Sento tutto il peso di David Bowman prima del confronto con HAL 9000, nel togliermi il casco davanti alla flebile luce del mio PC, nel respirare l’aria che conosco da quando sono nata, nel vedere oggetti e forme familiari che non avrò bisogno di scansionare per conoscere, nel sedermi quasi dolorante, per trarre le somme di questo viaggio senza tempo e luogo che porta il nome di No Man’s Sky. Sono quasi tre giorni che vivo all’interno di un algoritmo, senza quasi mangiare, bere, andare al bagno e dormire. Un algoritmo di visioni procedurali e di texture sonore, che rimbombano nella mia mente come un riff elettronico dei Massive Attack. Un algoritmo che ti attacca la mente, che ha distorto la mia cognizione del tempo, facendomi scendere sul pianeta di Interstellar, abbandonando le mie vesti sull’Endurance. L’idea di Sean Murray, è forse il classico passo troppo lungo per la gamba: un universo procedurale, capace di generare dieci trilioni di combinazioni di pianeti, ognuno dotato di proprie caratteristiche ambientali, flora e fauna. A noi l’impossibile compito di visitarlo: come Murray ha più volte sottolineato, non ci sarà spazio (ehm) per i cacciatori di trofei in tal senso. Senza perderci in inutili calcoli, se anche spendessimo pochi secondi per atterrare e ripartire oltre l’atmosfera dei pianeti, non basterebbe la nostra intera vita per scoprirli tutti. E la percentuale di quelli che potremo realmente visitare è prossima allo zero. C’è un che di hipster in tutto ciò, e Sony l’ha capito fin dal principio: la sua capacità nel campo del marketing, unita al talento senza confini della matita di David Gibson, sta permettendo alla folle idea di Hello Games di riuscire nel più folle intento per la sua stessa natura: quello di vendere.
SPAZIO, ULTIMA FRONTIERA DEL VIDEOGIOCO
Ma torniamo a noi. Anzi, al mio casco. Lo guardo… e sul suo visore sono ancora impresse, a freddo, galassie e infinite vallate radioattive. L’inizio di questo viaggio è stato brusco come uno scossone di un autobus a folle velocità, lanciato tra gli alberi maestosi di una foresta pluviale. Tutti voi astronauti, comincerete l’avventura come me, nello stesso, identico modo. Bel controsenso per un’esperienza intima, casuale, e non condivisibile, non trovate? Abbandonati su di un pianeta potenzialmente ostile, davanti alla vostra astronave in avaria (e color rosso fuoco, per tutti), con una pistola con la quale estrarre materie prime. Potrete trovarvi su di una terra radioattiva a combattere con le risorse vitali della vostra tuta dal primo minuto di gioco, oppure circondati da curiosi razze rettili dallo sguardo torvo e l’indole aggressiva. Potrete aprire gli occhi sulla cima di una lastra mineraria scivolosa, avvolti da tempeste acide. Quello che sia il vostro unico e personale mondo sfornato dall’algoritmo procedurale di No Man’s Sky, entrerete subito in contatto con due elementi chiavi del suo gameplay: gli aspetti survival di questa esperienza ai confini della galassia, e la sua anima devota al crafting. Dovrete raccogliere elementi minerali per riparare strumenti, per crearne altri e per mantenere stabile il supporto vitale della vostra tuta spaziale. Irriverenti note dalla band 65daysofstatic e di Paul Weir, intanto, creeranno sul momento la vostra personale colonna sonora… proceduralmente. Tutto è personale e casuale in No Man’s Sky, e il buio avvolgerà il vostro schermo durante esplosioni di veri e propri orgasmi visivi, dalle sfumature di colori e dalle forme senza confini. Potreste addirittura morire, durante questa prima manciata di minuti nello spazio profondo. Ma scoprirete poi che lascerete una “tomba”, da cui affrettarvi a recuperare il vostro inventario: la cosa strapperà un sorriso compiaciuto a tutti i devoti dei soulslike, ne sono certo. Non fatevi ingannare adesso: la curva di apprendimento di No Man’s Sky è puntata verso il basso, come la curvatura di rientro di un satellite nella stratosfera. Sebbene inizialmente dispersivo, anche il sistema di crafting si rivelerà poi intuitivo: una volta che a vista d’occhio saprete già che minerali troverete in quelle piante sulla collina, cosa vi potrebbe aspettare in termini di risorse nelle caverne più umide e oscure, e di cosa avere sempre una scorta abbondante per i vostri viaggi intestellari, la componente survival si appassirà come rose rosa raccolte da quattro giorni.
E come petali essiccati, ogni tanto svolazzerà imperterrita sulla mappa astrale del gameplay di No Man’s Sky, ma con una lenta e cacofonica dissolvenza. Altri pezzi di gameplay faranno il proprio ingresso ben presto. Anche se forse sono già passate due ore che siamo qui a calpestare il suolo del pianeta “C’è qualcuno?” nella galassia “Se ci sei batti un colpo”. Oppure erano tre? L’orologio flebile, nella stanza, dice che siano quattro. Si sbaglierà di sicuro. Attenzione, o voi che leggete: questi sono fatti veri e non di fantasia. Al contrario dei titoli di testa dei film. Una domanda, dovreste porvi prima di altre, davanti a uno scaffale con più copie di No Man’s Sky: avete mai sognato da bambini di essere astronauti? Io e Sean Murray, qui, abbiamo condiviso lo stesso sogno. Ma voi? Perché la risposta a questa domanda sarà cruciale, nel sorvolare o meno sulle numerose mancanze e imperfezioni del titolo Hello Games. Come un’altra, di domanda. Forse ancora più determinante. Siete dei “viaggiatori del videogioco”, voi? Sulle lande di radiottive di Fallout e le montagne innevate di Skyrim, avete forse percorso chilometri su chilometri a piedi, in perfetta solitudine, per viaggiare lontano dalla vostra stanza, godendo la solitudine dello schermo, l’assenza d’invadenti giocatori di altre stanze e città, e il silenzio di quelle terre? Avete abbandonato forse le vostre motociclette sulle strade, per correre ad ammirare albe e tramonti dai tempi di Grand Theft Auto III? Avete cercato la stessa emozione che vi procuravano le immagini fuori dal finestrino di un treno in corsa, all’interno di spazi digitali, in questi anni sulla terra? Perché non c’è esperienza più solitaria di No Man’s Sky lì fuori. Parliamo di un universo casuale il cui seme procedurale, il cui centro, sono delle coordinate che corrispondono infine al numero di cellulare di un dipendente di Hello Games. Se queste domande suonano più aliene del linguaggio delle razze che incontrerete, forse potreste anche smettere di leggere qui. Perché il viaggio è lungo, e per trovare il carburante dovrete avere le giuste motivazioni. Ma se siete invece degli astronauti, viaggiatori, romantici innamorati della musica e dei paesaggi forti, freddi e colorati? Allora perderete la bussola, mie cari; allora chiuderete un occhio anche sulle frustanti meccaniche moba del sistema di combattimento, e allora viaggerete anche in un mondo dove non c’è una storia ma soltanto una parvenza di mistero, che attraverso un algoritmo, vorrebbe illudervi che ce ne sia una. E pure soltanto vostra. Ma la verità è che chiamare storia degli ottimi testi, mischiati da procedure matematiche, è un insulto alla scrittura. Perché ottimi testi? Perché il team era evidentemente innamorato di libri game come molti noi trentenni qui davanti (e dietro) a questo schermo. I testi, avvolgenti e intimi, vi riporteranno lì. Sinceramente, vi porteranno di più sulla filigrana ingiallita del Lupo Solitario, che sulle parole senza costellazione di “Neanche gli Dei”. Prendere delle scelte oscure e misteriose, soprattutto quando non avremo ancora imparato sufficienti parole aliene dai monoliti sparsi per la galassia, sarà comunque divertente… sebbene lo sarebbe stato di più se ci avessero chiesto di lanciare un dado.
E qui incominciamo a farci domande, tra un salto a velocità luce e l’altro: è davvero divertente tutto questo? E poi: quanti problemi potrà creare questo ambizioso algoritmo con il prolungarsi dell’esperienza? Dieci trilioni, urla Murray nelle cuffie del mio casco. Eppure io ho incontrato lo stesso “enigma” alieno, su quattro pianeti diversi, e quindi a loro dire unici, nel giro di un’oretta di gioco. Torniamo al discorso del divertimento, un attimo: ma è divertente No Man’s Sky? Forse dovremmo chiederci: è divertente viaggiare? Camminare? Conoscere? Imparare? Più che divertente, può essere eccitante. Può essere appagante. Può essere… emozionante. Come scoprire che sotto un enorme lago ci sia una nuova specie aliena mai incontrata, dalle dimensioni mai viste. E che forse nessun altro vivrà quel momento, in quel modo, con quella colonna sonora (che poi vi sembrerà sempre perfetta). Se vi riportassi le mie, intime e personali, “storie” di viaggio di questi tre giorni, passerei il tempo a scrivere un gran bel diario di viaggio. Ma voi siete qui per sapere se comprare No Man’s Sky, dico bene? E soprattutto… siete qui per capire cosa sia davvero, No Man’s Sky. Forse è bene dire, per quei pochi che non l’avranno già letto in giro prima di ora, che nonostante “l’esperienza senza confini e limiti” che vuole essere, si: ha un suo fine ultimo. Compromessi, forse, come i noiosi combattimenti di sopra. Si, c’è una fine ma non è una fine, ma c’è. E non esiste nulla di rivoluzionario in tutto questo: gli open world esistono davvero da tante generazioni, siamo seri. Quello che meraviglia è che si potrà raggiungere davvero, come “leakeato” nelle rete, questo “finale” in poco più di 20 ore, procurandosi i giusti elementi per saltare, e saltare, e saltare da un sistema solare all’altro. Perché dovremmo farlo, però, è molto più interessante. E credo vi interessi ben di più. Perché potreste impiegare 20 ore. O 40. Oppure, 400 ore di viaggi e scoperte. Volete una metafora? Eccola: potete attraversare tutto il nostro bellissimo paese, in macchina, in un solo giorno? Beh, potete farlo. Oppure potreste impiegare un anno intero, visitando ogni cittadina, ogni provincia, ogni regione.
Studiando le loro usanze come quelle delle numerose razze di No Man’s Sky. Non pensiate che sia poi così inutile, imparare il loro vocabolario: potreste accettare matrimoni nei dialoghi senza volerlo, e molto peggio. Così come scoprire cosa contengano quelle minacciose ed infinite astronavi stellari, ferme vicino all’orbita di un pianeta inesplorato. Ma anche da questa galassia lontana, lontana… riesco a leggere la domanda che aleggia sui vostri volti. “Se sono quel tipo di giocatore, se viaggiare è l’anima della mia passione anche qui, nei caldi di chip delle mie console e PC, in cosa fallirà mai questo gioco?”. No, non è la chiacchierata assenza del Multiplayer, il problema. Anzi, quella sembra quasi una prova di forza nel non scendere a compromessi contro la sua natura chiaramente, dichiaratamente, e volutamente “non per tutti”. Anche se già si parla di DLC futuri, in tal senso, eh! No, sarò sincero: No Man’s Sky fallisce proprio nel tentativo di essere un gioco. Il titolo Hello Games è in realtà un’esperienza che, almeno parzialmente, tenta di travestirsi da gioco. Che sia la maschera di Minecraft o Dark Souls, poco importa. Si, le battaglie spaziali saranno decisamente migliori di quelle a piedi, ma non vi faranno certo rivivere la deliziosa polvere di stelle di X-Wing o Tie Fighter. Anzi, vi emozionerà di più la scelta morale sul saccheggiare o meno un pianeta bellissimo e appena scoperto, che la furia delle sentinelle (la polizia che controlla lo sfruttamento planetario, in sostanza) che incomberà poi su di voi. Si, anche le sentinelle si evolveranno nei nostri viaggi, come tutto, e a un certo punto saranno quasi delle bestie biomeccaniche. Probabilmente continueranno a farlo perseverando all’infinito dei nostri viaggi, come le specie e i loro vocaboli da imparare, ma… ma non ci sono le giuste meccaniche di fondo (banalmente: controlli), per rendere questi frangenti realmente appaganti. Inoltre, il vero nemico di No Man’s Sky rimane la meccanicità, ai limiti dell’autismo, che intacca i suoi geni da “gioco”. Già. Volete la formula del suo algoritmo? Eccola qui: curvatura spaziale e salto; analizza nuova sistema solare; scendi su nuovo pianeta verso punto d’interesse; esamina punto d’interesse; analizza pianeta e razze aliene da caricare online sul database di Atlas per ottenere crediti (soldi); sorvola alla ricerca di un altro punto di interesse e trova un radiofaro; attiva il radiofaro e vai verso nuovi vocaboli da imparare, e risorse e scoperte da craftare in un secondo momento; torna nello spazio e via verso un altro pianeta; quando hai finito o ti sei scocciato, salta verso nuovo sistema solare.