È stato un lungo viaggio. Un percorso emozionante quello che mi ha portato qui, davanti a questo schermo, ai vostri schermi, per dare un giudizio… un voto. Un numero. Un viaggio che mi ha fatto ripensare e rivivere tutta questa avventura chiamata soulslike. Da Demon’s Souls e l’inaspettato divorzio con Sony, al debutto in occidente in differita, passando per i capitoli Dark che hanno fatto esplodere la saga sul mercato, fino a quell’ultima espressione artistica di Miyazaki chiamata Bloodborne. Dal trailer che elettrizzò ogni pelo del nostro corpo durante la conference di Microsoft in quel di Los Angeles, alle prime prove con mano durante l’affollata gamescom di Colonia, fino allo splendido press tour in Amburgo, dove abbiamo sudato sangue in una chiesa gotica per ore, tra amici e colleghi, in attesa di questo giorno. Dark Souls III è arrivato. E con esso, la fine di un ciclo fondamentale per la saga di From Software Bandai Namco Entertainment.
[quotedx]Hidetaka è come un bambino che si diverte ad entrare nella mente dei giocatori[/quotedx]
Ben sette anni fa, un videogioco si fece strada nel mio cuore, affiancandosi a pietre miliari della mia gioventù. Alle storie interattive che mi hanno fatto diventare l’uomo che sono oggi, ai lavori di geni e creativi, alle opere che hanno incisivo a picconate nella mia mente il lavoro che svolgo ogni giorno da anni. Quel videogioco, si chiamava Demon’s Souls. Un titolo sul quale pochi ebbero il fegato di scommettere, a parte un manipolo di eroi capitanati da uno degli ultimi arrivati nei piccoli uffici in Tokyo di From Software: Hidetaka Miyazaki. Ebbene, dopo la pesante assenza di Dark Souls 2 e le iperboliche nuove esperienze di Bloodborne, Miyazaki è tornato all’opera per chiudere il cerchio da lui stesso tracciato. Una volta di fronte al menù di gioco, notiamo subito che la versione da noi testata è la 1.1: ovvero quella che vi ritroverete al day one nei negozi e nelle vostre case. Rispetto alla versione 1.0 che abbiamo sviscerato ad Amburgo, il livello di difficoltà è stato quindi ricalibrato, sebbene sia risaputo che tra una patch e l’altra, nei soulslike il livello di sfida finisce sempre con il subire più di una variazione. Le classi del nostro personaggio non differiscono quasi in nulla rispetto al predecessore, cosa che ci ha permesso di provare più di una build prima di arrivare all’emozionante End Game del gioco.
La nostra prova è stata effettuata sulla versione PC grazie a due postazioni ASUS top di gamma, un desktop ROG G20 con monitor Swift PG da 27 pollici e 4K di risoluzione e un portatile ROG 752, consentendoci di giocare a dettagli massimi e mantenendo 30 frames stabili su 4K di risoluzione nel primo caso , e ben 60 frames al secondo inchiodati in Full HD nel secondo, tranne in alcune particolari aree dove il coding finisce per soffrire di un curioso fenomeno di frame-drop. Abbiamo avuto modo inoltre di provare anche la versione PlayStation 4, che si colloca più o meno a metà tra i setting medio ed alti del PC, con 30 frames di aggiornamento su schermo. Al di fuori dalle vostre esigenze tecniche, è doverose segnalarvi che su PC i 60fps stabili si tradurranno spesso un livello di sfida più basso: perché senza andarcele a raccontare, nel suo oscuro passato anche i cali di frame-rate rincaravano (e non poco) il tasso di difficoltà della saga dei soulslike.
Il Dark Souls più breve, più facile, più bello di sempre.
Tecnicamente, Dark Souls 3 si presenta come il più grande lavoro artistico della storia di From Software. La qualità dei tessuti e dei loro sinuosi movimenti, la rifrazione della luce sulle superfici liquide e solide, gli effetti particellari che abbonderanno su schermo in ogni dove, le grottesche animazioni di un catalogo di mostri ultradettagliati: il comparto grafico del titolo rappresenta la punta di diamante dell’intera saga finora. Non da meno, inoltre, una colonna sonora che renderà semplicemente perfetti la maggior parte degli scontri, come la salsa barbeque sulle costolette giuste, da vivere con un paio di cuffie adeguate.
Superate le disquisizioni tecniche, entriamo nel vivo dell’esperienza immaginifica offerta da Dark Souls 3. L’impatto con questo terzo capitolo è devastante per i neofiti e un orgasmo a gravità zero per gli appassionati. Il citazionismo e il fan-service abbondano fin dalle prime ore e non vi molleranno fino ai credits finali. E si, Dark Souls, Demon’s Souls e Bloodborne finiranno con il fondersi assieme, facendo sesso virtuale con una sincronizzazione fuori dagli schemi. Non temete, nessun poco cucito e abominevole mostro di Frankstein vi aspetterà all’interno della confezione o del vostro codice digitale. Vecchi trucchi, conoscenze, pratiche e usanze di tutti i capitoli s’incontrano ed è una grande, festosa, mai noiosa abbuffata. Abbiamo riprovato l’ebrezza del piromante nel nome di Dark Souls, del mago sotto il segno di Demon’s Souls, per costruire infine la nostra build di cavaliere “poco tank” nel rispetto di Bloodborne. E ve lo diciamo subito: abbiamo completato il titolo in meno di 70 ore perdendoci anche nell’esplorazione. E sì ditelo: Dark Souls 2 era tanto più lungo. Ma non è finita.
[quotesx]Boss dopo Boss, saremo costretti a cambiare strategia, approccio, schema di attacco e di difesa fino alla fine.[/quotesx]
Abbiamo buttato giù su con un sadico sorriso l’ultimo demone senza mai evocare aiuto, totalmente off-line. Non solo. Per quasi 2/3 del gioco siamo riusciti a fare piazza pulita di tutti i boss in massimo 2-3 tentativi. Almeno, con la build giusta, sapientemente costruita dopo le prime esperienze sul campo. Come in ogni capitolo, anche qui ci sarà un’arma che faciliterà il compito in modo determinante, se craftata nel modo giusto, durante la prima metà del gioco. La spada di Astora prende il posto delle blasonate spade del drago del passato, e faticherete molto meno a trovarla al confronto. E il crafting system, ancora una volta, sarà piuttosto semplice e circoscritto: potrete rafforzare, infondere con una serie di gemme ognuna dall’effetto specifico, fino potenziare con le anime dei demoni le vostre armi. Come al solito, le tecniche più avanzate di crafting richiederanno degli oggetti speciali da consegnare al vostro fabbro prima e con un secondo carbone dopo. Dicevamo che Dark Souls 3 è più facile, insomma. Dicevamo che i boss non vi faranno imprecare come in passato. Dicevamo. Miyazaki. Ebbene, è Miyazaki. La pietra focale della ricerca ai signori dei tizzoni, è sempre Miyazaki. Quando pensiate sia finita, ripensateci bene… perché Hidetaka è come un bambino che si diverte con noi, a prevedere quello che farete, ad entrare nella mente dei suoi giocatori.
Ed ecco… ecco il mondo esteso verticalmente come mai prima d’ora in questa saga, assume un senso tutto suo. Ecco che anche se sarete guidati per mano per tutti i vostri primi passi, senza biforcazioni, con un Hub centrale che piuttosto che Altare del Vincolo si poteva chiamare tranquillamente Nexus, con i classici mercanti che appariranno dopo essere stati ritrovati in giro per il mondo, anziane in attesa di ceneri per doni speciali, NPG sempre pronti a stringere bizzarri patti, ecco che… tutto cambia. Tutto si apre, tutto diventa insidioso, i boss esplodono in pirotecnici spettacoli di effetti particellari e d’illuminazione in tempo reale, in mille granelli di perfezione. Come quando l’alchimista, dopo tante prove, trova la formula giusta. Finalmente aperta a un pubblico più vasto. Migliore. Perfetta. Ecco che la curva d’apprendimento non è più altalenante, ecco che finalmente è alla fine che si fa dura, ecco che tutto non si ripete. Boss dopo Boss, saremo costretti a cambiare strategia, approccio, schema di attacco e di difesa fino alla fine. Ecco che tutto diventa più accessibile, con inventari raggiungibili da ogni falò, dove saranno riparati tutti i set di armi e armature in automatico. Ecco che cambiare un singolo scudo porta reali differenze, con una serie di questi capaci di attivare abilità speciali delle nostre armi che vanno da colpi d’affondo ad acrobatiche trottole di lame che danno il meglio di sé con le affascinanti fruste. Un singolo scacco matto nel gameplay che porta una ventata di aria fresca, nella sua struttura e negli esperimenti possibili con le nostre build.
Miyazaki è tornato all’opera per chiudere il cerchio da lui stesso tracciato.
[quotedx]Piuttosto che a morire, preparatevi quindi a vivere.[/quotedx]
Invasioni, avvelenamenti, sadici status da ustioni, backstab, qualche nemico che gira su stesso come se inchiodato su di una piattaforma, sanguisughe, ratti, giganti ed enormi nemici non mancheranno: ma c’è tanto altro qui. C’è umorismo, con scenette stealth che potremmo mettere in piedi nel nome di Kojima. Ci sono portoni colossali che quando apriremo, con il loro cigolare saranno come un’enorme metafora della porta che Miyazaki richiude con Dark Souls 3 e il portone che aspetta la saga all’orizzonte. Perché questo capitolo, è tanto più semplice fino agli ultimi, scatenati nemici e demoni che vi metteranno alla prova come poche volte in passato. Perché Dark Souls 3 è un viaggio di un’artista con i suoi seguaci, la maturità di una stile, un’intesa intima fino all’ultimo istante. È un saluto, non un addio. Uno splendido saluto, dove passerete minuti interi a osservare il ciclo del giorno e la luce che filtra su panorami capaci di rapirvi come dipinti a mano dai vostri ricordi. Dove la scelta di essere semplici, è data dalla sicurezza dell’esperienza. Un saluto talmente bello che vorrete riviverlo più volte, provando nuovi percorsi, nuovi stili, con nuovi amici e nuovi emozioni. Un viaggio che rimarrà nel cuore di tutti i videogiocatori che metteranno un piede dopo l’altro in fila, tra demoni e fantasmi. Un gioco, che vi cambierà e di cui non riuscirete a fare a meno. Sedendovi falò dopo falò, mentre fuori dalla finestra la notte muore e il sole sorge.
Piuttosto che a morire, preparatevi quindi a vivere. A respirare la notte davanti allo schermo, come succede sempre più raramente. Perché il maestro ha raggiunto la perfezione, ed è un momento che potrebbe accadere anche una sola volta nella vita. Ed è tempo di raccoglierlo dalle ceneri, divoratori di anime.