Port Royale 4 Recensione: un Impero sul mare

Nell’Odissea, Calypso era una ninfa bellissima che viveva, da sola, sull’isola di Ogigia. Qui, dopo essere scampato ai mostri Scilla e Cariddi, giunse Ulisse, e la ninfa se ne innamorò, tenendolo con sé per sette, lunghi anni, finché l’eroe non riuscì a ripartire verso Itaca. La figura mitica di Calypso ha avuto un grande successo, ed è tornata spesso nella storia della letteratura e delle arti, trasformata e riletta sempre in modo diverso. Tra queste molte rappresentazioni della ninfa, una delle più recenti e riuscite è sicuramente quella impersonata dalla talentuosissima Naomie Harris, che nel film Pirati dei Caraibi: Ai Confini del Mondo, ha dato vita a una Calypso crepuscolare e un po’ vodoo, una dea marina dagli sconfinati poteri imprigionata in un corpo umano e capace di amare e odiare in modo ugualmente potente, scostante e tempestoso, sullo sfondo di un mare che non è più il cristallino Mediterraneo, ma il profondo e cupo Oceano delle coste caraibiche.

Io non so (anche se in realtà sono piuttosto scettico a riguardo) se Stefan Marcinek e Simon Hellwig avessero presente anche una sola di queste cose quando, nel 2006 a Worms, fondarono la Kalypso Media, con l’intenzione di realizzare e vendere videogiochi. Sta di fatto, però, che non mi è sembrato affatto casuale che la loro società, che si è presto specializzata nei giochi di tipo strategico e gestionale, con titoli come Sins of a Solar Empire, Imperium: Civitas, Railway Empire (qui la nostra recensione della Complete Collection), Patrician e Galactic Civilazation, abbia voluto far suoi i diritti di due franchise che alle acque dei Caraibi si legano a doppio filo: il grande classico Tropico e soprattutto Port Royale.

Iniziata nel 2003 con il primo titolo sviluppato da Ascaron e pubblicato da Halifax in esclusiva per PC Windows, la serie di Port Royale si è da subito imposta come uno strategico a tema storico di altissimo livello. Nel 2009, dopo il fallimento di Ascaron, Kalypso Media ha fondato Gaming Mind Studios per continuare lo sviluppo della saga con un terzo capitolo, uscito nel 2012, e infine con la quarta iterazione, che ho avuto la possibilità di provare e di cui vado a parlarvi oggi.

Port Royale 4: il fardello del comando

Non so se vi è mai capitato di sentire qualcuno dire che, se gli fosse affidato un incarico di governo, sarebbe capace di svolgerlo meglio di chiunque lo ricopra in quel momento. È una vanteria piuttosto comune, magari qualche volta è capitato anche a voi di dirlo. Beh, in questo caso, Port Royale 4 è la punizione per la vostra tracotanza. Come i predecessori il gioco mescola elementi tipici dei gestionali ad altri che vengono invece dai giochi basati sul combattimento a turni. Ambientato in dei Caraibi storicamente (abbastanza) credibili, tra la fine del 1500 e l’inizio del 1600, Port Royale 4 ricostruisce in modo puntuale e preciso un’intera microarea economica, commerciale, politica e sociale in tutte le sue particolarità, e anche nelle sue difficili interazioni. Ci sono quattro fazioni (Spagnoli, Inglesi, Francesi e “quei ricconi degli Olandesi”) che si spartiscono, in modo ineguale, un territorio che si estende dalle coste della Florida e della Louisiana a nord, a quelle del Messico a est, fino ai lidi di Colombia e Venezuela a sud, con le colonie che pullulano sulle isole dei Caraibi come Cuba, Haiti e Jamaica. Ogni singolo insediamento ha le sue particolari produzioni, sia di materie prime che di prodotti lavorati, i rapporti tra le potenze coloniali sono fragilissimi, regolati da alleanze che possono cambiare in maniera repentina, e a completare questo quadro come minimo instabile, ci sono anche i pirati, che scorrazzano lungo le rotte in cerca di preda e di fortuna. Va da sé quindi, che il compito che ci viene assegnato dal gioco, quello di far prosperare e progredire la nostra cittadina, è tutt’altro che semplice.

Al di là di questo complesso quadro politico però, i compiti e le necessità a cui porre attenzione non finiscono mai: bisognerà costruire attività produttive e laboratori artigianali, facendo attenzione alle specificità del territorio e alla loro localizzazione. Campi e industrie avranno però bisogno di lavoratori, per i quali sarà necessario costruire degli alloggi, in grado di ospitare anche la loro famiglia (bisogna sempre tenere presente che in Port Royale 4 solo un quarto degli abitanti della città è effettivamente arruolabile per il lavoro). Bisognerà stare attenti al livello di soddisfazione della popolazione, a dotare la città di taverne e cappelle, a migliorare i propri cantieri navali, a gestire la propria flotta mercantile (che deve essere manutenuta, controllata e possibilmente ampliata con l’acquisto o la costruzione di nuove navi) dotandola anche di qualche imbarcazione da guerra che faccia da scorta. Bisognerà assumere capitani per i convogli, combattere le incursioni dei pirati e mantenere le relazioni con il Viceré, rimanendo nelle sue grazie per poter acquistare licenze commerciali o edilizie e diventare via via più importanti nello scacchiere caraibico. Il tutto tenendo sempre a mente che non si deve (e soprattutto non si può) provare a realizzare un sistema autarchico, ma che si avrà sempre bisogno di tutte le altre colonie. Sono moltissimi compiti da gestire, e nessuno è meno importante dell’altro, anzi, tutti richiedono la stessa dose di attenzione e concentrazione. Forse, dopotutto, quel compito di governo che pensavate di poter ricoprire così bene non era semplice come credevate.

Tra strategia e caos

L’apprendimento di tutta questa pletora di compiti potrebbe risultare particolarmente difficoltosa al neofita che si avvicini per la prima volta a un titolo gestionale di questa portata, e il tutorial proposto non aiuta poi più di tanto, visto che fornisce soltanto le istruzioni di base. Come capita in molti altri gestionali, il modo migliore per apprendere è direttamente sul campo, approcciando senza paura la modalità Campagna e, con tutta probabilità, perdendo ingloriosamente al primo tentativo. Non vi demoralizzate se succede: in Port Royale 4 ci sono sessanta (avete letto bene, sessanta) insediamenti, ognuno con produzioni e necessità di beni diverse, e ventiquattro prodotti commerciabili divisi in quattro categorie. Il tutto soggetto alle fluttuazioni di un mercato che si riplasma di continuo, con prezzi estremamente variabili (anche a causa degli altri mercanti che popolano il mare). Inoltre, giusto per rendere le cose un pochino più complicate, non ci viene offerta una tabella riepilogativa dei vari porti, coi loro bisogni, le loro produzioni e i prezzi d’acquisto e vendita, e siamo così costretti a saltare di cittadina in cittadina, cercando di ricavare, dal marasma di informazioni, qualcosa di sensato. È il caos più completo. In realtà il gioco ci prova a tendervi la mano, dandovi cioè la possibilità di impostare rotte commerciali predeterminate, che le vostre navi seguiranno in automatico, e permettendovi intanto di dirottare la vostra attenzione su altri compiti, ma, ve lo assicuro, non potete fidarvi del tutto. Anche se vi mettete a studiare a tavolino la rotta più remunerativa possibile (e per farlo dovrete anche tener conto della direzione dei venti, del tragitto preciso che seguiranno le navi, per evitare che attraversino tempeste o aree di bonaccia, e persino del loro pescaggio, per non rischiare che si incaglino nella barriera corallina), dopo un po’ potreste scoprire che quella rotta così ben congegnata vi sta facendo perdere dei soldi. Realismo all’ennesima potenza. Tutte queste problematiche potrebbero sembrarvi un incubo, ma in realtà costituiscono l’aspetto più affascinante di questo titolo, e il motivo per cui la serie è arrivata al suo quarto capitolo. Le dinamiche complesse, a volte persino subdole, non faranno altro che attrarvi, spingendovi a giocare ancora, e ancora e ancora, senza accorgervi del tempo che passa. Questo è particolarmente vero per la modalità Gioco Libero, dove i vincoli delle missioni sono meno stringenti, e possiamo dare completo sfogo alla nostra repressa velleità talassocratica di dominio mercantile.

Per quanto riguarda invece l’aspetto più strategico del gioco, il sistema di combattimento a turni in cui sono strutturati gli scontri tra i nostri vascelli e quelli dei nostri rivali (siano essi convogli di altre fazioni, o dei pirati) è veramente intrigante: nelle battaglie gestite in modo manuale le navi possono effettuare solo un certo numero di manovre, possono attaccare due volte (una bordata per lato), e hanno persino tre tipi di attacchi differenti, incluso l’abbordaggio. Queste dinamiche renderanno ogni vostra mossa cruciale, in scontri che si trasformeranno presto in delle vere e proprie partite a scacchi. Certo poi c’è sempre la possibilità di far progredire una battaglia automaticamente, affidandosi alla bravura del proprio capitano, e alle potenzialità della flotta. Le vostre possibilità di vittoria verranno sempre visualizzate in alto, sta a voi scegliere.

Il Mar dei Caraibi in low-definition

Uscendo dalla dimensione di un gameplay impegnativo e, al netto di qualche aspetto rivedibile, assolutamente soddisfacente, bisogna sottolineare che Port Royale 4 ha qualche aspetto tecnico un pelo deludente, a partire dalla grafica. Prima di iniziare a giocare avevo scovato in rete alcune (bellissime) key visuals che, secondo l’articolo che le accompagnava, avrebbero dovuto essere un’anticipazione della grafica in game. Pur non essendo abbastanza ingenuo da crederci del tutto, ho comunque pensato che, a livello visivo, questo titolo mi avrebbe comunque sorpreso. Il video di introduzione (fantastico) e lo sfondo del menu principale, hanno alimentato ancora di più questa mia aspettativa. Così poi quando mi sono ritrovato davanti a mappe dalla grafica vagamente granulosa e a edifici poligonali non troppo dettagliati, devo ammetterlo, mi sono sentito deluso. Ovviamente, la grafica non è esattamente al centro di un gioco gestionale come Port Royale, questo va tenuto presente, e inoltre potrebbe anche darsi che le versioni per console (PlayStation 4 e Xbox One soprattutto) sorprenderanno con una resa più raffinata, ma, anche dopo aver fatto questi ragionamenti, giocando su PC la delusione è rimasta. A pagare maggiormente comunque sono state le scene delle battaglie navali che, per quanto tecnicamente ben realizzate, potrebbero diventare il vero fiore all’occhiello di questo titolo se avessero una grafica migliore.

A far da contraltare alla delusione visiva è intervenuto però un comparto sonoro che ho trovato quasi perfetto. La sigla scorre sulle note di una bellissima versione corale della canzone piratesca Dead Man’s Chest, mentre gli effetti sonori che si sentono in game sono in grado di creare davvero un’atmosfera marinaresca. Unica pecca è la voce del marinaio che ci guida durante il tutorial: inutilmente squillante ed enfatica, diventa ben presto fastidiosa.

Un ultimo appunto, infine, va fatto sui comandi. Diciamo che su PC non sono dei più comodi: la mappa scorre soltanto grazie all’uso di W-A-S-D (o delle freccette) mentre sarebbe stato forse più comodo e intuitivo poter utilizzare il mouse, spostando il puntatore sui bordi. Allo stesso modo si sarebbe potuto rendere disponibile lo zoom sulla rotella di scorrimento invece di limitarlo ai tasti R e F, anche e soprattutto perché è un’azione che bisogna fare davvero di frequente. Ma l’aspetto davvero più scomodo è l’interfaccia che si deve usare per spostare i beni dalla città alle navi o viceversa: già soltanto il fatto che per tenerla aperta bisogna mantenere premuto il pulsante sinistro del mouse basterebbe a renderla disagevole, in più non si possono utilizzare le freccette per determinare la quantità di materiali da caricare (o scaricare), ma soltanto lievi movimenti laterali del mouse stesso. È controintuitivo, poco efficiente e seccante, sicuramente un aspetto da rivedere.

Per concludere, Kalypso Media ha realizzato un piccolo gioiello di gestione e simulazione, continuando a dare lustro a una saga che ormai non ha più bisogno di presentazioni. Port Royale 4 è una ricostruzione complessa, particolareggiata e precisa di un tipo di mondo, quello della prima colonizzazione europea nei Caraibi, tra galeoni e attacchi pirata, ben radicato nell’immaginario collettivo. Le sfide proposte dal gioco, ben lungi dallo stancare, sanno stuzzicare, spingendo alla riflessione, al calcolo, alla ricerca di soluzioni creative e innovative. L’intreccio complesso delle alleanze e dei rapporti commerciali, le necessità diplomatiche, la volatilità del mercato, la volubilità della popolazione non sono che elementi che aggiungono pepe a una simulazione davvero ben riuscita e che rendono la nascita del nostro impero commerciale più “realistica”. Qualche problemino, meramente tecnico, rimane, ma bisogna ammettere che per gli appassionati del genere questa è davvero una perla.