Ospiti degli uffici Koch Media, abbiamo provato la nuova edizione di Rise of the Tomb Raider, che arriva per la prima volta su PlayStation 4 e lo fa arricchendosi di contenuti per festeggiare il ventennale della serie. Il gioco è erede di un brand a dir poco leggendario; al tempo stesso, la precedente incarnazione del titolo (quel reboot dall’eloquente e sintetica denominazione di “Tomb Raider”) aveva impostato degli standard davvero alti in termini di identità del rinnovato spirito della serie, così come di conquiste tecnologiche e estetiche nel design di ambienti e personaggi, nonché di storytelling, affermandosi come riferimento tra i cosiddetti prodotti tripla A. Gli sviluppatori di Crystal Dynamics hanno dato modo di far riscontrare al pubblico quanto avessero già superato se stessi in occasione della prima uscita di Rise of the Tomb Raider per Xbox One e PC, che alzava l’asticella qualitativa di ogni aspetto tecnico e contenutistico rispetto al predecessore; a distanza di molti mesi, in vista della ri-pubblicazione su PlayStation 4, era lecito aspettarsi delle novità di rilievo, e la casa californiana ha puntato forte su tre aspetti: quello celebrativo/nostalgico, quello dell’esperienza multigiocatore e quello della sperimentazione della tecnologia VR.
In Rise of the Tomb Raider – 20 Year Celebration è infatti presentata una nuova ambientazione attorno alla quale ruotano gran parte delle innovazioni che interessano sia il mito di Lara e della sua famiglia, sia il suo modo di essere esplorato attraverso il gameplay: stiamo parlando nientepopodimeno che del maniero Croft. Nella modalità “Legami di sangue”, la protagonista dovrà esplorare l’affascinante magione per accumulare prove che attestino il suo diritto alla proprietà della stessa, risolvendo una impasse legale. Lo stile di gioco è piuttosto diverso rispetto a quello dell’avventura principale: il ritmo è cadenzato con tempi più pacati, in quanto è l’esplorazione ragionata e la lettura di testi, coadiuvata dalla necessità di risolvere piccoli puzzle ambientali, a farla da padrona. I fan di vecchia data, così come i nuovi appassionati post-reboot, avranno di che gioire addentrandosi nella villa in un susseguirsi di emozioni che in qualche modo risultano sia familiari che fresche. Grazie al PlayStation VR, è possibile immergersi in questo capitolo del gioco anche in una spettacolare modalità in soggettiva (proposta in esclusiva per la console Sony), che presenta però pregi e difetti. Tra i “pro”, va segnalato l’impatto iniziale sbalorditivo: per la prima volta il giocatore può muovere dei passi all’interno del mondo di Lara Croft attraverso i suoi stessi occhi. Anche la scelta di implementare la possibilità di utilizzare il visore VR solo in questa modalità si rivela intelligente, poiché è quella che più è basata sull’osservazione degli scenari; questo scongiura oltretutto il pericolo di una fruizione in VR minata da sequenze troppo ricche di azione che potrebbero mettere a dura prova gli stomaci dei giocatori. Va appunto segnalato, purtroppo, che è possibile che si manifesti un leggero senso di nausea in seguito all’uso prolungato del PS VR in “Legami di sangue”; gli sviluppatori ne sono consapevoli, e hanno disegnato l’esperienza prendendo tutti gli accorgimenti possibili per far sì che l’esperienza veda tutelato il benessere dell’utente. L’incedere del passo di Lara in VR è stato infatti ricalibrato, ed è stata inserita la possibilità di premere i tasti dorsali del pad per “staccare” l’angolo di visione di 45° a destra o a sinistra senza dover necessariamente e costantemente muovere il capo; inoltre, le sequenze di salita e discesa dalle scale a pioli sono state eliminate nella modalità in soggettiva onde evitare repentini movimenti dello sguardo rispetto a una variazione di asse di orizzonte. Anche la qualità grafica non è paragonabile a quella renderizzata al di fuori della realtà virtuale; tutti questi aspetti tecnici più o meno negativi sono comunque figli più della tecnologia in sè che non di pecche nel suo utilizzo. È comunque pregevole che si sia fatto uno sforzo in tale direzione e, benché in questo caso specifico il sapore dell’esperienza sia più vicino a quella offerta da una demo tecnica rispetto a un vero e proprio arricchimento nelle potenzialità del media, è indubbio che il futuro ci riserverà molte sorprese in questo ambito anche grazie al know-how maturato in questi primi, seminali tentativi.
[quotedx]Grazie al PlayStation VR, è possibile immergersi inel gioco anche in una spettacolare modalità in soggettiva[/quotedx]
Tornando alla disamina dei contenuti della Rise of the Tomb Raider – 20 Year Celebration, e sempre in relazione all’ambientazione del maniero Croft, un ulteriore elemento innovativo è rappresentato dalla modalità “L’incubo di Lara”: la villa sarà assediata da creature dal design “zombesco” (più o meno armate), e dovremo sia difenderci dall’orda, sia scongiurare la minaccia abbattendo dei demoni dalle sembianze di enormi teschi. È assolutamente palese che questa proposta sia una pura digressione mirata a un divertimento “a cervello spento”, ma la sua esistenza lascia comunque un po’ interdetti poiché appare fuori luogo: avremmo preferito, a maggior ragione considerata l’ottica della celebrazione del ventennale, confrontarci con un gigantesco tirannosauro come avveniva in alcune sequenze dei primi episodi per l’originale PlayStation. Di ben altra caratura in termini di riuscita è la funzionalità a due giocatori riservata alla modalità “Stoicismo”; nei panni di Lara e Nadia, due giocatori saranno catapultati in una enorme mappa, esposti alle intemperie e al pericolo rappresentato da trappole e dagli attacchi di animali e nemici umani. Non sarà possibile aiutarsi nell’orientamento con delle mappe, pertanto sarà indispensabile comunicare col nostro compagno, e sarà necessario tenere sotto controllo gli indicatori relativi alla fame e al freddo, che ci costringeranno a raccogliere bacche o a cacciare per procurarci del cibo e a cercare o ad accendere dei fuochi per riscaldarci. Lo scopo della missione è quello di recuperare tesori perduti, che ci conferiranno dei crediti spendibili nell’acquisizione di speciali carte che fungono da modificatori per le stesse missioni survival o da valuta per lo sblocco di altri extra. A proposito di extra, particolare attenzione è stata posta sulla possibilità di accedere all’uso di costumi aggiuntivi per Lara, tra i quali spicca una skin dell’originale protagonista “a 32-bit” direttamente dal primo Tomb Raider.
Meagan Marie, community manager di Crystal Dynamics, ci ha assicurato che Rise of the Tomb Raider, specialmente nella sua versione 20 Year Celebration, è un prodotto assolutamente accessibile anche da chi non ha mai controllato la celebre Lara Croft nei numerosi titoli della serie. Chiedendole un parere riguardo alla forte contaminazione con stilemi espressivi più vicini al cinema che non al media videogioco che hanno interessato il nuovo corso di Tomb Raider a partire dal reboot, e se questo possa in qualche modo danneggiare l’esperienza impoverendo il gameplay a favore della spettacolarità scenica di eventi più scriptati, ci ha risposto sottolineando come questo genere di contaminazioni sia sì un fiore all’occhiello delle grandi produzioni “blockbuster”, ma che in Crystal Dynamics sono ben attenti a rispettare il cuore del prodotto originale: per questo, l’elemento portante resterà sempre la giocabilità e il desiderio di creare mondi sempre più ricchi ed esplorabili; per quanto l’accessibilità al loro nuovo Tomb Raider per giocatori meno smaliziati sia importante, hanno fatto in modo che quelli più “rodati” possano, qualora lo volessero, alzare il livello di sfida disattivando gli indizi e attivando la possibilità di salvare i progressi solo nei campi base. Rise of the Tomb Raider – 20 Year Celebration sarà disponibile il prossimo 11 ottobre su PlayStation 4. I contenuti proposti per la prima volta in questa versione saranno accessibili anche su Xbox One e PC a patto di possedere il Season Pass.