Paranormal Recensione – Un’opportunità sprecata

Paranormal

L’horror. Che bel genere non trovate? È simpatico per certi versi, è adatto ad ogni situazione e soprattutto è un buon compagno di abbuffate a suon di popcorn e bibita. Che voi siate dei fifoni o degli amanti del brivido è ormai presente un elenco così variegato e lungo di film e serie tv horror che non basterebbe una vita, intesa come tempo libero, per vederseli tutti. Ma allora come possiamo fare? Per evolvere il gusto per il tetro, il macabro e l’orrorifico, la cosa migliore è partire dai grandi classici e studiarne l’evoluzione tramite anche i vari concetti di società, le censure e i tabù che sono venuti sempre meno. In questo modo si può conoscere a 360 gradi una struttura per delineare e riconoscere immediatamente quali titoli sfruttino al meglio i tropes dell’horror e quali no.

Ci sono state così tante uscite e persino ibridi che tentavano di fondere insieme più generi o di risultare almeno innovativi, ovviamente nelle restrizioni di un’originalità sempre più ricercata e meno facile da far spiccare. Qui, con l’avvento delle nuove tecnologie e di servizi interessanti come Netflix o Amazon Prime Video, abbiamo avuto la possibilità e la fortuna di ritrovare alcune perle anche con una risoluzione piuttosto buona e di scoprirne altre davvero entusiasmanti. Un recente caso, che a detta nostra, ha saputo giocare davvero bene con gli stereotipi e con una storia ben intrecciata è stato lo show di The Haunting. Per citarne un altro, stavolta sul grande schermo, la saga di The Conjuring ha tentato di riportare il genere agli albori, vestendolo di uno stile vintage e giocando parecchio sul fattore che tutti ormai sfruttano, anche malamente. Stiamo parlando del cosiddetto: “tratto da una storia vera”. Prendendo forza da nomi conosciuti e realmente esistiti persino il sovrannaturale può risultare più realistico e quindi, per forza di cose, più pauroso. Perché se una cosa è legata alla nostra quotidianità e alla possibilità che questa possa avvenire davvero, il terrore si amplifica traendo forza dalla nostra mente.

Questa lunga introduzione era forse doverosa per improntare al meglio una recensione che di per sé potrebbe risultare fin troppo negativa o critica. Ci teniamo a sottolineare che il voto finale per questa serie tv di cui vi parleremo oggi è stato duro da assegnare. Questo perché, da bravi amanti dell’horror e di tutti i suoi sottogeneri, avevamo alcune speranze e varie paure che, come accade sempre più spesso, si rivelano fondate. È più semplice giocare con jumpscare, tanto sangue, suoni acuti e grida sovrumane per spaventare i propri spettatori, piuttosto che approcciarsi con un altro tipo di criterio. Un criterio che necessita una trama scritta in modo sublime, un comparto sonoro ben legato a quello visivo e delle doti attoriali che non sempre è facile trovare. Quindi, senza dilungarci oltre, vi vorremmo tenere compagnia in questa nostra recensione parlandovi oggi di Paranormal, una serie tv di soli 6 episodi che esce su Netflix oggi 5 novembre. Buona lettura!

Paranormal

Qual è la storia?

Prima di iniziare a spiegare il nostro punto di vista, abbastanza negativo, riguardo allo show vorremmo prima introdurvi alla storia. Per prima cosa Paranormal è una serie tv egiziana di genere horror tratta dai romanzi del Dr. Ahmed Khaled Tawfik. Dopo aver visionato tutti gli episodi di questa prima stagione la prima cosa che ci ha colpito è come ogni puntata sia legata da un filo conduttore, ovvero il Dottor Refaat, un uomo molto sfortunato e che non crede ai fantasmi. Sebbene questa parentesi iniziale possa sembravi fin troppo stereotipata o scontata, aspettate di conoscere le trame che si intrecciano lungo il suo cammino.

Per chi sta ancora facendo fatica a capire la storia, è possibile che Paranormal possa ricordare ad alcuni un più italiano Dylan Dog o Martin Mystère. Questo perché, oltre alla suddivisione delle varie sottotrame per episodio, ognuna di queste ha sempre un determinato significato per il nostro protagonista. Lui, un uomo di scienza, fin da subito afferma di non credere a demoni, mostri o fantasmi e persino dopo averli visti dal vivo continua a non reputarli tali. Ma perché? Semplicemente per farlo restare scettico fino alla fine. Un tipo di scetticismo abbastanza mutevole che cambia in base ai vantaggi che Refaat può trarre dalla situazione. Ci saranno, quindi, episodi dove lui crede alle maledizioni e cerca oggetti mistici per il proprio tornaconto e altri successivi dove ripudia qualsiasi tipo di possibilità riguardo al paranormale. Un tipo di sviluppo del personaggio dunque inesistente che, come se fosse intrappolato in un loop, torna sui propri passi solo in determinati momenti, quando meglio gli aggrada.

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Paranormal: il problema dei personaggi

Refaat non è l’unico personaggio ad essere mostrato su schermo, ma gli altri risultano di poco conto dato che non hanno che qualche battuta per episodio per farsi conoscere. Non cambiano e restano tali fino alla conclusione. Non ci sono sviluppi nei loro archi narrativi eppure di minutaggio generoso ce n’è, anche troppo. Ad esempio, abbiamo Maggie, una vecchia fiamma di Refaat che è tornata al Cairo per rivederlo e Howaida, sua cugina e promessa sposa. Entrambe queste donne, nonostante abbiano tempo per servire ai fini della trama, anche grazie al loro ingegno, non vengono quasi minimamente calcolate e spetta solo al Dottor Refaat risolvere i misteri paranormali. In ogni puntata ci sarà una nuova storia da conoscere e una nuova maledizione da cui salvarsi ma, dopo i primi 50 minuti si capisce che queste trame sono solamente abbozzate e mancano di un qualche filo logico per essere risolte.

Paranormal

Il comparto artistico

Legati dunque ad una narrazione che fa troppo spesso acqua da tutte le parti, con evidenti dimenticanze su schermo, anche il comparto artistico e sonoro risentono del mood di Paranormal. Nonostante questo però, entrambi gli espetti che maggiormente abbiamo apprezzato sono appunto la fotografia e il mix musicale. Da una parte abbiamo delle pecche durante le scene più movimentate, con una camera che non riesce a decidere come muoversi senza farci venire il mal di mare. Dall’altra sono presenti dei suoni spaventosi che, sfortunatamente, sono abbastanza comuni nel genere horror e perdono di spessore, soprattutto se usati con poco criterio. Tralasciando i vari difetti della sezione artistica, sia le musiche, quelle più toccanti, che alcune inquadrature sono state di nostro gradimento.

Lo stesso però non si può dire della recitazione, già penalizzata da dialoghi sconnessi proprio come le scelte dei nostri protagonisti che arrivano a risolvere i casi negli ultimi 5 minuti dell’episodio, senza alcun pensiero di fondo. Un plauso, invece, va fatto ai nostri doppiatori italiani, che riescono a rendere buone alcune scene che altrimenti sarebbero rimaste del dimenticatoio. Sfortunatamente però, questo aspetto non può risolvere i problemi che Paranormal ha come show.

In conclusione, Paranormal non riesce a creare un contenuto innovativo che spaventa per i giusti propositi. Il problema principale è dovuto da una narrazione che non funziona, così come i dialoghi e di una controparte artistica che tenta in tutti i modi di fare la differenza. Apprezzabile per fotografia, in pochi ma buoni punti, e comparto sonoro, per la maggior parte del tempo, Paranormal tenta di farci conoscere una cultura egiziana romanzata che, per certi versi, somiglia troppo a quella europea o americana. I tropes e i cliché dell’horror sono chiari e preponderanti, oltre i limiti sopportabili. Ulteriore problematica è presente nella recitazione, soprattutto delle scene più concitate, dove scende rovinosamente di livello svantaggiata, per giunta, da elementi in CGI agghiaccianti, per altri motivi. Ultimo, ma non di importanza, un doppiaggio italiano che prova a cavarsela nonostante la stesura dei dialoghi e che tenta di farci immergere maggiormente in una storia raccontata a singhiozzi.

Nata con in casa una PS1 ed una stanza con pareti ricche di personaggi disegnati dal padre, si innamora ben presto dei videogiochi e dei manga. Dal primo titolo giocato, Paperino: Operazione Papero, fino ad arrivare a Death Stranding, vive ogni avventura come se fosse la propria, amando e studiando ogni personaggio che le si pari davanti. Le due opere che le sono più rimaste più nel cuore sono: Bioshock Infinite e The Last of Us. Appassionata di grafica, fumetti e storytelling, nel tempo libero scrive, disegna, gioca e soprattutto immagina. Incurabile sognatrice dal 1999.