Si è gridato a Il Re dei Corrotti come di ciò che avrebbe dovuto essere Destiny fin dall’inizio, e in parte non posso che essere d’accordo. Tuttavia, i grandi cambiamenti che accompagnano questa espansione (la quale proietta il titolo di Bungie direttamente dentro l’Anno Due) sono figli di milioni di ore passate dai giocatori di tutto il mondo tra Crogiolo, Assalti e Incursioni. Per limare il ferro, insomma, occorre che il ferro ci sia, e la software house di Bellevue è stata maestra nel mettere il pezzo grezzo in mano alla community. Chi vi scrive ha passato il primo anno a combattere con la Luce nelle armature e con un sistema di reward piazzato diametralmente all’opposto della meritocrazia: per continuare a giocare è stato spesso necessario farsi un po’ di violenza, una fatica necessaria che però è stata sempre premiata da un gunplay ai limiti della perfezione. Quello che abbiamo tra le mani oggi è un Destiny che non può non convincere anche tutti coloro che lo hanno ignorato alla prima passata, o che hanno abbandonato le danze perché rimbalzati dal muro di gomma di un sistema di progresso più affine a una pratica sadomaso che a un videogioco.
ANNO DUE
Alla luce di quanto detto, prima di discutere dei contenuti de Il Re Dei Corrotti conviene fare un piccolo riassunto delle modifiche introdotte da Bungie per tutti i giocatori. Quella principale riguarda la Luce e il sistema di leveling del nostro personaggio. Tanto per cominciare, il nuovo level cap – fissato a 40 – si raggiunge facilmente con un po’ di pazienza, visto che ora tutto porta Punti Esperienza in cascina, dal completamento di un Assalto alla semplice kill del più insignificante degli Stiletti. La Luce ora non è più un parametro incluso nei pezzi di armatura, ma è la media dei valori di difesa degli stessi e di attacco delle armi. Questo significa che la Luce sale (o scende) a seconda di quanto abbiamo equipaggiato in entrambi i menu, il che porta a dover operare spesso delle scelte difficili, come scendere di Luce per riequipaggiare un’arma con perk che più ci interessano e con cui ci troviamo meglio, a costo di avere maggiori difficoltà in quelle situazioni che richiederebbero un livello Luce maggiore. Peraltro, ora le armi leggendarie ed esotiche inutili possono essere infuse in quelle equipaggiate (a patto che il loro valore di attacco sia superiore), ad esempio permettendoci di migliorare ad libitum un fucile a impulsi o un lanciarazzi coi quali abbiamo particolare affinità. La gestione dell’intero equipaggiamento, quindi, non si limita al semplice trovare roba con valore più alto, ma è un valzer di esigenze e di continui aggiustamenti tra le necessità di prepararsi al meglio per una determinata attività e la voglia di accedere ai contenuti che richiedono un livello Luce elevato.
Ma Destiny, da qualche settimana a questa parte, non è solo un esercizio di bilanciamento dell’equip, ma è anche tante cose da fare, comprese un sacco di questline secondarie di ogni tipo da percorrere passo dopo passo, con reward differenti a seconda del livello di difficoltà e della durata. Tutto è raccolto in un nuovo pannello chiamato Imprese, una schermata che nel giro di qualche giorno si riempie al pari del journal di un qualsiasi MMORPG, a ribadire ulteriormente la vocazione di Destiny nel proporre una struttura tipicamente PvE al di fuori del Crogiolo. Lanciare il gioco avendo a disposizione un botto di possibilità è un po’ quello che mancava all’Anno Uno, laddove o ci si sparava addosso nel Crogiolo e nelle Prove di Osiride, o si inanellavano Cala la Notte, Prigioni e Incursioni nella speranza – spesso vana – di veder droppare qualcosa che avesse un senso.
Le nuove sottoclassi sono poi davvero interessanti e aggiungono ulteriore specializzazione a chi ha voglia di lavorarci sopra un po’, anche perché molte delle abilità legate all’equip riguardano proprio le Super di ciascun “mestiere”. Tra tutte ho apprezzato in particolar modo quella del Cacciatore, una sorta di arco di supporto che incatena i nemici nelle vicinanze della freccia e consente spesso ai compagni di girare a favore una situazione di svantaggio. Il martello del Titano è già potentissimo di suo, ma con la giusta combinazione di equipaggiamento e impostazioni nel pannello della classe può diventare fin troppo devastante, in particolare in PvP. Personalmente, ho invece trovato deboluccio il fulmine che usa lo Stregone per colpire i nemici: è probabile, tuttavia, che la mia sia solo avversione a una classe che proprio non mi riesce di gradire, visto che in giro per i server multiplayer ho incontrato Stregoni capaci di usare la Super per spazzar via mezza squadra avversaria.
UN RE SENZA CORONA
Parliamo ora dei contenuti de Il Re dei Corrotti, che prevede una campagna che ci porta a confrontarci con quel gran farabutto di Oryx (il padre di Crota, innervosito per la fine che abbiamo fatto fare al figlio), la cui peculiarità è – come ci dice il titolo del DLC – quella di corrompere i cattivi già esistenti in Destiny, trasformandoli in versioni “oscure” e quindi caratterizzati da nuove proprietà. Tra nemici che si teletrasportano zigzagando, altri che si sdoppiano e altri ancora che sparano una bolla di oscurità capace di accecarci, beh… ce n’è per tutti i gusti, anche perché Bungie non si è limitata a popolare con questo tipo di avversari le sole zone de Il Re dei Corrotti, ma anche tutte quelle vecchie. Questo significa che anche il videogiocatore veterano è stimolato a riaffrontare i contenuti conosciuti a memoria, rimpallandosi gioiosamente tra le cose nuove e quelle meno. Se contiamo tutto quanto è stato messo sul piatto tra Assalti, la nuova Incursione e le mappe multiplayer (condite da due modalità fresche di forno come Frattura e Pandemonio), l’offerta è allettante per chiunque, ma in particolare per chi parte da zero: non per nulla Activision ha messo sul mercato un nuovo scatolato che comprende il gioco base e tutti i DLC finora pubblicati.
Qualche problema sedimentato, tuttavia, permane, come la tendenza a un po’ di farming verso quelli che hanno raggiunto l’endgame e insistono nella ricerca dei pezzi più pregiati, o la ripetitività di alcune Imprese, che reiterano almeno in parte la medesima formula, seppur declinata in ambienti diversi grazie alla notevole quantità dei contenuti. Ma, soprattutto, resta quel fatto infame che alcune attività non prevedono ancora il matchmaking: un vero cancro, almeno fino a quando Bungie non capirà che è il caso di metterci una pietra sopra e lasciare piena libertà ai giocatori sulla composizione del party.