Dead Island 2 Recensione: 4380 giorni dopo

Dead Island 2

12 anni. È questo l’intervallo di tempo intercorso tra la pubblicazione del primo Dead Island e l’uscita del suo sequel, il cui bacino di estimatori si era ormai diviso tra chi si era beatamente dimenticato della sua esistenza e chi invece continuava a sperare di poterci mettere un giorno le mani. Ebbene, per la gioia di quanti non hanno mai smesso di crederci, ma anche per chi sotto sotto voleva scacciare quella nube di scetticismo e dare seguito al desiderio di carneficina zombesca che lo attanaglia da parecchio. Abbiamo già discusso in lungo e in largo di quanto la lavorazione di Dead Island 2 sia stata travagliata, e di come Dambuster Studios abbia gettato il cuore oltre l’ostacolo facendosi carico di un progetto che in molti davano per spacciato, incluso il sottoscritto: quando il team britannico mostrò il frutto dei propri sforzi nel corso della passata edizione di fine estate della Gamescom, la mia reazione fu tra il tiepido e il distaccato. Per carità, ero sinceramente curioso di scoprire come si sarebbe concluso il lungo viaggio ma, con oltre un decennio di progetti riavviati tra diversi sviluppatori, temevo che Dead Island 2 sarebbe finito male come uno zombi che riceve una martellata in testa. Per fortuna, dopo le ore trascorse sia con la versione preliminare che con il prodotto completo, quasi tutti i miei dubbi sono stati dissipati: anziché reinventare la formula, i ragazzi di Dambuster hanno ripreso in maniera efficace il focus sul combattimento in mischia e il modding delle armi stratificato che contraddistinguevano l’originale, oltre ad ambientare le vicende in una location di gran lunga più interessante dello sperduto atollo di Banoi.

Dead Island 2Dead Island 2: dai ragazzone, fatti sotto!

Inizio subito col chiarire un dubbio amletico che ha rimbalzato nelle teste di tutti fin dal primissimo trailer del 2014: perché continua a chiamarsi Dead Island quando si svolge a Los Angeles, che è innegabilmente una città e non un’isola? L’interrogativo si è riproposto lo scorso anno come una peperonata ingurgitata a tarda ora, ma la spiegazione fornita dallo studio si è rivelata oltremodo ragionevole, e presumo sia uno dei pochi elementi preservati dal concept iniziale di questo secondo episodio: in sostanza, la storia di Dead Island 2 prende (non) vita in una città completamente in quarantena, separata dal resto del mondo come risposta all’epidemia. Poiché il governo ha decretato la totale chiusura dell’area urbana verso l’esterno, quest’ultima assume la connotazione di una vera e propria isola in senso metaforico, ovvero di un’area segregata che acquista una propria individualità. Se poi all’incredibile commistione di stile e sostanza profusa per trasporre La-La Land in una sua credibile versione digitale si aggiunge il gore più impressionante che io abbia mai visto in un videogioco, va da sé che qualsiasi interesse potessi nutrire nei confronti di Dead Island 2 è passato da scettica curiosità a morbosa attrattiva, fino a raggiungere una vera e propria esaltazione non appena ho impugnato il pad. Prima di iniziare il mio soggiorno a HELL-A, ho passato scrupolosamente in rassegna gli otto personaggi giocabili, che vanno da un corpulento spogliarellista a un’atletica paralimpica. Alla fine ho scelto Bruno, in parte perché avere il corpo coperto di tatuaggi è un sogno che avrei sempre voluto concretizzare, ma soprattutto perché il suo approccio pratico è maggiormente concentrato sull’agilità e sui coltelli, una sorta di equivalente moderno del ladro di D&D.

Dead Island 2Dopo aver tentato di fuggire invano da Los Angeles a bordo di un aereo che precipita senza quasi riuscire a decollare, il nostro superstite viene morso e scopre di essere immune al virus, il che lo rende un esemplare estremamente prezioso in questa incontenibile apocalisse, nonché il corriere preferito da ogni personaggio non giocante che incontreremo grazie alla relativa serenità con cui può farsi largo fra il nugolo di cadaveri rianimati. Partendo dalle prime, semplici commissioni per conto di un’eterogenea varietà di comprimari, pian piano metteremo insieme i pezzi di una storia dai risvolti ben più sinistri di quanto la semplice presenza dei morti viventi possa far sospettare: l’esercito che ha abbandonato la città, infatti, si è lasciato dietro alcune tracce che implicano un coinvolgimento profondo dei piani alti, mentre tra le varie parti in lotta per la sopravvivenza, ciascuna smarrita nelle proprie spesso futili priorità, scopriremo ben presto l’esistenza di una comunità di portatori sani dell’agente patogeno, intenzionati ad abbracciare questa loro natura come il passaggio successivo dell’evoluzione umana. Per gli appassionati di cultura horror non si tratta di nulla di particolarmente inconsueto ma, come ogni buona storia che si rispetti, il modo in cui viene raccontata fa la differenza, e in tal senso il ritmo narrativo di Dead Island 2 è piacevole e mai noioso, condito da un gran numero di interlocutori il cui ruolo effettivo viene delineato nel corso del tempo.

Dead Island 2Devi essere un meccanico, un medico e Jackie Chan, tutti in uno

Inoltre, di fatto questa particolare declinazione di Los Angeles la rende quasi un personaggio a sé stante, come pure uno dei maggiori punti di forza del secondo episodio. Invece di un decadente rifugio cupo e squallido in cui il verde si era riappropriato dell’urbanistica, Dead Island 2 è vibrante, soleggiato e pieno di zone affascinanti da esplorare, come le ville di Beverly Hills o gli hotel glamour frequentati dalle celebrità, che preservano il loro ascendente lussuoso da lontano, per poi rivelare tracce più o meno marcate di devastazione non appena ne attraversiamo la soglia d’ingresso. La costante ricerca di materiale utile per migliorare il nostro equipaggiamento ci spinge ad esplorare ogni singola nicchia di queste ambientazioni, e porta alla luce la cura maniacale che gli sviluppatori hanno riversato per costruire degli scenari che non fossero soltanto una riproduzione plasticosa di una città abbandonata, ma riuscissero a trasmettere la sensazione di essere stati realmente vissuti fino a poco prima del nostro arrivo con letti disfatti, armadi spalancati, oggetti di uso comune sparpagliati in terra, arredamenti credibili e valigie preparate alla rinfusa. Anche in assenza dei rispettivi occupanti, che magari incontreremo sotto forma di cadaveri ambulanti, ogni singolo locale racconta una storia, inserito all’interno di una narrazione ambientale frammentata che è possibile seguire recuperando stralci di messaggi, appunti incompleti, promemoria o trascrizioni di SMS, che in buona parte non sono utili ai fini della trama principale ma aiutano a farci sentire parte integrante di un microcosmo autentico e verosimile. Ho trovato inoltre azzeccata la scelta di non provare a scimmiottare altri giochi tripla A catapultandoci in uno sconfinato mondo aperto: Los Angeles è stata invece suddivisa in distretti distinti che non si collegano tra loro senza soluzione di continuità ma tramite varchi ben definiti, e in seguito grazie all’utilissimo viaggio rapido, il che rende l’esperienza più concentrata e meno ingombrante. A parte la nuova ambientazione losangelina, Dead Island 2 risulterà immediatamente familiare a chiunque abbia giocato il primo episodio: Dambuster ha infatti scelto di evolvere le meccaniche di base ed eliminare quelle che non funzionavano, come la guida. Il combattimento, che era uno dei maggiori punti di forza dell’originale, ritorna al centro della struttura ludica ed è stato sviluppato per coinvolgere il più possibile il giocatore, tanto che spesso sembra di trovarsi alle prese con un picchiaduro in tre dimensioni.

Dead Island 2Le modifiche apportate sono sostanziose, e la più evidente di tutte è che, a differenza di Dead Island, qui la resistenza non riveste più un ruolo di primaria importanza e non viene consumata dai colpi di base o dagli attacchi pesanti, ma solo dalle tecniche speciali e da quelle un po’ più acrobatiche come i calci volanti. Potrebbe sembrare una correzione di poco conto, ma la possibilità di attaccare in qualsiasi modo significa che non siamo costretti a svicolare dalla lotta dopo pochi colpi e restare fuori dalla portata dei nemici mentre attendiamo che la barra dell’energia si ricarichi. Un altro cambiamento di un certo peso riguarda i sistemi di personalizzazione delle armi con vantaggi e attributi sia materiali che elementali, spontanea conseguenza di un motore fisico che gestisce in maniera realistica ed esilarante l’interazione tra sostanze diverse: l’acqua è naturale conduttrice di elettricità, perciò è possibile galvanizzare una qualsiasi pozza di liquido per fulminare i malcapitati che ci si trovano nel mezzo, oppure cospargere di benzina cose e persone non morte e poi appiccare un soddisfacente rogo, o ancora contemplare la carne e le ossa che si sciolgono sotto una pioggia di fendenti imbevuti di acido o un getto di fluido caustico prodotto da una conduttura sospetta o da un altro zombi. Il gioco interpreta alla perfezione il concetto di “fuoco amico” sia per quanto riguarda i mostri che i giocatori e non fa prigionieri, dunque è necessario prestare attenzione alle modalità più creative con cui decideremo di abbattere le orde di carcasse barcollanti, in particolar modo mentre ci aggiriamo sulle strade della California in compagnia di altri inconsapevoli ammazzazombi.

Dead Island 2Colpiscili finché non smettono di mordere!

Parlando di carne che si scioglie, la cosa di gran lunga più impressionante di Dead Island 2 è il sistema di gestione della fisica dei corpi, denominato FLESH. Dopo aver sentito molti studi come Motive (autori del remake di Dead Space) e Striking Distance (responsabili di The Callisto Protocol) vantarsi della capacità di trasformare gli incubi concepiti su carta in design realistici e terrificanti a video, ho alzato gli occhi al cielo quando Dambuster ha definito il suo come uno dei sistemi di gore più “realistici” mai implementati in un gioco. E per la miseria se mi sbagliavo. Il fuoco vivo brucia e consuma strati di carne, le lame affettano con precisione gli arti, i manganelli spaccano i lobi occipitali e rivelano cervelli che si agitano nella scatola cranica e le mazze da golf fanno oscillare le mandibole come fossero i partecipanti di un rave. Ho passato ben dieci minuti a prendere a calci uno zombie per vedere quale effetto avessero i miei colpi sulle sue spoglie, prima di prendermene altri cinque per guardarmi allo specchio e giudicare con severità me stesso. Con il prosieguo dell’avventura recupereremo sempre più strumenti offensivi e cianografie, necessarie per apprendere modifiche e vantaggi supplementari, ed avremo modo di approfondire questo fantastico impianto: dopo aver tracciato una lunga pista di carburante grazie ad una provvidenziale tanica di benzina, ho attirato l’attenzione di una schiera di non morti che hanno dovuto attraversare il muro di fuoco appiccato grazie all’ausilio della mia mannaia incendiaria, mentre i sopravvissuti sfrigolavano sotto i fendenti degli artigli elettrificati indossati nel frattempo, e un altro manipolo di sventurati piombava dritto in una piscina che mi ero premurato di riempire di acido, dissolvendosi in una voluta di fumo densa e scura. Se il sistema FLESH è l’eredità che Dead Island 2 punta a consegnare ai posteri, allora si tratta di un lascito davvero eccezionale.

Dead Island 2I programmatori non si sono limitati ad ampliare le meccaniche di lotta dell’originale, ma hanno introdotto anche un nutrito assortimento di novità, la più importante delle quali è il sistema di carte abilità. Man mano che avanziamo nel gioco, sbloccheremo sempre più carte grazie al livellamento e all’esplorazione, ognuna legata ad un effetto unico. Alcune sono più situazionali, ad esempio forniscono un bonus di salute quando eliminiamo rapidamente gli zombi, mentre altre conferiscono tecniche singolari, come la possibilità di eseguire uno scatto, un blocco o un doppio calcio in salto. Enfatizzare l’innata destrezza di Bruno piuttosto che andare a compensare la potenza dei suoi colpi in altro modo, e convogliare un minimo di attenzione al recupero della salute durante la lotta, me lo ha fatto sentire più unico e ha rappresentato un bel cambiamento rispetto al tipico albero delle abilità, soprattutto considerato che possiamo rivedere, reimpostare e rimescolare la combinazione di carte in qualsiasi momento. Tutte queste opzioni ci torneranno chiaramente utili per affrontare la moltitudine di creature infette che brancola sotto il sole cocente, dentro le case principesche o nei recessi più malfamati della Città degli Angeli, e che non si limitano ai tradizionali camminatori marcescenti capaci di impensierirci solo se presenti in gran numero: l’introduzione progressiva di varianti sempre più grosse, potenti e minacciose di non morti ci costringe infatti a mantenere sempre alto il livello di guardia, anche solo per analizzare gli schemi di attacco ed elaborare le strategie migliori per fronteggiare l’ennesima nuova minaccia. Dai giganteschi Frantumatori ai corpulenti bavosi, dai letali Detonatori alle mutazioni elementali dei nemici di base, ciascuno di essi viene comunque doverosamente riportato in una speciale “zompedia” che ne riassume i tratti salienti, arricchendosi con informazioni sempre più specifiche con l’accumularsi delle uccisioni di zombi della stessa specie. Chi l’ha detto che non è possibile farsi una cultura anche dopo la fine del mondo conosciuto? E così, tra una rissa improvvisata sul tetto di una villa e un enigma da risolvere seguendo le poche tracce raccolte per rinvenire un oggetto importante, magari per conto di un reduce barricato nel suo appartamento in riva al mare, le circa 20 ore di gioco (in realtà quasi il doppio, colpa del mio OCD che mi ha costretto ad esplorare ogni angolo dei quartieri in cui mettevo piede) sono scivolate via senza che quasi me ne accorgessi, e al momento sto riflettendo su quale ammazzazombi interpretare nella mia prossima partita. Al netto di qualche problemino comune a tutte le produzioni di questo tipo, ossia un po’ di stanchezza che può emergere dopo tanto tempo passato rinchiuso nel medesimo gameplay loop, la storia si mantiene comunque vivace e intensa fino in fondo, condita da tonnellate di citazioni prese da ogni aspetto della cultura pop che lasciano trapelare l’essenza nerd del team di sviluppo.

Piattaforme: PC, PS4, PS5, Xbox One, Xbox Series X|S

Sviluppatore: Dambuster Studios

Publisher: Deep Silver

Contro ogni aspettativa più pessimistica, possiamo accogliere l’avvento di Dead Island 2 come un vero e proprio riscatto della serie improntato su un’unica, grande, fondamentale tematica che dovrebbe essere molto più centrale nelle opere videoludiche: il puro, semplice e concreto divertimento. HELL-A è un piccolo paradiso da esplorare, ogni scorcio regala le piccole e grandi emozioni della scoperta, e l’ultraviolenza che condisce gli scontri forse vi farà storcere la bocca in qualche occasione, ma dopo un po’ diviene il perfetto complemento dell’assurda avventura che siamo stati chiamati a vivere. Da soli o insieme ad i vostri amici, il frutto degli sforzi di Dambuster Studios è pronto per essere raccolto: dategli una possibilità e vi assicuro che non ve ne pentirete.

VOTO 8.7

Gioca da quando ha messo per la prima volta gli occhi sul suo Commodore 64 e da allora fa poco altro, nonostante porti avanti un lavoro di facciata per procurarsi il cibo. Per lui i giochi si dividono in due grandi categorie: belli e brutti. Prima che iniziasse a sfogliare le riviste del settore erano tutti belli, in realtà, poi gli è stato insegnato che non poteva divertirsi anche con certe ciofeche invereconde. A quel punto, ha smesso di leggere.