Il dramma in acido di Hideki Kamiya è finalmente tra noi.
Quando durante lo scorso E3 ho avuto il piacere di fare due chiacchiere con Hideki Kamiya, lo stravagante game designer giapponese già autore di Devil May Cry, si era capito subito quale sarebbe stato l’andazzo di Bayonetta. È stato ancora più evidente al momento in cui ci è stato fornito un codice preview che il buon Mirko Marangon ha spolpato livello dopo livello prima di scrivere la preview che, se ve la siete persa, potete leggere cliccando qui. Anzi… fatelo subito, così poi riprendiamo il discorso.
Bayonetta, si diceva: una stangona alta tanto, gnocca tanto, incattivita tanto, ricoperta da capelli e lattice… tanto. Questa è la protagonista dell’omonimo titolo che lancia col botto questo inizio di 2010, un anno che si preannuncia ricco di belle sorprese, senza necessariamente dover attendere il prossimo autunno. Chi di voi avesse già giocato a Devil May Cry e (in parte) a God Of War potrebbe farsi già una mezza idea di come funzionino le cose in Bayonetta. Oddio… non è che il titolo di Kamiya rivoluzioni un bel nulla, visto che si tratta di riproporre un gameplay ormai in parte inflazionato e comunque infinitamente collaudato negli anni. Dopotutto, Bayonetta altro non è che l’ennesimo action tutto calci/pugni/effettispeciali/armidiognitipo che ormai inflazionano copiosamente gli scaffali dei negozi.
Eppure… eppure il titolo di Platinum Games ha quel non so che di ipnotico, di conturbante, di acchiappante che ti fa stare attaccato al pad e proseguire a nastro, livello dopo livello, giusto per vedere che accidenti possono essersi inventati di tanto strano gli sviluppatori. Perché, diciamola tutta, giocare a Bayonetta è come farsi un giro sull’ottovolante dopo essersi fatti di acido. A ogni passo si resta lì, come sospesi, a cercare di comprendere come sia possibile che una mente umana possa aver partorito cotante esagerazioni su esagerazioni, riuscendo al contempo a mantenere uno stile e una varietà che non hanno confronti nel panorama attuale del genere al quale Bayonetta appartiene.
Ad aggiungere classe ci si mette una colonna sonora con brani pop tipicamente japan-style che, anziché stridere con l’anima rock che permea ogni azione dell’occhialuta signorina, ne esalta i sapori come la migliore delle salse agrodolci.
Bayonetta non è solo un titolo immaginifico e trascinante per i sensi (soprattutto dei maschietti, vista l’avvenenza della protagonista e la tendenza non troppo velata a mostrare le zone sensibili), ma si lascia giocare alla grande. Il sistema di controllo è la vera e propria testata d’angolo sul quale si basa tutto il gameplay e consente, una volta assimilate, di effettuare combo anche complesse ed estremamente variegate, senza per questo dover prendere lezioni dal maestro Miyagi su come tenere in mano il joypad. L’unica vera pecca è la presenza di una telecamera un po’ ballerina e che fatica a tenere il passo con il ritmo incalzante delle cose che avvengono sullo schermo senza soluzione di continuità, soprattutto quando si ha a che fare con alcuni boss giganteschi e che vanno affrontati in spazi non eccessivamente comodi.
Se da un lato è quindi facile prendere possesso del gioco e dei suoi comandi, non è con altrettanta naturalezza che si possono ottenere le migliori prestazioni, soprattutto ai livelli di difficoltà più elevati. Bayonetta è un titolo difficile e che non consente grandi distrazioni, a meno di non provare sadico piacere nel ritentare decine di volte una sezione per sopraggiunta morte. Fortunatamente, non siamo oltre la linea di confine che divide il terreno del piacere da quello della frustrazione, anche se in alcuni frangenti la sensazione è quella di una difficoltà un filo troppo tarata verso l’alto. Il fatto che sia più la voglia di fare “un altro tentativo e poi smetto” piuttosto che di spegnere la console la dice comunque lunga sulla qualità del prodotto partorito dalle menti di Kamiya e compagni.
Un ultimo commento dal punto di vista tecnico non può prescindere dal segnalarvi come le due versioni siano leggermente diverse, soprattutto per quanto riguarda alcuni sporadici rallentamenti nel frame rate che caratterizzano l’incarnazione per PS3. Il gioco è stato sviluppato su Xbox 360 e si vede, anche se i difetti della conversione non sono tali da pregiudicarne la fruizione e la qualità generale da parte degli utenti Sony, i quali potrebbero accorgersi delle differenze solo in presenza di due televisori affiancati, ciascuno riproducente una delle due versioni.