all’ultimo secondo. Bandai Namco, con Code Vein, riesce a segnare un altro punto a suo favore e, al netto di alcuni difetti sul piano tecnico, a portare ai giocatori più esperti un’esperienza in grado di svecchiare un genere che, seppur nato in tempi recenti, comincia già a mostrare la trama e i suoi limiti. Bandai Namco, con questo titolo, ha piegato quei limiti e ci offre un mondo in rovina da esplorare e imparare a conoscere, con una storia narrata attraverso sangue, ricordi e sacrificio e un gameplay che prende i tratti vincenti dei capisaldi del genere e, per quanto possibile senza stravolgere completamente l’esperienza di gioco, li ripropone in una chiave inedita e in grado di garantire una buona sfida sia ai giocatori più smaliziati che a quelli meno esperti.