Quella per i Trials è una passione alquanto peculiare. Più che uno sport potremmo accomunare questa specialità del motociclismo ad un gioco strategico. Dimenticate la velocità, equilibrio e nervi saldi sono gli unici strumenti a disposizione dell’atleta per vincere la sua partita a scacchi con la fisica. Va da sé che nel mondo videoludico un gioco dedicato a questa specialità ha davvero poco a che fare con i classici titoli sportivi. E se dico Trials più che una competizione motociclistica qualsiasi, il videogiocatore penserà ad una, e una sola cosa: RedLynx. Sono ormai quasi venti anni che questo folle gruppetto di (ormai non più) ragazzi finlandesi realizza a cadenza piuttosto regolare un titolo, dall’omonimo nome, dedicato a questa disciplina. Cambia la veste estetica, cambiano alcuni dettagli, cambia la modalità multigiocatore ma la natura dell’opera RedLynx è rimasta immutata in tutti questi anni. Ne è l’ennesima prova Trials Rising, ultimo capitolo in uscita di questa serie.
L’architettura del gioco e dei diversi tracciati è presentata al giocatore come una serie di spettacoli da affrontare in giro per il mondo. Ogni evento è un tracciato, identificato sul planisfero da una locandina, rigorosamente disegnata a mano e su cui è stampato il titolo. Dopo una prima lezione base alla Trials University (che nasconde un lungo e dettagliatissimo tutorial) siamo pronti a inforcare Squid e lanciarci a rotta di collo sui tracciati americani. Bastano poche prove completate per esser messi a conoscenza di uno dei classici di Trials, i contratti. In passato semplici sfide per mettere alla prova il giocatore e spingerlo a ripetere più volte gli stessi tracciati, questa volta i contratti ci vengono affidati dagli sponsor. Questi, pongono delle condizioni al giocatore per spettacolarizzare il semplice completamento del tracciato: andiamo dai contratti più semplici che impongono di battere un determinato record o effettuare un numero preciso di capriole, a quelli più complessi come percorrere una quantità minima di metri su una sola ruota o rimanere per un preciso lasso di tempo con entrambe le ruote staccate dal suolo. Ulteriori varianti alla formula base, tracciato e/o contratto, sono rappresentate dagli stadi, gare ad eliminazione tra 8, 4 e 2 atleti.
Tornano inoltre le immancabili (ma questa volta molto meno folli) prove di abilità, onnipresenti in qualsiasi titolo Trials che si rispetti: dal basket ball umano, al trials senza ferno, queste particolari attività ci porteranno a godere di quella vena totalmente fuori di testa che ha sempre caratterizzato lo spirito del Trials videogioco. La natura trial&error (passatemi la ripetizione) che permea i livelli di difficoltà estrema, croce e delizia di tutti veri fan della saga, è magistralmente stemperata dal tono caricaturale che hanno gli incidenti durante i percorsi. Da un lato le improbabili grida del nostro alter ego digitale e dall’altro le rigide leggi della fisica infrante al fine di spettacolarizzare sia gli schianti che le contorsioni del povero malcapitato, hanno sempre smorzato l’altissimo livello di frustrazione a cui è impossibile sottrarsi, soprattutto alla 40 volta in cui siamo costretti a ripetere un tracciato per poter imparare a memoria ogni centimetro per poter riuscire a portare a termine la sfida.
Se devo trovare un difetto, a mio avviso piuttosto importante in questo nuovo capitolo, è la sua voglia di prendersi sul serio. Il meccanismo sempre descritto, sfruttato a pieno in tutti i capitoli precedenti della serie, qui viene parzialmente a mancare. Non parlo di un totale cambio di rotta ma una consapevole presa di posizione nei confronti dei suoi predecessori. E’ proprio in questa ottica infatti che una delle cose più apprezzate di Trials Fusion, l’introduzione del freestyle con le figure, e stata totalmente esclusa. Badate bene, non relegata a qualche sfida, come sempre è capitato in precedenza con l’introduzione di nuove modalità, ma totalmente esclusa, così come la possibilità di usare il quad. Ma, sebbene condivida questa seconda scelta, devo confessarvi che lasciare la possibilità al giocatore di lanciarsi in qualche sfida di freestyle avrebbe dato ulteriore varietà ad un titolo il cui incedere è paradossalmente lento.
In Trials Rising completare tutti i tracciati e le sfide di un certo livello di difficoltà non è sufficiente a sbloccare il livello successivo. Quando la bravura del giocatore è tale da permettere di completare al primo colpo la maggior parte dei tracciati con ottimi tempi (e quindi con la medaglia d’oro), il punteggio totale non sarà abbastanza per poter proseguire nella difficoltà e saremo costretti a ripetere più volte le stesse gare, per poter sbloccare le aree successive. Una finezza agli occhi di molti, che però diventa rilevante se parliamo di titolo il cui pubblico è prevalentemente composto da giocatori fidelizzati con un livello di conoscenza del gameplay piuttosto elevato fin dalle prime battute. Portando ad esempio la mia run, tradotto in soldoni questo significa che sono stata costretta a ripetere più volte tracciati di livello medio già completati con la medaglia d’oro (la medaglia di platino si sblocca solo successivamente) e con diversi contratti portati a termine prima di vedere aperti quelli di livello difficile. Un vero peccato purtroppo perchè è proprio a partire da lì che le cose si fanno davvero interessanti.
Due parole vanno spese sul design dei tracciati e sullo stile generale dell’opera. Non tutti i percorsi sono particolarmente ispirati e al fianco di qualche eccellenza, sia nel design che nell’aspetto estetico, penso a Spirito della Montagna, a Festa dei boscaioli e Spediscilo! (molto simili ad alcuni dei più bei tracciati di Evolution) c’è anche un po’ di piattezza e ripetizione. Da questo punto di vista non si raggiungono le vette di Trials HD ed Trials Evolution, il miglior capitolo della serie, ma comunque siamo una spanna sopra Fusion che, sebbene godesse di un’omogeneità visiva innegabile, finiva con lo stancare l’occhio abbastanza presto. Infatti, in Rising c’è della grande varietà dal punto di vista estetico. Il contesto narrativo di show itineranti world wide giustifica una diversificazione dei tracciati estrema che va dalla Torre Eiffel ai ciliegi in fiore del Giappone, passando per i polverosi sobborghi americani dell’Arizona. Inoltre, la personalizzazione del personaggio e della moto è impressionante: dagli adesivi (per i vestiti e per la moto), agli indumenti passando per i fanalini e le ruote è possibile personalizzare praticamente tutto. Esigenza dettata, secondo me, anche dalla natura di multiplayer online. Con Trials Rising infatti la serie RedLynx svesta la tuta trasandata del garage game per proseguire il luccicante percorso segnato da Trials Fusion e diventare un titolo competitivo on line che ben si adatta alle esigenze degli e-sport contemporanei; aprendosi ad un nuovo pubblico ma lasciandosi indietro qualche membro della vecchia guardia. In modalità gara, l’equivalente Trilas della storia, veniamo costantemente aggiornati sui record dei giocatori online e oltre a questa abbiamo a disposizione un corposo multiplayer globale (che richiede l’abbonamento plus), un multi privato (non ancora attivo al tempo della prova) e il sempre presente party locale.
Alla fine della fiera Trials Rising è un compitino ben svolto: uno studente brillante ma che si impegna il meno possibile per ottenere un risultato giusto al di sopra della media. Parlo da assidua giocatrice della serie. Avrei probabilmente preferito una dose maggiore di coraggio e follia: non è cosa facile innovare mantenendo lo spirito originale. Fusion non ne era stato capace e con Rising sono praticamente ritornati sui loro passi infiocchettando il pacco con un nutrita dose di competitività in rete. Tutti lo sanno però: la fortuna aiuta gli audaci. E noi fan di vecchia data lo sappiamo, i RedLynx sono molto più audaci di così.