A tu per tu con… John Romero!

Al contrario di settori come il cinema e la musica, il mondo dei videogame non può ancora contare su uno star system d’impronta tradizionale: per molti di noi alcuni game designer saranno senz’altro speciali, ma non si può ancora affermare che il jetset dell’industria vanti personalità del calibro di Mick Jagger, Brad Pitt o Quentin Tarantino. Facendo le dovute proporzioni, se ci fosse comunque qualcuno in grado di rappresentare per i videogame ciò che essi rappresentano per il proprio campo, questi sarebbe senz’altro John Romero: capelli lunghi, ambizioni sconfinate e il tipico carattere di chi non le manda a dire, lo storico creatore di Doom incarna infatti tutte quelle doti che trasformano una persona normale in una sorta di Divo, con tutte le contraddizioni che ne possono derivare. Il primo special guest della storia di RetroVillage non poteva dunque che essere lui ed è con grande onore che vi presentiamo il resoconto della lunga intervista da lui concessa al nostro Robert Grechi!


RV: Ciao John! Prima di tutto vorrei ringraziarti per la disponibilità dimostrata! Non capita tutti i giorni di  poter parlare con il creatore del gioco che ha cambiato per sempre il modo di concepire i videogiochi in prima persona! Ci racconti quale gioco in particolare ti ha spinto ad imparare a programmare?

ROMERO: “Prima di rispondere è necessaria una premessa: fino  al 1980 il genere predominante era lo sparatutto. Si sparava agli alieni, agli animali, agli umani, e così via e la maggior parte di questi giochi, inoltre, era monocromatico. Quando Pac-Man fece la sua apparizione a colori e senza la violenza degli sparatutto, per me fu come essere colpito da un fulmine… In quel momento capii cosa poteva nascere dal game design e questo mi cambiò letteralmente la vita! Per quanto mi riguarda  iniziai a programmare nel 1979 quando si sviluppavano gli 8 bit programmando in linguaggio Assembly su 6502 per quasi tutto il tempo e, nel momento in cui cominciai a lavorare a Wolfenstein 3D, avevo già creato circa ottanta giochi, la maggior parte dei quali pubblicati. Avevo, inoltre già creato alcuni giochi in 3D ed uno di questi, Catacomb 3D pubblicato poi nel Novembre 1991, utilizzava il texture-mapping.”

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La testa piena di sogni, una folgorazione per Pac-Man e tanta strada da fare: il giovane John Romero ai tempi della High School!

RV: Come hai conosciuto il tuo futuro socio JOHN CARMACK e per quale motivo avete deciso di realizzare Wolfenstein 3D?

ROMERO: “Quando stavo formando il mio team Gamer’s Edge a Softdisk, mi trovai ad aver bisogno di uno sviluppatore aggiuntivo; John era riuscito a farsi pubblicare uno dei suoi giochi, davvero ben realizzato, sullo stesso numero del disco per Apple II nel quale ne avevo pubblicato uno io quindi chiesi alla redazione che curava i contenuti del disco per Apple II di avere  un colloquio con John per reclutarlo nella mia squadra. La redazione rispose che probabilmente non sarebbe stato interessato in quanto avevano già provato loro stessi ad assumerlo un paio di volte senza successo. Insistetti per avere il colloquio dicendo loro che stavolta sarebbe stato diverso…Fecero quindi la proposta a Carmack che si dimostrò interessato a lavorare sullo sviluppo di giochi per tutto il giorno! John venne a trovarmi e dopo il colloquio decisi di assumerlo.”

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Una storica foto di gruppo del “core team” di id Software. A sinistra, in maglietta blu, un giovanissimo John Carmack. Quanto a Romero, inutile indicare la sua posizione….

RV: Nel 1981, molto tempo prima del rilascio di Wolfenstein 3D, venne pubblicato Castle Wolfenstein di Silas Warner, un gioco per DOS, Atari, Apple II e C64 nel quale si dovevano far fuori i soldati nazisti utilizzando però una visuale dall’alto. Hai preso ispirazione da questo gioco per creare Wolfenstein 3D?

ROMERO: “Castle Wolfenstein era un gioco enorme, smisurato, che influenzò ognuno di noi, era l’inizio del genere stealth (come Splinter Cell) e lo giocarono praticamente tutti! Decisi di rifare Castle Wolfenstein utilizzando  la nuova tecnologia 3D e gli altri membri di  ID accolsero con entusiasmo l’idea perché lo avevano appunto giocato e rigiocato come me. A proposito… la prima versione del gioco a comparire, nel 1981, fu quella per Apple II mentre la versione DOS arrivò solo nel 1983.”

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La title Screen del leggendario Castle Wolfenstein di Silas S. Warner. (versione DOS)

RV: Wolfenstein 3D, può essere considerato, senza ombra di dubbio, il primo FPS di successo della storia dei videogames. Durante la creazione del gioco, eravate coscienti che avreste potuto dare una svolta al mondo videoludico con la pubblicazione di un titolo del genere?

ROMERO: “Beh sapevamo di aver creato qualcosa di speciale: un gioco d’azione, velocissimo e violentissimo, nel quale fare strage di nazisti…Una cosa particolare. Sapevamo quindi di aver riproposto in maniera eccellente l’originale. Avemmo persino la possibilità di mostrare a Silas Warner,  autore dell’originale Castle Wolfestein, la nostra versione 3D del gioco che venne apprezzata in modo particolare! Non avremmo mai pensato che qualcuno potesse copiare il nostro gioco, semplicemente lo creammo e andammo avanti cercando di realizzare altri giochi sempre migliori. Non potevamo certo immaginare che il mondo videoludico sarebbe cambiato grazie ai nostri giochi.”

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Wolfenstein rinasce per mano della ID Software: è il primo, vero passo per la creazione di Doom!

RV: Durante la realizzazione di Wolfenstein 3D avevate già in mente di creare un gioco più avanzato come Doom o l’idea è nata dopo aver visto il successo ottenuto con Wolfenstein 3D?

ROMERO: “Da quando era cominciato il nostro lavoro di sviluppo, avevamo creato giochi anche più evoluti e Doom non faceva eccezione. John Carmack aveva alcune idee grandiose per un engine evoluto che andava oltre l’esperimento con ShadowCaster in Wolf3D. Il design di gioco per Doom cominciò in modo originale e lo mantenemmo fino alla fine dello sviluppo; sapevamo che avremmo dovuto portare avanti lo stesso stile di gioco di Wolf3D…”

RV: La tecnica di “raycasting” adottata in Doom e Wolfenstein 3D, che  permetteva di ottenere ambienti 3D, seppure con una geometria limitata, utilizzando in realtà un falso 2D e garantendo immagini in 3D con texture in real time, non poteva gestire l’inclinazione dei poligoni. Per questo motivo non esistevano salite o discese in entrambi i giochi!
Com’è nata l’idea di utilizzare una tecnica tanto rivoluzionaria?

ROMERO: “A differenza di Wolf3D, Doom non faceva esattamente uso del raycasting. Il gioco era  basato su BSP (Binary Space Partioning) per il rendering: è il gioco in cui il rendering BSP venne usato per la prima volta e… fu praticamente creato per quel gioco! L’engine di DOOM venne ricreato da zero e programmato da John Carmack. John aveva bisogno di creare una rappresentazione più evoluta del mondo che andasse oltre lo stile a matrice di Wolf3D in modo da  ottenere un ambiente che sembrasse molto più interessante includendo l’uso dell’illuminazione. Come designer, modellammo il gioco intorno a quella tecnologia.”

RV: Cosa stavate pensando nei dieci minuti precedenti al “famoso” rilascio online di Doom?

ROMERO: “Ricordo bene la speranza che i server dell’Università del Wisconsin liberassero abbastanza postazioni da permetterci di caricare il gioco. Dovemmo chiedere all’Admin di sbattere fuori la gente dal server in modo da poterci collegare e fare l’upload.”

(Per la cronaca il server dell’Università poteva ospitare un massimo di 125 utenti connessi contemporaneamente pertanto dopo il primo tentativo di upload fallito, alcuni utenti vennero invitati a disconnettersi ma anche questo non bastò! Si decise quindi di “buttare” fuori, previo avviso, tutti gli utenti connessi per permettere l’upload del gioco. Inutile dire che tutti gli utenti procedettero autonomamente a disconnettersi dal server per permettere il caricamento di Doom. NdR)

RV: Ed i minuti successivi?

ROMERO: “Dato che eravamo stati svegli per trenta ore consecutive, tutto ciò che desideravamo ardentemente era di tornare a casa e dormire. Eravamo stanchi di guardare Doom dopo averci lavorato sopra un anno intero cercando di renderlo magnifico!”

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Da Shareware a Mito in un batter d’occhio: Doom avrebbe cambiato per sempre il volto dell’industria videoludica.

RV: Come hai accolto la diffusione dei MOD?

ROMERO: “All’inizio constatammo che c’erano molti fans del gioco che creavano nuovi livelli e la cosa ci sembrava…grandiosa! Poi queste persone diventarono sempre più esperte nell’uso dei dati relativi ai livelli e cominciarono a creare anche effetti che non avevamo incluso nel gioco…”

RV: Ricordi in particolare uno o più MOD che ti hanno favorevolmente colpito o che hai apprezzato in modo particolare?

ROMERO: “Un livello in particolare, chiamato uac_dead, era veramente fico. Ci divertimmo comunque a giocare anche il mod Aliens e quello Star Wars…ed era passato solo un anno dalla pubblicazione di Dark Forces avvenuta il 9 marzo 1995”

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Doomsday of UAC (1994), alias uac_dead: il Doom Mod preferito di John Romero!

RV: Il genere FPS (First Person Shooter) conta tutt’oggi milioni di appassionati…Da Wolfenstein all’ultimo capitolo di Halo, credi ci sia stata una vera evoluzione del gameplay o solo un’aggiunta di virtuosismi tecnologici? 

ROMERO: “Indubbiamente ci sono stati cambiamenti significativi nel genere ma non tutti mi sono piaciuti. Non mi piace ad esempio che il giocatore sia rallentato e diventi una calamita per le pallottole essendo così costretto a proteggersi per tutto il tempo o che i giochi diventino delle vere e proprie mostre d’arte in digitale.Questi titoli  eliminano l’azione del gioco e la sensazione di abilità negli FPS.”

RV: Come tutti sanno Doom è diventato anche un film; giochi come Heavy Rain, al contrario, portano le tecniche cinematografiche nel videogame. Il game designer di oggi deve davvero pensare come un regista o questo approccio potrebbe limitare la sua creatività?

ROMERO: “No. I film eliminano la possibilità per il giocatore di creare la sua storia nel gioco. Sono contrario alla sottrazione di creatività della trama nei miei giochi.”

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Videogiochi come film? Mai e poi mai. Romero non baratterebbe l’immediata interattività con plot narrativi troppo vincolanti.

RV: Nell’ultimo decennio il 70% dei giochi commercializzati sono FPS; secondo te in quali direzioni evolverà la giocabilità di questo genere ormai cosi consolidato? Quali sono le innovazioni, a livello di “trovate” videoludiche o derivanti dalla tecnologia offerta, che credi possano essere ancora apportate al genere degli FPS, un genere ormai reinventato in tutti i modi possibili tramite l’aggiunta del multiplayer, del gioco in rete e di tante altre opzioni impensabili fino a qualche anno fa?

ROMERO: “Penso che la fusione di MMO, VR ed FPS, se ben realizzata, potrebbe far evolvere ancora il genere.”

RV: Secondo te, oltre ai giochi di guerra, in quali ambiti potrebbe ancora essere sfruttato il genere FPS?

ROMERO: “Includere modalità di gioco aggiuntive non potrebbe che migliorare gli FPS! In un vecchio videogame, chiamato Strife dovevi seguivi una trama e per raggiungere i tuoi obiettivi era necessario infiltrarsi in varie aree e uccidere molti nemici! Un grandioso ibrido fra un FPS e un RPG.”

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Strife (1996 – Rogue Entertainment): a detta di Romero, uno dei migliori ibridi FPS/RPG di tutti i tempi!

RV: In merito alla censura sui videogames violenti o con scene di sesso esplicite  (come un famoso episodio di Grand Theft Auto) come ti rapporti, considerando anche il livello di violenza contenuto in DOOM e Quake?

ROMERO: “Sono decisamente contrario alla censura in sé  e credo sia compito dei genitori monitorare il tipo di giochi usati dai propri  ragazzi.”

RGP: Un’ultima domanda: se iniziassi oggi la tua carriera, quale sarebbe il titolo (tra gli attuali in circolazione) che ti piacerebbe aver sviluppato?

ROMERO: “Senza ombra di dubbio…MINECRAFT!!”

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Doom rivisitato in chiave Minecraft: per il buon Romero, un sogno che diventa realtà!